LA CIRCOLARE SULL'ATTUAZIONE DEL SALVA-CASA
Ministero della Cultura: sanatoria anche per gli aumenti di volumetrie illegittimi su edifici con vincolo paesaggistico
Smontati il dissenso e i dubbi di molti Sovrintendenti che si erano fermati, sul territorio, in attesa delle indicazioni da Roma. Il Mic si schiera in piena sintonia con le linee guida già emanate dal Ministero delle Infrastrutture: l’accertamento di compatibilità paesaggistica previsto dalla nuova sanatoria semplificata (art. 36-bis del Tu dell’edilizia). Il presunto contrasto tra le regole del “Salva-casa” e quelle del codice Urbani “è soltanto apparente”. L’interpretazione inviata anche ai Parchi archeologici.

PAESAGGIO NEBBIA
L’accertamento di compatibilità paesaggistica previsto dalla nuova sanatoria semplificata (art. 36-bis del Tu dell’edilizia) si applica anche in caso di lavori, realizzati in assenza o difformità dal nulla osta, che abbiano determinato aumenti di superficie o volume rispetto a quanto legittimamente realizzato. A mettere una pietra tombale sul presunto contrasto tra le regole del “Salva-casa” e quelle del Codice Urbani è il ministero della Cultura che ha diramato una circolare, indirizzata a Soprintendenze e Parchi archeologici, in cui afferma che l’antinomia tra le disposizioni del Dlgs 42 del 2004 e quelle del Dpr 380 è solo apparente.
Già le linee di indirizzo del Ministero delle Infrastrutture, pubblicate per tentare di risolvere le criticità applicative del Salva-casa, erano entrate nel merito della querelle sull’applicazione, agli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, della nuova sanatoria semplificata, arrivando alle stesse conclusioni del ministero della Cultura (si veda l’articolo del 29 gennaio). La circolare del MiC è ancora più importante perché si rivolge alle Soprintendenze, molte delle quali sarebbero state pronte a far valere un’interpretazione molto rigida secondo cui le disposizioni del Codice dei Beni culturali e del paesaggio avrebbero dovuto avere la meglio sulle nuove regole del Salva-casa sull’accertamento semplificato di conformità in sanatoria.
La criticità che era stata sollevata, e che ora anche il MiC smonta, derivava dalle modalità redazionali del Salva-casa che, nell’introdurre la possibilità di attivare l’accertamento di compatibilità paesaggistica nell’ambito della sanatoria dei piccoli abusi, non aveva modificato l’articolo 167 del Codice urbani. Quindi ciò che il salva-casa consente, ossia l’accesso all’accertamento di compatibilità paesaggistica anche in caso di aumento di volumi e superfici, sembrava – secondo alcuni – contrastare con le disposizioni del Dlgs 42 del 2004 che, invece, precludono la regolarizzazione dal punto di vista paesaggistico in caso di incrementi di superfici o cubatura. In più, circolava anche la tesi secondo cui l’articolo 36-bis sarebbe andato a modificare norme di principio del codice Urbani, che per effetto dell’articolo 183, comma 6, sarebbero intoccabili. Secondo l’articolo 183 del codice Urbani, le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai principi del Dlgs 42 del 2004, «se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni».
Con parole molto simili a quelle utilizzate da Emilio Paolo Salvia, docente di Istituzioni di diritto pubblico alla Facoltà di Economia dell’Università Sapienza, intervistato sull’argomento da Diario Diac il 27 settembre, il ministero della Cultura smonta le tesi più rigide circolate all’indomani della conversione del “Salva-casa”
Secondo il ministero, l’antinomia tra le norme del Tu dell’Edilizia e il Codice dei Beni culturali e del paesaggio «è soltanto apparente e può essere risolta applicando il criterio cronologico della successione delle leggi nel tempo. Infatti, al disposto di cui all’art. 183, co. 6 del Codice dei Beni culturali e del paesaggio deve essere riconosciuta una funzione programmatica che, in quanto tale, non è in grado di incidere sui superiori principi ordinamentali che disciplinano la successione delle leggi nel tempo».
«In ogni modo – si legge nella circolare – l’art. 36-bis del Tue non deroga ai principi del Codice dei beni culturali e del paesaggio in quanto il parere delle Sabap mantiene natura vincolante ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio già effettuato, sicché non sussiste alcun contrasto con l’art. 183, co. 6».
«Alla luce delle su esposte considerazioni si può ritenere – argomenta ancora il MiC – che la disposizione di cui all’art. 36-bis trovi piena applicazione, stante il criterio cronologico, anche in mancanza di un richiamo derogatorio dell’art. 167, comma 4, del Codice dei BCP al suo interno. Il divieto di rilascio in sanatoria dell’autorizzazione paesaggistica non esclude, infatti, che il legislatore possa introdurre, per legge e in via generale, limitate ipotesi in cui sia possibile accertare ex post la compatibilità paesaggistica di un intervento».
Infine, rivolgendosi alle Soprintendenze, il ministero chiede di dare corretta applicazione alla normativa del Tue, invitandole a procedere attentamente alle valutazioni di compatibilità paesaggistica esprimendo il parere vincolante di competenza entro il termine perentorio di 90 giorni, spirati i quali si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell’ufficio procedente può provvedere autonomamente.