L'INTERVISTA

Mazzola: sull’acqua passi avanti, ma è urgente un piano FINANZIARIO decennale con risorse certe

C’è tanto movimento sull’acqua: i 2,1 miliardi di finanziamenti del Pnrr, i 13 miliardi “teorici” del Pniissi, i 946,65 milioni del piano stralcio di Salvini

8 luglio

08 Lug 2024 di Giorgio Santilli

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Mazzola: sull’acqua passi avanti, ma è urgente un piano FINANZIARIO decennale con risorse certe

Rosario Mazzola, presidente Utilitatis

C’è tanto movimento sull’acqua: i 2,1 miliardi di finanziamenti del Pnrr, i 13 miliardi “teorici” del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico (Pniissi), i 946,65 milioni del piano stralcio messo insieme dal ministro delle infrastrutture, Matteo Salvini, con 73 opere finanziate. Naturale chiedere una valutazione di quanto sta accadendo e della strada che stiamo prendendo a Rosario Mazzola, uno dei grandi esperti italiani in materia idrica, spesso consigliere di governi e ministri, Professore di Gestione delle risorse idriche all’Università di Palermo, componente  del Consiglio Superiore Lavori Pubblici, presidente di Utilitatis, il centro studi delle aziende di pubblica utilità.

Professor Mazzola, qual è la situazione delle risorse idriche in Italia?

In alcune regioni è una situazione molto pesante. Parliamo di cambiamenti climatici, ma dobbiamo prendere atto che il cambiamento del clima c’è già stato e le conseguenze sono gravi. Molte delle sorgenti idriche che monitoriamo evidenziano una riduzione delle portate, assistiamo ad  un abbassamento generalizzato del livello delle acque sotterranee e un peggioramento della loro qualità. Inoltre si registra un significativo aumento medio della temperatura, una maggiore disomogeneità spaziale e temporale delle piogge e un aumento dell’evapotraspirazione del complesso piante-terreno per cui si consuma più risorsa e se ne infiltra meno. Se non interveniamo subito, avremo presto una grave riduzione strutturale dell’acqua disponibile. E alla crescente scarsità di risorse naturali si abbinano le inefficienze del nostro sistema, sprechi nell’uso della risorsa, inefficienze gestionali, insufficienza e ritardo degli investimenti, e in alcune regioni carenza di capacità utile dei serbatoi per immagazzinare riserve per i periodi siccitosi. Non possiamo più permettercelo. È urgente prendere atto di tutto questo e agire per porre rimedio a questa situazione.

Come agire?

Anzitutto dobbiamo smetterla di pensare, alla prima pioggia, che il problema sia passato. Ma soprattutto dobbiamo individuare le misure necessarie e mettere in campo un piano decennale da attuare con regolarità, con continuità, anno dopo anno, senza discontinuità di alcun tipo.

Sta per essere varato il Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico, il cosiddetto PNIISSI: non è un passo avanti?

È un passo avanti molto importante, per due ragioni: finalmente entriamo in un’ottica di pianificazione di lungo periodo e mettiamo al centro l’esigenza della sicurezza idrica. Sul piano tecnico è quello di cui abbiamo bisogno. Ma non basta. Deve essere affiancato da un piano finanziario decennale che oggi non c’è. Non possiamo più permetterci di programmare gli interventi che servono e poi non realizzarli.

Cosa intende per piano finanziario decennale?

Intendo un piano che indichi con certezza le risorse finanziarie, di competenza e di cassa, anno per anno. Indichi già oggi le disponibilità finanziarie di lungo periodo. Questo oggi non c’è.

Passato il Pnrr non sembrano esserci condizioni di finanza pubblica favorevoli a un piano decennale come dice lei.

