DIARIO POLITICO
Meloni tra dazi, Europa e legge di bilancio “leggera”: l’estate delle scelte con il paracadute delle elezioni anticipate
Per Giorgia Meloni sarà un agosto di riflessioni e di impegni. L’appuntamento con le Regionali in autunno (si comincia il 28 settembre con le Marche e poi a ottobre Veneto, Toscana, Campania, Puglia e ora anche Calabria) è certamente una scadenza importante, un test per saggiare lo stato di salute del Governo proprio mentre si discuterà della prossima legge di bilancio, ma anche del nuovo quadro finanziario europeo. Con più di un’incognita con cui fare i conti, a partire dall’effetto dazi che peserà non poco sul fronte di un crescita tornata allo zero virgola.
La Premier a fine mese ha già in programma un viaggio nell’indopacifico che avrà tra gli obiettivi proprio quello di rafforzare il rapporto con alcuni mercati (Vietnam, Corea, Giappone) per compensare almeno in parte i rincari sul mercato statunitense. Ma per ora siamo solo ai preamboli.
Meloni però ha bisogno di muovere le carte. Dopo essersi autoproclamata pontiera tra Donald Trump e l’Europa ora rischia di dover pagare l’esito di una trattativa oggettivamente molto sbilanciata (e non sappiamo ancora neppure quanto) a favore degli Usa. Ecco allora che nonostante i sondaggi siano ancora tutti a favore della Premier e confermino il primato di Fdi attorno al 30%, a Palazzo Chigi hanno serrato i ranghi anche in vista dell’arrivo della prossima legge di bilancio. Che, come vuole il titolare dell’Economia, confermerà la linea della prudenza sui conti ma allo stesso tempo dovrà offrire qualcosa da mettere sul piatto per non alienarsi l’elettorato.
Meloni in più occasioni ha preannunciato un “taglio delle tasse al ceto medio”. L’ipotesi che era stata prospettata è quella di una riduzione dell’aliquota dal 35 al 33% per i redditi fino a 60mila che però ha un costo di circa 4 miliardi l’anno. Non sono pochi e soprattutto gli effetti non sarebbero tali da garantire un ritorno in termini di consenso. La riflessione è aperta e tra qualche settimana si avrà modo di verificarne il risultato.
Certo è che non ci saranno provvedimenti “punitivi” per reperire risorse. Sarà una legge di bilancio leggera con lo sguardo puntato su Bruxelles dove a ottobre entrerà nel vivo il confronto sul nuovo quadro di finanziamento pluriennale presentato da Ursula von der Leyen e già molto crticato. Meloni per ora ha evitato di prendere posizione. La Premier resta nel mezzo e la dimostrazione è la scelta del suo partito, Fdi, che in occasione della sfiducia a luglio contro la Presidente della Commissione presentata dai sovranisti ha deciso di non schierarsi, non partecipando al voto.
Ma fino a quando potrà reggere questa ambiguità? C’è chi è convinto che la Premier stia riflettendo su una chiusura anticipata della legislatura per tornare al voto nel 2026, quando tra l’altro si chiuderà anche il capitolo del Pnrr. Una voce che di tanto in tanto si riaffaccia. Ma a corroborarla c’è proprio l’incertezza di questa fase, il timore di una crescita sempre più vicino allo zero, inferiore alla media Ue che smentisce la narrazione ottimista di un’Italia che procede meglio di tutti, imponendo la sessione di bilancio per il 2027 tutt’altro che leggera.
C’è anche un altro dettaglio, che alimenta queste voci: si è tornato a parlare di riforma della legge elettorale. Quando accade, le elezioni si avvicinano. Meloni vuole un proporzionale puro con premio di maggioranza cancellando i collegi uninominali che favorirebbero l’alleanza Pd-M5s. La Lega per ora nicchia perché teme di rimanere penalizzata. Ma se la Premier saprà rassicurarla…