DIARIO POLITICO

La manovra modesta e lo scontro utile sulla democrazia: ecco perché Meloni e Schlein si scelgono a vicenda

Non deve sorprendere che all’indomani del varo della manovra a catalizzare l’attenzione sia lo scontro tra Elly Schlein e la premier Giorgia Meloni sui rischi per la democrazia in Italia.

Non sorprende perché tanto la leader dell’opposizione che la stessa Presidente del Consiglio non hanno interesse a incrociare le spade su una manovrina che non offre svolte ma si limita a puntellare il nuovo corso per mantenere solidi i conti pubblici. Difficile, infatti, anche per la segretaria del Pd non tenerne conto. I dem si sono sempre assunti il ruolo di partito attento alla finanza pubblica e certo la risposta a questa manovrina non può essere l’aumento della spesa in deficit.

Soluzione che – al contrario – i partiti della destra a partire da Fdi  ma anche la Lega del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti hanno perorato quando erano all’opposizione. Anzi, nel caso del Carroccio indossando contemporaneamente la camicia di partito di lotta e di governo. Poi, una volta entrati nelle cosiddette stanze dei bottoni, tutto cambia per non cambiare niente secondo quello che è conosciuto come gattopardismo italico.

E così si passa dalla promessa dell’abolizione della Fornero alla sospensione di un mese o due dell’aumento dell’età pensionabile, oppure si cancella Transizione 5.0 dimostratasi un totale fallimento per tornare a misure più efficaci introdotte da governi di segno opposto come Industria 4.0, cercando di recuperare qualche miliardo di euro da banche e assicurazioni per tamponare le coperture senza preoccuparsi ovviamente delle eventuali “rappresaglie” sui correntisti. …

20 Ott 2025 di Pol Diac

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Ma il dato di fatto è che le misure contenute anche nella prossima legge di bilancio appaiono modeste, aggettivo che va inteso non con una accezione negativa ma per quello che è il suo primo significato e cioè la consapevolezza dei propri limiti. Evitando anzitutto il ritorno del faro dei mercati sul nostro debito che – nonostante il risanamento in corso – resta sempre il nostro principale pericolo. O meglio è un pericolo perché c’è un’altra e altrettanto preoccupante costante che non riusciamo a modificare da decenni (a parte la parentesi post Covid) e cioè la crescita. Anzi sarebbe più corretto: l’assenza della crescita a cui, a guardare i numeri, si è rassegnato anche l’attuale esecutivo.

Siamo infatti tornati al nostro consueto zero virgola senza prospettive non solo nel breve ma neppure nel medio-lungo periodo. Gli italiani continuano a impoverirsi, a essere sempre meno competitivi e certo le poche decine di euro messe a disposizione con il taglietto dell’Irpef o gli sconti sugli aumenti salariali e qualche incentivo/bonus qua e là non possono invertire. Tantomeno ora che dobbiamo fare i conti non solo con una domanda interna asfittica ma anche con il calo delle esportazioni provocato dalla guerra tariffaria dichiarata e portata avanti da Donald Trump, che ovviamente ha effetti non solo sulla bilancia commerciale con gli Stati Uniti.

Servirebbe altro. Il benaltrismo solitamente è sempre stato appannaggio dell’opposizione. Stavolta però – come già detto – l’opposizione preferisce puntare sul rischio per la democrazia che il governo a guida Meloni starebbe perseguendo.  È chiaro che è una scelta. Non che le minacce alla libertà di stampa, vedi l’attentato al giornalista di Report Ranucci ma anche lo scontro al Sole 24 Ore per l’intervista alla Premier affidata a una collaboratrice esterna, siano episodi non preoccupanti. Ma c’è dell’altro. C’è da parte di Elly Schlein una scelta precisa. La leader dem evidentemente ritiene più spendibile questo argomento – la difesa della democrazia – per recuperare consensi visto che i test elettorali non sono finiti e l’alleanza con il M5s scricchiola e potrebbe definitivamente frantumarsi in caso di un risultato deludente in Campania dove  candidato a succedere a Vincenzo De Luca è l’ex presidente della Camera Roberto Fico.

I segnali che arrivano da Napoli non sono rassicuranti. La fuga di diversi piccoli cacicchi deluchiani verso Forza Italia lascia intendere che la vittoria del centrosinistra-campo largo non è più così scontata. Meglio allora puntare sull’usato sicuro qual è il rischio per la democrazia (anche in vista del referendum sulla giustizia che si terrà in primavera) piuttosto che provare a offrire una piattaforma alternativa per tentare (almeno tentare) di ribaltare quello che appare ormai un suicidio assistito (per l’Italia) a prescindere da chi governi. Fa comodo anche a Meloni che anziché dover rispondere di un elettrocardiogramma pressocché piatto del Paese, o se preferisce della “Nazione”, può dedicarsi allo scontro con la sua sparring partner preferita. Niente di nuovo, sono le solite canzonette.

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