I RITARDI VERSO LE OLIMPIADI 2026
Milano-Cortina, Legambiente: occasione PERSA. Costi oltre i 5,7 mld
A meno di un anno dall’evento sportivo, dove la sostenibilità resta un obiettivo lontano, continuano le difficoltà legate a opere faraoniche, ritardi e costi alle stelle. Partite con un budget di 1,5 miliardi di euro, ad oggi i costi sono saliti a 5,7 miliardi di euro. Riguardo le opere previste molte rischiano di non essere completate tra queste anche le varianti della Val Boite. Il report dell’associazione ambientalista.
IN SINTESI
Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. A meno di un anno dall’evento sportivo, la sostenibilità resta un obiettivo lontano, mentre continuano le difficoltà legate a opere faraoniche, ritardi e costi alle stelle. E ancora, Giochi Olimpici invernali partiti con un budget di 1,5 miliardi di euro ed arrivati, ad oggi, a toccare costi oltre i 5,7 miliardi di euro. Riguardo le opere previste, inoltre, molte rischiano di non essere completate, tra queste anche le varianti della Val Boite. Mentre resta alta l’incognita neve 2026. E’ questa, in sintesi, la fotografia scattata da Legambiente nel suo nuovo dossier Nevediversa 2025 “Una nuova montagna è possibile?” con il censimento aggiornato degli impianti legati agli sci tra chiusi, semichiusi e quelli che faticano a restare aperti e, appunto, un focus sulle Olimpiadi invernali. Milano-Cortina 2026, insomma, continua a essere un percorso accidentato, tra colpi di scena, ripensamenti e scelte discutibili. “Dal 2019 ad oggi – si legge nelrapporto – le cronache hanno riportato le numerose difficoltà per l’organizzazione dell’evento: ritardi sia nei progetti che nell’avvio dei lavori, costi in aumento ed extra-costi, gare deserte e offerte di impianti proposti oltre confine, soluzioni logistiche di ripiego, optando per strutture più ‘light’, cantieri che ancora non sono aperti e che, con molta probabilità, verranno completati a Olimpiadi concluse. Una situazione che rischia di lasciare un’eredità pesante per i territori coinvolti e per le casse pubbliche”.

La promessa della sostenibilità
Il dossier di candidatura per Milano-Cortina 2026 si fondava su due pilastri fondamentali, sottolinea Legambiente: sostenibilità economica e ambientale. Il Comitato organizzatore aveva garantito che il 92% delle strutture sportive esistesse già o necessitasse solo di interventi minimi di ripristino. L’obiettivo era realizzare i Giochi invernali più sostenibili della storia, con un budget iniziale di 1,5 miliardi di euro. Tuttavia, “la situazione attuale mostra un quadro molto diverso, con costi saliti fino a 5,7 miliardi e un utilizzo di risorse pubbliche che ha superato ampiamente le stime iniziali”, si legge nel report.
L’aumento dei costi e la questione infrastrutturale
I costi per le Olimpiadi sono cresciuti esponenzialmente, con un incremento di molti miliardi di euro rispetto alle previsioni iniziali. La maggior parte delle spese riguarda opere infrastrutturali di trasporto – strade, ferrovie e aeroporti – molte delle quali rischiano di non essere completate in tempo per i Giochi. “Un esempio emblematico è la nuova pista di bob e slittino di Cortina: demolire (e non ristrutturare la vecchia pista, come inizialmente era previsto nel dossier di candidatura) e ricostruire l’impianto ha fatto lievitare il costo da una stima iniziale di 50 milioni a oltre 128 milioni di euro. Resta inoltre l’incognita sulla gestione della struttura dopo i Giochi, alimentando dubbi sulla sua reale utilità”, sottolinea l’associazione ambientalista. Lo stesso Thomas Bach, presidente del Cio, dichiara che quella di Cortina sarà l’ultima pista da bob ad essere costruita nel mondo.
Altri ritardi si registrano nelle opere stradali: la Val Boite, ad esempio, non avrà completate le varianti entro gennaio 2026. Anche il Villaggio Olimpico a Milano solleva perplessità, poiché rischia di diventare un simbolo di gentrificazione: il pericolo è che il quartiere di Porta Romana si trasformi in un’area residenziale inaccessibile alle fasce meno abbienti della popolazione.

