LE AUDIZIONI ALLA CAMERA
Nucleare, tempi LUNGHI e nodo risorse. In arrivo una joint venture
In Commissione Ambiente, i rappresentanti delle pmi hanno ammonito sulla strategia del governo focalizzata troppo sul lungo termine. “Non vanno abbandonate le esigenze immediate come quelle volte a garantire un mercato energetico più stabile e più accessibile”, ha detto Barbara Gatto di Cna. Intanto, Leonardo ha annunciato l’accordo con Ansaldo Energia ed Enel.
IN SINTESI
Sui tempi del nucleare in Italia, i dubbi o meglio le ammissioni arrivano persino dall’Associazione italiana che rappresenta il settore, l’Ain. Il presidente Stefano Monti, intervenendo ieri in audizione alla Camera, ha detto che “l’arco di riferimento sono una decina d’anni. Perché questo avvenga, perché nel giro di sette, otto o dieci anni abbiamo l’energia nucleare allacciata in rete, dobbiamo velocizzare i tempi della politica riguardo alla legge delega e ai decreti”. E, più in generale, Italia ed Europa soffrono un grosso problema di competitività. “Sono 60 gli impianti nucleari in costruzione nel mondo”, ma “l’installazione è andata verso l’Asia”. Qui da noi, invece, “ci sono problemi a costruire impianti nuovi a causa di politiche sbagliate negli ultimi vent’anni, che hanno fatto perdere capacità, ad esempio sulla supply chain”. Per Guido Bortoni, presidente di Cesi, “è necessario realizzare un coordinamento costante con le reti elettriche, gli accumuli per assicurare la sicurezza del sistema e ottimizzare le risorse”.
Oggi, ha detto Davide Tabarelli di Nomisma Energia sulla stessa linea pro nucleare (“ha un’altissima densità energetica per superficie cosa che le fonti rinnovabili non hanno e oltre a essere intermittenti, sono disperse”) ma realista, “chi costruisce nuove centrali nucleari è solo la Cina, e un po’ la Russia. Noi in Europa dopo Fukushima abbiamo bloccato il settore. E’ diventato estremamente difficile fare il nuovo nucleare nelle democrazie. In Italia bisogna pensare a riaprire la centrale di Caorso”. Infine: “Vorrei ricordare che la prima fonte di produzione elettrica in Europa è il nucleare con circa il 25% e se in questo momento venissero meno le 56 centrali nucleare (francesi) sarebbero messi malissimo e le bollette sarebbero molto più alte”.
Cna e Confartigianato: nucleare ok ma il problema sono costi e tecnologie
Bollette, appunto. Partecipando all’audizione, infatti, Barbara Gatto (Cna) e Valentina Bagozzi (Confartigianato) hanno spiegato che è un tema “strategico e di attualità a livello nazionale” ma che “il tema costo è uno degli elementi derimenti rispetto alle esigenze delle piccole imprese” perché “nonostante le soluzioni negli anni di crisi per migliorare il mix dia approvvigionamento il nostro sistema è ancora critico”.
Insomma, caro governo, va bene “l’impegno ad approfondire percorsi strategici sulla ripresa della tecnologia nucleare nel paese ma sappiamo anche che sono opzioni che richiedono tempi di sviluppo e operatività medio-lungo e non vanno abbandonate le esigenze immediate come quelle volte a garantire un mercato energetico più stabile e più accessibile”. Per Bagozzi, inoltre, “c’è una perplessità sulla tecnologia nucleare che è la scarsa modularità. Il sistema ha bisogno di flessibilità di equilibrio e di investimenti e in un’ottica di strategia complessiva e ove possibile mutuarlo a livello locale dove serve energia costante. Per cui la strategia deve prendersi carico di questo aspetto”.
Nei moniti lanciati da Cna e Confartigianato c’è tanto pragmatismo. E maggiore fiducia nelle rinnovabili. Tanto che nella memoria integrale si ricorda che “la traiettoria che il Governo ha definito per lo sviluppo delle rinnovabili è a nostro avviso condivisibile, poiché offre una soluzione di breve periodo e facilmente implementabile, poiché basata su una tecnologia già presente sul mercato e a costi bassi, favorendo una diffusione più capillare della generazione distribuita”. Quello su eolico e fotovoltaico, quindi, “dovrà continuare a rappresentare un punto di forza sia nell’ottica della decarbonizzazione che rispetto alle opportunità di investimento e crescita del sistema produttivo”. Mentre il nucleare guarda a orizzonti ancora molto lontani.