Dobbiamo decidere se consideriamo l’acqua davvero una priorità decisiva per il nostro futuro e quindi affrontare il problema. Dobbiamo decidere se abbiamo bisogno di costruire le infrastrutture che ci consentano di affrontare meglio i periodi di siccità. Serve certezza di risorse finanziarie, serve un modello di intervento come fu quello della Cassa per il Mezzogiorno, con lo Stato che fa la sua parte. O, se vogliamo modelli più recenti, i contratti di programma per le ferrovie. L’acqua oggi è meno importante delle ferrovie? Poi si può anche ragionare se e come integrare queste risorse statali con le risorse provenienti dalla tariffa del servizio idrico integrato.

Quanto serve effettivamente?

Il PNIISSI programma interventi per 13 miliardi. Se vogliamo spalmarli su dieci anni, direi che serve almeno un miliardo all’anno, regolarmente ogni anno per i prossimi dieci anni. Non possiamo più permetterci piani che partono con qualche decina di milioni di cassa fino al 2027 e poi accelerano. Occorre partire subito. Questo è il momento per porre la questione.

Il ministro Salvini ha pronto il piano stralcio da quasi un miliardo. Che ne pensa?

Lo valuteremo quando lo vedremo. Ma ripeto che qui il problema non è uno stralcio e, a seguire, l’incertezza del finanziamento dei  progetti non compresi. Qui il punto è la regolarità dell’intervento, anno dopo anno. E purtroppo anche il piano stralcio soffre di difficoltà finanziarie: per ora c’è la possibilità di impegnare le risorse, ma la cassa è disponibile solo dopo il 2026.

Cosa pensa, a giochi pressoché fatti, del PNIISSI cui lei ha contribuito partecipando all’elaborazione delle linee-guida iniziali?

È apprezzabile anzitutto che si sia passati a una cultura dell’analisi costi-benefici sui singoli progetti.

Pensa che questo sia sufficiente per garantire progetti di qualità?

Il piano è diviso in interventi di tre diverse fasce, A, B e C e questo significa che, in questa prima tornata, si sono dovute accogliere anche proposte che presentano ancora una debolezza progettuale. Il piano però ha proprio questo aspetto positivo, dà un bollino di qualità ai progetti. Negli aggiornamenti del piano sarà necessario investire su un innalzamento complessivo della qualità delle proposte progettuali. In prospettiva dobbiamo puntare ad avere solo progetti di fascia A e B. Anche qui, però, l’aspetto finanziario gioca un ruolo importante. Se ci fossero disponibili soldi con regolarità sarebbe più facile imporre una qualità progettuale ed evitare la corsa spot al finanziamento, un metodo che non produce un percorso di miglioramento.

Che altro si può migliorare della pianificazione lunga nei prossimi anni?

Un aspetto molto importante è la capacità di integrare le diverse pianificazioni presenti oggi. Per esempio, andranno integrati al Pniissi, in una regia unica, anche i Pos, i piani delle opere strategiche dei singoli ambiti del servizio idrico integrato. Tanto più che oggi, in base alla regolazione di Arera, questa programmazione si allunga fino a 12 anni e premia, con l’indicatore M0, interventi di sicurezza idrica cui generalmente le imprese di gestione sono meno attente.

A chi spetta la regia?

Oltre a quello del MIT e di Arera, un ruolo fondamentale sul territorio deve essere quello delle autorità dei distretti idrografici. Oggi le proposte progettuali del Pniissi sono venute prevalentemente dalle Regioni e dai gestori, in un classico approccio bottom-up. Serve che le autorità di bacino mettano in campo una maggiore capacità di coordinamento e di analisi e valutazione dei progetti.  A loro spetta il compito di raccordare i diversi livelli di pianificazione sul territorio e soprattutto di indicare le necessità, le priorità. Non basta la pianificazione bottom-up. Serve anche una pianificazione top-down che fornisca una visione di insieme e un quadro stabile di valutazione ai soggetti proponenti che inevitabilmente hanno una visione più limitata. Il percorso è lungo ma credo che siamo sulla buona strada.

 

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