1936-2025

La teologia delle PERIFERIE di Papa Francesco: svelare la spiritualità latente della città, primo gesto per collegare e rigenerare

22 Apr 2025 di Dario Costi

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La teologia delle PERIFERIE di Papa Francesco: svelare la spiritualità latente della città, primo gesto per collegare e rigenerare

a famosa foto di @Pablo Leguizamon, Ap che ritrae Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, nella metropolitana della capitale argentina

La famosa foto di @Pablo Leguizamon, Ap, che ritrae Bergoglio, ancora arcivescovo di Buenos Aires, nella metropolitana della capitale argentina

In questi giorni di commiato le immagini che ricordano Papa Francesco sono principalmente di due tipi: quelle da solo, tragiche e solenni, nella piazza del Covid o quelle insieme alla gente, festose o indaffarate, in molte parti del mondo. Tra le tante quella che continua di più a stupire e che ritorna spesso nella rete è quella di un religioso seduto in un convoglio della metropolitana di Buenos Aires. È forse quella più significativa e identitaria. Papa Francesco ha sempre confessato la sua passione per la dimensione urbana in cui è nato e cresciuto: “La città mi incanta, sono cittadino nell’anima…”. Per lui la città è sempre stata quella contemporanea, è sempre stata la periferia, anzi qualcosa di più specifico: la periferia esistenziale, quella più difficile e dura. A partire dal “Documento di Aparacida” di alcuni anni prima il cardinale Bergoglio aveva portato una nuova attenzione sugli insediamenti recenti e sulla vita che li popola.

Da quella particolare esperienza di cittadino della metropoli derivano azioni e attenzioni speciali che hanno dato vita a molte cose. Tra le altre basterà ricordare brevemente due operazioni molto significative (tra loro concettualmente collegate) senza dimenticare il Movimento “Laudato Sì” sul tema della conversione ecologica e della sostenibilità totale: l’impegno globale e la ricerca internazionale di “Fare teologia dalle Periferie Esistenziali” e la riflessione programmatica sulla “Sfide delle culture urbane”, contenuta nell’Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium” del 2014. Già dalle Congregazioni generali che precedettero il Conclave del 2013 Bergoglio aveva individuato la missione della Chiesa che poi, da Papa, ha portato avanti con decisione. In quella sede aveva indicato la direzione “verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche le periferie esistenziali” contro il rischio di autoreferenzialità e di mondanità.

Da allora la “Teologia delle periferie” ha caratterizzato il suo pontificato. “Fare Teologia dalle Periferie Esistenziali” è infatti un progetto di ricerca della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede. Il gruppo di lavoro internazionale si pone l’obiettivo di sviluppare questa premessa e di rinnovare la teologia dal basso: il punto di vista di chi è stato emarginato è considerato portatore di una saggezza capace di riaprire un discorso su Dio soprattutto nei luoghi degradati di tensione e di conflitto. Con la stessa convinzione che gli ultimi possono insegnare con la loro esperienza di vita si articola il passaggio “Sfida delle Culture urbane”, un vero e proprio manifesto per la città contemporanea, uscito all’apertura del Pontificato, che presta un’attenzione prioritaria alle energie che spontaneamente si sprigionano in quelle stesse periferie esistenziali.

La missione della Chiesa in questi contesti diventa allora svelare la spiritualità latente con naturalezza mettendo in valore quello che si trova. Alcune frasi, tra le altre, partono da questo presupposto: “Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo. […] Una cultura inedita palpita e si progetta nella città.” La lettura dell’insediamento nei suoi limiti fisici, ma anche nelle sue potenzialità sociali diviene poi la base per ripensarne assetti e configurazioni: “Le case e i quartieri si costruiscono più per isolare e proteggere che per collegare e integrare.”

La città è protagonista di tutta l’esortazione apostolica in molti passaggi in cui ritorna come sfondo della vita e condizione urbana di attivazione delle relazioni umane: “Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro!” La potenza di questa lettura supera la dimensione confessionale per cui nasce. Da architetto che lavora con le piccole e grandi comunità sono stato molto colpito dalla chiarezza di questa visione e dalla forza radicale che ha di ribaltare il punto di vista convenzionale della pianificazione dall’alto. Ne abbiamo ragionato con molti esperti di tante discipline che si interessano di città con sguardi disciplinari convergenti.

Quello che esce da questo confronto apre una prospettiva positiva. Opportunamente tradotte nei vari ambiti disciplinari, le parole di Papa Francesco sulla città aprono un nuovo approccio al contesto fisico su cui intervenire. Parlano di una logica di co-progettazione con la gente, di condivisione degli obiettivi e di messa in moto di quella sfida collettiva necessaria per riscattare le periferie. Ma dicono anche qualcosa di più: che non ha senso imporre forme o immaginare un nuovo mondo ordinato laddove le regole sembrano assenti. Va piuttosto immaginato un modo diverso per cogliere i segnali di vita, di energia positiva, di voglia di fare comunità. Occorre disporsi con un atteggiamento nuovo per disegnarne gli spazi in maniera più adeguata e coerente al contesto che si trova. Vuol dire nelle nostre periferie collegare attraverso l’insediamento i nuclei resistenti che ancora sono portatori di messaggi positivi come scuole, parrocchie, parchi e impianti sportivi attraverso nuovi percorsi disegnati per le persone. Vuole dire nelle realtà dei nostri contesti europei ordinare lo spazio urbano per ricavare luoghi da abitare, ritagliare ambiti protetti dove ritrovarsi e condividere esperienze.

Senza una competenza disciplinare specifica il pensiero di Papa Francesco tocca quindi nodi cruciali del significato del progetto e del senso complessivo che può orientare la Rigenerazione urbana e la Rinaturazione insediativa. In termini generali il confronto tra religione e città sollecita quindi tutti (politici, tecnici, professionisti, ricercatori) a pensare lo spazio come luogo di rivelazione poetica e spirituale, a recuperare attraverso le progettualità il senso delle relazioni tra le persone come trama sociale su cui riordinare le “periferie esistenziali”. Questo mandato iniziale del Pontificato diviene ora uno dei suoi testamenti spirituali più concreti per chi opera con responsabilità e con compassione nelle città del mondo.

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