TONI SEMPRE PIù ALTI
Meloni attacca e cerca la RISSA sui bonus, soltanto la Cgil risponde
Da due settimane, con lo slogan “noi non buttiamo i soldi della gente dalla finestra”, la premier è tornata ad attaccare i bonus negando anche che abbiano “portato nessun risultato” nella crescita del Pil. Preludio a un’ulteriore riduzione degli incentivi residuali rimasti? Attacco indiretto alla direttiva Case Green? Il segretario della Fillea Genovesi: “Dopo non aver risolto le mille contraddizioni del 110%, dai crediti incagliati ai cantieri rimasti sospesi, soprattutto in vista dell’attuazione della direttiva Case Green, il Governo dovrebbe rilanciare con più risorse, ma in modo selettivo e mirato, gli incentivi per la riqualificazione di case ed edifici pubblici”
Sono in molti a essersi chiesti perché la premier Giorgia Meloni da un paio di settimane in qua è tornata ad attaccare a testa bassa i bonus edilizi. La risposta generica che siamo in tempo di manovra, che non c’è un euro da investire (a parte il Pnrr) ed è bene quindi mettere le mani avanti contro pretese e richieste di ogni genere non basta. Si è capito da un bel pezzo che non c’è spazio per riesumare il cadavere del Superbonus e d’latra parte il governo non ha mai lasciato il minimo spiraglio sulla possibilità di riaprire quella partita o di lasciare una qualche forma di agevolazione in eredità. Fatto sta che in tre riprese, Meloni ha pubblicamente alzato i toni come forse non aveva fatto neanche all’inizio della campagna “no Superbonus”. Prima un generico “basta buttare i soldi della gente dalla finestra”; poi lo stesso messaggio ripetuto ma collegato direttamente ai bonus, giusto per chiarire a chi parlasse; infine da Cernobbio la conferma – se ce ne fosse bisogno – che non è un fatto casuale ma proprio una nuova campagna contro i bonus edilizi. Con una tirata molto molto discutibile sul fatto che “i bonus non portano nessun moltiplicatore, non hanno portato nessun risultato” sul fronte della crescita. Una campagna che ricorda quella partita l’8 novembre 2022 nei toni. Allora, però, i toni erano giustificati e l’obiettivo fu chiaro da subito: bisognava smantellare un’agevolazione che comunque era risultata gradita agli italiani (e non solo ai truffatori), bisognava chiudere la voragine del debito, bisognava frenare il settore edilizio che aveva rappresentato una quota enorme dell’aumento del Pil nel triennio 2022-2023. Ma oggi? Il Superbonus è bello che morto, gli italiani hanno capito che ha prodotto una voragine nei conti pubblici, nessuno si aspetta di rivitalizzare alcunché e le agevolazioni residuali non sembrano in grado né di attrarre nuovi investimenti né di fare grandi danni alle casse pubbliche.
Si vogliono azzerare anche questi bonus residuali rimasti?
Forse.
O si vogliono prevenire le richieste del mondo edilizio su sostegni alle operazioni di riqualificazione energetica previste dalla direttiva Case Green? E’ quello l’obiettivo della premier? Farsi dare da Ursula von der Leyen lo scalpo della EPBD?
Lo capiremo forse nei prossimi giorni.
Intanto la cronaca registra la sola reazione del segretario della Fillea Cgil, Alessandro Genovesi, che accetta la rissa proposta da Meloni e risponde per le rime. certamente interpretando il pensiero di molti che oggi non vogliono scendere nell’agone. Genovesi prova anche a spiegare le ragioni dell’attacco meloniano con un generico imbarazzo per una legge di bilancio che non porterà nulla ai cittadini.
“In queste ore in cui il Governo non sa come reperire risorse – scrive Genovesi in una nota – dopo aver alimentato evasione fiscale e sanatorie, circola la voce dell’ennesimo intervento volto a ridurre gli incentivi per l’efficienza energetica e per la ristrutturazione delle case, in totale contraddizione con le stesse politiche europee e relativi fondi. Ebbene se così fosse, sarebbe un errore clamoroso a danno di cittadini, lavoratori e imprese”. E continua: “In tutti questi anni, anche indipendentemente dal c.d. super bonus, migliaia di edifici privati, case e aziende hanno potuto beneficiare degli incentivi per le ristrutturazioni edili (50%) e per l’efficienza energetica (65%), con effetti positivi in termini di tenuta del settore delle costruzioni e della produzione di materiali e tecnologie, lotta all’evasione fiscale e, dopo l’introduzione del Durc di Congruità nel 2021, contrasto al lavoro nero. Tornare indietro sarebbe un errore enorme, pertanto chiediamo al Governo di smentire qualsiasi voce di riduzione ulteriore della portata e platea dei possibili beneficiari”, argomenta il segretario generale degli edili.
L’unica precisazione che forse merita Genovesi è la sua sottostima degli edifici che hanno goduto delle agevolazioni: non migliaia, ma milioni. Da quando Romano Prodi e Vincenzo Visco lo lanciarono nella misura del 36% nel 1998 – e prima che arrivasse il Superbonus, applicato di fatto dal 2021 – le elaborazioni del Cresme, su dati Agenzia delle Entrate, evidenziano che gli interventi incentivati sono stati 21 milioni 142mila per un investimento complessivo di 349,8 miliardi. Parliamo degli interventi 1998-2020.
Torniamo a Genovesi. “Il Governo – sottolinea Genovesi – dopo non aver risolto le mille contraddizioni del 110%, dai crediti incagliati ai cantieri rimasti sospesi, dovrebbe fare l’esatto contrario, soprattutto in vista dell’attuazione della direttiva Case Green. Difatti sarebbe opportuno rilanciare con più risorse, ma in modo selettivo e mirato, gli incentivi per la riqualificazione di case ed edifici pubblici. Al riguardo già nei mesi passati – ricorda il segretario generale – come sindacato abbiamo avanzato proposte specifiche, sostenibili in termini di finanza pubblica, per circa 15 miliardi l’anno per i prossimi 10 anni. Una proposta mirata esclusivamente alle prime case dei redditi più bassi e in aree popolari, partendo dai condomini di periferia, attraverso trasferimenti diretti e cessione dei crediti, con percentuali di incentivi legati al miglioramento energetico, all’utilizzo dei risparmi in bolletta e decrescenti in funzione del reddito. Sono infatti spesso le case possedute dai redditi più bassi quelle con le classi energetiche più basse (F, G), con maggiori sprechi energetici, più inquinamento, minore salubrità e bollette più care”.
Queste dovrebbero essere le priorità del Governo, conclude Genovesi, ” insieme ad un piano straordinario di interventi diretti volti a riqualificare e rigenerare il patrimonio edilizio pubblico e residenziale, anche mettendo a sistema le diverse risorse nazionali, dal Pnrr ai fondi europei, fino alle risorse per gli enti locali”.
E lì torniamo, al vero elemento di divisione di oggi: la EPBD proviamo ad attuarla o andiamo a Bruxelles per provare a correggerla? Meloni sembra rispondere che non c’è un euro.