E, peraltro, secondo Cna e Confartigianato in tema di fissione e quindi di reperimento dell’uranio – attualmente importato per il 99% in Europa e per metà da Russia, Kazakistan e Uzbekistan – “sarebbe quindi utile chiarire come l’elemento fondamentale dell’approvvigionamento della materia prima influirà, in particolare in termini di costi, sullo sviluppo del nucleare italiano e come, anche per questo settore strategico, il paese vorrà strutturare strumenti e modalità che mettano al riparo il paese dagli impatti di possibili crisi geopolitiche”.
Tornando alle risorse e alle ricadute sui consumatori, per le due associazioni “allo stato attuale, la letteratura scientifica afferma che gli impianti termonucleari non sono in grado di modificare rapidamente la produzione elettrica sulla base del fabbisogno di consumo al netto della produzione da fonti rinnovabili non programmabili”. Inoltre, “gli studi più recenti, effettuati sui progetti in corso a livello internazionale, affermano che i piccoli reattori perderebbero in termini di economie di scala, determinando costi di generazioni più alti”.
Bombardi (Rina): “Puntare su programmi nazionali”
La dimensione nazionale è quella su cui punta Rina, multinazionale con sede a Genova nata come spin off del Registro Italiano Navale. Per il vicepresidente esecutivo Andrea Bombardi, “l’’Italia ha una filiera forte sul nucleare ma sicuramente il lancio di programmi nazionali potrebbero ulteriormente rafforzarla dal punto di vista occupazionale anche per i programmi esteri che sono in forte crescita. Associo a questa la necessità di individuare un’autorità competente che possa fare il punto sulle competenze nucleare nel nostro paese e capire come incentivare programmi di formazione sia a livello dell’università sia di scuola secondaria superiore che portino a maggiore competenza sul mondo del nucleare”.
Verso una joint venture Leonardo-Enel-Ansaldo Energia. Anche il Mase ammette che ci vorranno almeno dieci anni
Intanto, proprio ieri, l’ex ministro e neo ad di Leonardo Roberto Cingolani ha confermato la joint venture con Enel e Ansaldo Energia. Leonardo vi parteciperà al 10%: “In tempi meno popolari ho detto che il nucleare è la tecnologia che produce meno anidride carbonica per unità di energia prodotta e aveva tutta una serie di parametri buoni con l’unico rischio delle scorie da processare bene – ha spiegato commentando il ddl delega sul tavolo del Governo – Tutti i Paesi stanno capendo che per accelerare la decarbonizzazione il nucleare va potenziato e l’Italia si sta muovendo per rivedere la posizione sul nucleare: la parola resta ai governi e ai cittadini, mentre le questioni tecniche sono molto chiare e non troppo discutibili”.
Il ministero dell’Ambiente italiano, appunto, ha inviato proprio in questi giorni il ddl a Palazzo Chigi. Nel testo viene proposta l'”istituzione di un’autorità amministrativa indipendente e il riordino o la soppressione degli organi e degli enti titolari di competenze in materia” per “l’approvazione e l’attuazione del Programma nazionale”. Ma nello stesso schema liberato dal Mase si legge sia che l’iter legislativo potrà durare fino a due anni con l’adozione dei decreti a legge in vigore. E sia che sui piccoli reattori modulari “è in atto un impegno europeo e mondiale per avviarne la commercializzazione già nei primi anni 2030”. Secondo quanto si ammette nella relazione illustrativa del ddl, “molte imprese del settore energetico hanno già investito nei predetti progetti e, sebbene per alcuni si prevede che debbano trascorrere diversi anni prima che si giunga a una produzione adeguata e alla commercializzazione, per altri tali risultati appaiono raggiungibili nel giro di 5-10 anni, pertanto compatibili con i tempi previsti per definire e istituire un quadro nazionale idoneo ad accogliere la possibilità di produrre energia da fonte nucleare, anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi Net-zero al 2050”. Non proprio domani.