Occasione mancata per la sostenibilità
Le promesse di un’Olimpiade a impatto zero “si stanno dissolvendo di fronte a un modello di gestione che ha privilegiato opere faraoniche piuttosto che soluzioni efficienti e sostenibili”, sottolinea Legambiente. Molte opere sono state commissariate, evitando valutazioni ambientali e riducendo la trasparenza nel processo decisionale. Otto associazioni ambientaliste nazionali si sono ritirate dal tavolo di confronto con la Fondazione Milano Cortina 2026, denunciando la mancanza di rispetto per l’ambiente e le comunità locali.
Il fragile ecosistema alpino subirà un impatto significativo, con nuovi impianti sciistici, bacini per l’innevamento artificiale e infrastrutture che rischiano di compromettere in modo irreversibile il paesaggio dolomitico. Tutto ciò in un contesto di cambiamento climatico che rende sempre più insostenibile l’industria dello sci a quote medio-basse. Nella Penisola sono , infatti,265 le strutture legate agli sci non più funzionanti, un dato raddoppiato rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 132. Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30) sono le regioni ad oggi con più strutture dismesse.
Il contesto internazionale
Mentre in Italia si procede con un approccio ipercostruttivo e poco trasparente, in altri Paesi democratici la tendenza è diversa. In Austria un referendum ha bocciato la candidatura di Innsbruck per i Giochi del 2026, mentre in Svizzera i cittadini del Canton Vallese hanno rifiutato di finanziare l’evento con fondi pubblici. “Queste scelte riflettono un crescente malcontento verso i grandi eventi sportivi, considerati eccessivamente onerosi e poco sostenibili”, sottolineano gli ambientalisti.
La controversa pista di Bob
La decisione di costruire una nuova pista di bob a Cortina – invece di utilizzare strutture già esistenti come quelle di Innsbruck o St. Moritz – è diventata il simbolo delle criticità di Milano-Cortina 2026. Il costo stimato ha superato i 120 milioni di euro e la struttura potrebbe restare inutilizzata dopo i Giochi, con costi di gestione annui superiori a 1,5 milioni di euro. Inoltre, l’abbattimento di un lariceto secolare per far posto all’impianto “costituisce un danno ambientale irreversibile, sollevando interrogativi su chi realmente beneficerà di questo investimento”, si legge nel report.
Olimpiadi Giovanili 2028: una nuova opportunità o un’espansione incontrollata?
Mentre le preoccupazioni per il 2026 “restano irrisolte, si discute già delle Olimpiadi Giovanili del 2028. L’evento potrebbe rappresentare una nuova occasione per avviare ulteriori cantieri e opere senza una chiara visione di sostenibilità. C’è il rischio – per Legambiente – di proseguire con un modello di sviluppo che sfrutta il territorio alpino senza considerare le reali necessità delle comunità locali e le conseguenze a lungo termine per l’ambiente.”
Quale eredità per il territorio?
Si è parlato molto di “legacy”, l’eredità che i Giochi dovrebbero lasciare alle aree ospitanti. Tuttavia, gran parte degli investimenti “sembrano orientati a favorire la speculazione edilizia e i mega progetti infrastrutturali, piuttosto che risolvere i problemi reali delle comunità locali. Ad esempio, invece di potenziare la mobilità ferroviaria (valorizzando la stazione di Calalzo), si è preferito puntare su nuove strade che incoraggiano il trasporto su gomma, alimentando inquinamento e congestione”, si legge nel rapporto.
A un anno dall’inizio di Milano-Cortina 2026, il timore, dunque, è che si tratti di “un’occasione persa per dimostrare che un altro modello di Olimpiadi è possibile. Invece di lasciare un segno positivo e duraturo, i Giochi rischiano di aggravare problemi già esistenti, generando un impatto economico e ambientale pesantissimo”.
Cosa aspettarsi?
Quale sarà la spesa finale di queste Olimpiadi, se già ora, a un anno di distanza, è stata probabilmente superato la soglia dei 5 miliardi di euro? “Comunque vada, sarà un (in)successo? Temiamo di sì”, è la risposta di Legambiente che sottolinea come “per recuperare il tempo perduto, si sta attingendo dalle casse delle Stato, senza avere la certezza di riuscire a realizzare in tempo e con tutti gli standard di sicurezza, le opere necessarie per lo svolgimento delle competizioni in dei territori che, già messi a dura prova dall’impatto dei cambiamenti climatici, dovranno fare i conti anche con la gestione e il mantenimento di queste infrastrutture sportive nel dopo Olimpiadi.”, conclude l’associazione.