OK DELLA CAMERA AL DDL
Ia: NIENTE sovranità sui server, sì alla robotica e al comitato di coordinamento
Servirà una terza lettura parlamentare per approvare in via definitiva il disegno di legge in materia di intelligenza artificiale approvato ieri dalla Camera dopo il prima via libera arrivato da Palazzo Madama a marzo, quasi un anno dopo l’approvazione del testo da parte del Consiglio dei ministri. E’ il ddl con cui il governo dovrà recepire l’Ai Act europeo. Intanto, secondo dati Bigda, l’intelligenza artificiale coinvolge già oggi il 57% dei dipendenti pubblici italiani.
IN SINTESI
Non c’è due senza tre, è proprio il caso di dirlo. E’ il caso del ddl in materia di intelligenza artificiale, approvato ieri dalla Camera e che ora tornerà in Senato per la terza lettura prima dell’approvazione definitiva. E’ il disegno di legge già liberato da Palazzo madama a marzo, quasi un anno dopo l’approvazione del testo da parte del Consiglio dei ministri. Con queste norme, inoltre, il governo dovrà adottare entro un anno uno o più decreti legislativi per l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento Ue del 13 marzo 2024. Per ricordare, il ddl votato già in Senato prevedeva su tutto fondi fino a un miliardo e l’esplicita dichiarazione d’uso di sistemi di Ia nelle attività professionali. Per il resto, tra i principi generali viene fissato quello in base al quale “i sistemi e i modelli di intelligenza artificiale per finalità generali devono essere sviluppati e applicati nel rispetto dell’autonomia e del potere decisionale dell’uomo” assicurando la “sorveglianza e l’intervento umano”.
Le novità principali
Com’è cambiato, dunque, il testo? Tra le novità principali un emendamento depositato dal Governo ha soppresso una norma introdotta al Senato da una proposta della maggioranza secondo cui “i sistemi di intelligenza artificiale destinati all’uso in ambito pubblico, fatta eccezione per quelli impiegati all’estero nell’ambito di operazioni militari, devono essere installati su server ubicati nel territorio nazionale, al fine di garantire la sovranità e la sicurezza dei dati sensibili dei cittadini”. La norma, allora, è stata soppressa dal testo perché secondo l’esecutivo la formulazione rischiava di essere troppo generica e che per la pubblica amministrazione fosse tutto bloccato, quando invece l’intento era riferirsi solo alla sicurezza nazionale e alla difesa.
Sull’Agenzia per la cyberiscurezza, invece, secondo un emendamento Pd rivisto dal governo questa potrà concludere accordi di collaborazione con soggetti privati, costituire e partecipare a partenariati pubblico-privato nel territorio nazionale, nonché, previa autorizzazione del presidente del Consiglio dei ministri, a consorzi, fondazioni o società con soggetti pubblici e privati, italiani o “appartenenti all’Unione europea” e non più semplicemente “stranieri”. L’emendamento approvato, tuttavia, non esclude che “sulla base dell’interesse nazionale e sempre previa autorizzazione del presidente del Consiglio” l’Acn possa “altresì partecipare a consorzi, fondazioni o società con soggetti pubblici e privati appartenenti a Paesi Nato, ovvero extraeuropei con i quali siano stati sottoscritti accordi di cooperazione o di partenariato per lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale”.
Con la nuova versione del ddl, poi, anche la robotica è stata inclusa tra gli ambiti in cui promuovere lo sviluppo e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Mentre per definire una disciplina organica sull’utilizzo di dati, algoritmi e metodi matematici per l’addestramento di sistemi di intelligenza artificiale, bisognerà garantire “la protezione del segreto industriale delle imprese”. Su questo emendamento, presentato dal Pd, le commissioni hanno votato erroneamente a favore salvo poi rimediare in parte eliminando il riferimento alla garanzia della “protezione del segreto industriale delle imprese”.
