AL VIA OGGI A BELÉM

Cop30, avanza la decarbonizzazione ma servono soldi: dall’Italia nessuno sforzo fiscale in più, solo capitale riallocato

10 Nov 2025 di Mauro Giansante

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Inizia la trentesima edizione della conferenza delle parti. L’appuntamento annuale sul clima che riunisce politica, istituzioni, stakeholder di ogni tipo, associazioni e comitati civici si terrà a Belém, in Brasile, da oggi fino al 21 novembre. Anche se già si è tenuta una due giorni (6-7 novembre) di incontri di governo. Adesso, invece ci saranno settimane di colloqui che porteranno a siglare un accordo finale in un documento condiviso. Come sempre, o spesso, accaduto ci si ridurrà all’ultimo per farlo, forse la chiusura slitterà di uno-due giorni. Perché il tema è delicato: a che punto sono le politiche per fermare il riscaldamento globale? Cosa stanno facendo i Paesi sulla transizione, sugli ecosistemi, su agricoltura e sistemi alimentari, sulle comunità? Secondo l’Emission Gas Report dell’Onu, al 2100, al trend attuale e con le politiche attive, si arriverà a 2,8 gradi. Rispettando gli impegni formali presi a 2,3-2,5. Cifre che parlano da sole: stiamo tradendo l’obiettivo fissato a Parigi esattamente dieci anni fa: 1,5 gradi di temperatura da non superare. Anche se rispetto alle previsioni di fine secolo di qualche anno fa i miglioramenti ci sono: 582 GW di capacità rinnovabile installata nel 2024, -31% di emissioni nette già nel 2022 (sul 1990).

Segno che le azioni sul clima, che sono aumentate, incidono. In termini politici-diplomatici ma anche, soprattutto, economici. Perché la transizione verde senza risorse economiche non si può fare. L’obiettivo, ribadito nel documento di roadmap, è rispettate la cifra di 1.300 miliardi di dollari di finanziamenti per il clima al 2035 fissata alla Cop29 di Baku, in Azerbaigian.

L’Ue, proprio la scorsa settimana, ha rinnovato l’impegno di ridurre del 90% le emissioni nel 2040, seppur con un percorso più flessibile. Secondo i numeri dello Stato dell’Unione energetica, pubblicati in questi giorni, il Vecchio Continente ha ridotto del 37,2% le emissioni sul 1990, aumentando il pil del 71%. Crescono anche le rinnovabili (77GW, 47% del mix nel 2024) e diminuisce verso lo zero la dipendenza dalla Russia in termini di import di gas (12% ad agosto) e petrolio (3%). Le sfide, adesso, riguardano, oltre al completamento di questo percorso green, i finanziamenti e l’accessibilità energetica. Secondo Bruxelles, saranno necessari 695 miliardi dal 2031 al 2040 da impegnare su reti, efficienza e innovazione. I compromessi, come dimostrato al Consiglio Ambiente straordinario, sono accettati purché nel solco del percorso e degli obiettivi fissati, da non ridimensionare. “Sono lieto di annunciare che il contributo nazionale dell’Unione Europea presentato alla Cop30 si attesta tra il 66% e il 72% della riduzione delle emissioni rispetto ai livelli del 1990. L’Ue è impegnata nell’azione per il clima. Ma per combattere il cambiamento climatico, c’è ancora molto da fare”, ha detto il presidente del Consiglio Ue, Antonio Costa.

L’Italia, dal canto suo, ha aumentato da 3,02 miliardi di dollari nel 2021 a 3,40 miliardi di dollari nel 2023 i finanziamenti green. Ma, come ha fatto notare il think tank Ecco in un’analisi, siamo fermi al 73% della quota equa stimata di 4,6-4,8 miliardi per le dimensioni della nostra economia. Inoltre, scrive Ecco, “un esame più attento rivela che gran parte di questa crescita non è stata trainata da un maggiore sforzo fiscale, ma da riallocazioni di capitale all’interno delle banche multilaterali di sviluppo, che hanno portato a un aumento dei deflussi di finanziamenti per il clima attribuibili ad azionisti come l’Italia”. Guardando al Fondo italiano per il clima, 2022, la dote sale dai primi 840 milioni l’anno a 4,2 miliardi al 2026. Nel 2023, Meloni ha promesso 300 milioni sul Fondo verde e 100 al Fondo per la risposta alle perdite e ai danni ma queste risorse ancora non si vedono “La crescente ambizione dell’Italia in materia di finanziamenti per il clima e il sostegno ai fondi multilaterali per il clima sono benvenuti, in particolare il suo tempestivo sostegno al Fondo per la Protezione Ambientale (FRLD), che ha posizionato l’Italia tra i maggiori contributori a questo fondo di nuova creazione.  Tuttavia, l’Italia è stata lenta nel confermare i propri impegni e nell’erogare i propri contributi a tutti e tre questi fondi. Solo un terzo delle risorse impegnate per l’ICF è stato finora impegnato, a causa di significativi ritardi nell’approvazione dei progetti e, di conseguenza, negli esborsi. Inoltre, l’Italia è tra gli ultimi Paesi a rispettare i propri impegni nei confronti del Fondo Verde per il Clima e del Fondo per la Risposta alle Perdite e ai Danni”.

Nel 2024, l’Ue e i suoi 27 Stati membri hanno contribuito con 31,7 miliardi di euro da fonti pubbliche e hanno mobilitato altri 11 miliardi di euro in finanziamenti privati ​​per sostenere i paesi in via di sviluppo nella lotta e nell’adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici. Certamente, sulla transizione green la consapevolezza e l’azione in campo degli europei è superiore a quella di Usa, Cina e India. I veri inquinatori mondiali. Nel frattempo le temperature mondiali continuano a salire e mentre in tanti si interrogano sul ruolo delle Cop questa in Brasile non può essere fallita. 

 

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