ALL'ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA
Morassut (Pd): il Piano Casa dovrebbe partire dal trasferimento di aree demaniali ai comuni per realizzare alloggi ERP, altrimenti resterà senza effetti

ROMA CAPITALE, UNA RIFORMA POSSIBILE
IN SINTESI
Roberto Morassut, deputato del Pd ed ex assessore all’urbanistica romana dell’era Veltroni, padre dell’ultimo Piano regolatore della città, è il primo a uscire dalla fumosità e genericità del dibattito sul Piano Casa e sulla rifondazione di una politica abitativa – più o meno intrecciati alla discussione sulla legge urbanistica e sulla rigenerazione urbana – per indicare invece alcuni contenuti specifici e condizioni necessarie perché una nuova politica di edilizia residenziale pubblica produca risultati, in particolare in termini di aumento degli alloggi pubblici disponibili, il parametro fondamentale per questo genere di politiche. Nel corso del convegno “La casa e il governo del territorio”, organizzato dall’Ordine degli architetti di Roma, Morassut ha messo al primo posto fra le cose da affrontare il “problema dei sedimi”.
“Dobbiamo superare – ha detto – la forma di povertà pubblica che impedisce ai comuni di realizzare adeguati interventi di edilizia residenziale pubblica per mancanza di aree su cui realizzare gli alloggi. D’altro canto, ci sono terreni che appartengono al Demanio, soprattutto il Demanio militare e ferroviario, che sono fermi lì da anni, sempre in attesa di una valorizzazione che non arriva, e potrebbero essere trasferiti ai comuni per questo genere di interventi. Ritengo sia sufficiente una legge di tre o quattro articoli per avviare questo processo, mentre non è praticabile la strada delle espropriazioni”.
Morassut ricorda anche che gli alloggi ERP sono oggi l’1% del totale, un valore molto più basso che negli altri grandi Paesi europei. Le famiglie in emergenza abitativa sono 200mila. Servono norme più equilibrate per ricreare un rapporto tra pubblico e privato e mettere ordine nelle istituzioni e nelle competenze sulle politiche abitative, con la ricostituzione di un nucleo fondamentale al ministero delle Infrastrutture che governi l’Osservatorio della condizione abitativa, definisca gli indirizzi della politica della casa, monitori gli incentivi”. Il suo ragionamento – dice – vuole lanciare “un segno a tutte le parti politiche, anche la mia”, perché una nuova politica abitativa “non si costruirà né con le campagne né con le idee estemporanee”.
Panci: riforme da affrontare insieme, con visione sistemica

A introdurre il convegno il presidente dell’Ordine degli architetti di Roma, Alessandro Panci. “Non si può affrontare il tema dell’edilizia – ha detto – senza tenere conto delle numerose proposte di legge attualmente in corso di esame. Il Testo Unico dell’Edilizia è in attesa di una revisione organica che non può limitarsi a ritocchi parziali o a modifiche di dettaglio di difficile interpretazione. La rigenerazione urbana, nel frattempo, segue un iter complesso, arricchito da numerosi emendamenti, mentre si stanno delineando anche nuove proposte di legge relative al Piano Casa nazionale e all’Edilizia Residenziale Pubblica. Tutte queste iniziative, a livello nazionale, dovranno definire – ha detto ancora Panci – un chiaro filo conduttore capace di orientare in maniera coerente le normative regionali, oggi ancora troppo disomogenee”.
Poi, una riflessione di sistema. “Di fronte a questo quadro, appare evidente come affrontare separatamente ciascuno di questi temi, senza una visione sistemica e integrata, rischi di vanificare gli obiettivi dichiarati di trasformazione e semplificazione perseguiti dal Parlamento. Forse è arrivato il momento di ripensare l’impianto generale della normativa urbanistica, elaborando una nuova legge quadro che metta al centro la rigenerazione dei tessuti edilizi esistenti, la valorizzazione dell’esistente e una trasformazione del territorio improntata alla consapevolezza e alla sostenibilità”.
Busnengo: cambiano i modelli dell’abitare
Per l’Ordine degli Architetti di Roma è intervenuto anche il consigliere Lorenzo Busnengo- “Al di là di una semplificazione del quadro normativo generale – ha detto – è necessario, in virtù del nostro essere architetti, immaginare l’evoluzione del residenziale in relazione alle unità abitative tradizionali dei nuclei familiari. Prioritario delineare nuovamente l’abitare degli studenti, dei richiedenti asilo politico, degli anziani autosufficienti e non, così come l’acceso alla casa, sia per housing sociale che per l’edilizia residenziale pubblica o gli affitti brevi”. Per Busnengo “tutto ciò va pensato all’interno della trasformazione della città e dell’innovazione tipologica dell’abitare in cui gli spazi di relazione, che vanno dai collegamento verticali a quelli orizzontali nonché all’ uso del piano copertura e del piano terra, sono da destinare alla collettività per ricreare quel senso di comunità basato sulle relazioni interpersonali che superano l’individualismo spinto dell’abitate attuale”.