Infine, tra le novità principali, c’è il comitato di coordinamento sulle attività di chi opera nell’Ia. Il comitato ha l’obiettivo di “assicurare” la “migliore realizzazione della strategia nazionale per l’intelligenza artificiale” e a tal fine “svolge funzioni di coordinamento dell’azione di indirizzo e di promozione delle attività di ricerca, di sperimentazione, di sviluppo, di adozione e di applicazione di sistemi e modelli di intelligenza artificiale svolte da enti e organismi nazionali pubblici o privati soggetti a vigilanza o finanziamento pubblico, ivi comprese le fondazioni pubbliche o private, vigilate o finanziate dallo Stato, che operano nel campo dell’innovazione digitale e dell’intelligenza artificiale”. Sarà “presieduto dal presidente del Consiglio dei ministri o dall’autorità politica delegata e composto dal ministro dell’Economia e delle Finanze, dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, dal ministro dell’Università e della Ricerca, dal ministro della Salute e dal ministro della Pubblica amministrazione, dall’Autorità politica delegata per la sicurezza della Repubblica e in materia di cybersicurezza e dall’Autorità politica delegata in materia di innovazione tecnologica e transizione digitale o da loro delegati”.
Le altre modifiche
Guardando alle altre modifiche, un’altra (bipartisan) approvata prevede poi che “l’accesso alle tecnologie di intelligenza artificiale, nonché il conseguente trattamento dei dati personali, da parte dei minori di anni 14, richiede il consenso di chi esercita la responsabilità genitoriale”. Si modifica così la norma originaria col riferimento esplicito ai dati personali. Mantenuto, poi, il fattore consensuale del minore già quattordicenne “per il trattamento dei dati personali connessi all’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale, purché le informazioni e le comunicazioni” relative al trattamento dei dati “siano facilmente accessibili e comprensibili”.
Ancora: una proposta di Avs riformulata dall’esecutivo stabilisce, invece, che “l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale non deve pregiudicare la libertà del dibattito democratico da interferenze illecite da chiunque provocate tutelando gli interessi della sovranità dello Stato italiano nonché i diritti fondamentali di ogni cittadino riconosciuti in ambito nazionale ed europeo”. Salva anche la parte già presente nella prima versione per cui “l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale non deve pregiudicare lo svolgimento con metodo democratico della vita istituzionale e politica e l’esercizio delle competenze e funzioni delle istituzioni territoriali sulla base dei princìpi di autonomia e sussidiarietà”.
In ambito sanitario, invece, una proposta di Azione poi approvata stabilisce che i dati trattabili per la realizzazione di sistemi di intelligenza artificiale in ambito sanitario non dovranno “essere oggetto di approvazione da parte dei comitati etici interessati”, ma dovranno solo essere comunicati al Garante per la protezione dei dati personali. La norma sopprime il riferimento inizialmente contenuto nel testo in base al quale questi dati dovessero approvati dai comitati etici interessati.
Ia al 57% tra i dipendenti pubblici
Intanto, un’analisi Bigda per il sindacato Flp prevede che l’intelligenza artificiale coinvolge già oggi il 57% dei dipendenti pubblici italiani. Di questi, l’80% vive una situazione di complementarietà con tale tecnologia, mentre per un 12% esiste un rischio concreto di sostituzione (e l’8% si trova in una zona di incertezza). “Le mansioni più ripetitive della Pa non sopravviveranno all’avvento dell’Ai – commenta Marco Carlomagno, segretario generale di Flp -, ma questo non è un male e non significa necessariamente che i dipendenti che svolgono questo tipo di mansioni perderanno il proprio posto di lavoro. C’e’ bisogno però di interventi urgenti di aggiornamento professionale (upskilling e reskilling) per prevenire l’obsolescenza delle competenze e garantire cosi’ continuità occupazionale. E’ necessaria una nuova formazione perché per una serie di mansioni che vanno scomparendo, ce ne sono altre che si vanno creando: penso ad esempio a quelle relative ai social media manager e ai digital media manager”. Siamo noi, insomma, a dover gestire l’uso dell’Ia sia per lavorare meglio sia per evitare di restarne vittime.