LE PROPOSTE SUL CODICE APPALTI
Legacoop: stop al massimo RIBASSO mascherato e vera revisione prezzi
Le cooperative hanno già inviato il proprio documento, chiedendo il modello francese contro le variazioni dei costi e l’estensione a tutti gli appalti della quota massima del 30% (da ribassare al 20%) del peso del prezzo nell’offerta economicamente più vantaggiosa
18 luglio

IN SINTESI
Scade oggi alle 12 il termine per la trasmissione al ministero delle Infrastrutture delle proposte di correzione o integrazione al codice degli appalti 36/2023. Fra i dossier già arrivati a Porta Pia c’è quello della Legacoop Produzione e servizi che ha indicato una serie di questioni fra cui quelle più rilevanti sono la revisione prezzi e l’offerta economicamente più vantaggiosa.
La revisione prezzi
Sulla revisione prezzi Legacoop fa “squadra” con l’Ance segnalando anzitutto le questioni di principio che sono sul tavolo ormai da mesi, a partire dal sostegno al “modello francese” che è diventato il riferimento al tavolo tecnico istituito dal ministero delle Infrastrutture per individuare “gli indici più appropriati, nell’ambito di quelli esistenti, per gli appalti di servizi e forniture” per dare attuazione all’articolo 60 del codice. Il riferimento ai servizi e alle forniture caratterizza maggiormente la posizione delle cooperative che in questi settori hanno una importante presenza (a differenza dei costruttori), per esempio nel campo della ristorazione.
Oltre a riproporre “l’eliminazione – o in ogni caso il netto abbassamento – della soglia per l’attivazione delle clausole di revisione prezzi (5%) e l’innalzamento della misura del riconoscimento della variazione (80%)”, Legacoop pone un’altra questione specifica che è di particolare rilievo per le produzioni del mondo cooperativo, ad alta intensità di lavoro: l’inserimento di una norma all’articolo 60 che preveda esplicitamente, “quale causa di attivazione delle clausole di revisione prezzi, l’incremento del costo del lavoro a seguito del rinnovo dei CCNL applicati dall’appaltatore”.
L’offerta economicamente più vantaggiosa
Anche sull’offerta economicamente più vantaggiosa Legacoop chiede alcune correzioni legislative, in particolare sulla soglia massima del 30% per la componente di punteggio attribuibile all’offerta economica che è stata riproposta, all’art. 108, comma 4, con riferimento ai soli contratti ad alta intensità di manodopera (nel codice 50 era generale). “Riteniamo – dice il documento Legacoop – che l’esigenza di evitare un surrettizio ritorno al massimo ribasso, perseguita tramite questa norma, sia comune a tutti i settori, senza distinzioni, per cui riteniamo necessario un intervento correttivo in tal senso. Al contempo, riteniamo che la soglia del 30% vada ulteriormente abbassata (almeno al 20%, valore già utilizzato frequentemente dalle amministrazioni più virtuose)”.
C’è un altro aspetto della OEPV che le cooperative mettono nel mirino: il ricorso alle “formule lineari per l’attribuzione del punteggio all’offerta economica, che accentuano il divario di punteggio a fronte di ribassi di poco distanti tra loro, spingono alla formulazione di ribassi economici elevati e trasformano, di fatto, la gara in una gara al massimo ribasso, in cui la valutazione delle proposte tecniche e qualitative passa del tutto in secondo piano rispetto al fattore prezzo”. Su questo aspetto, Legacoop è drastica: serve una norma di legge che vieti o disincentivi il ricorso alle formule lineari.
Infine, un regime ad hoc andrebbe previsto per la tutela dei beni culturali, “che richiedono interventi in cui l’aspetto qualitativo è predominante”. La richiesta qui è “l’introduzione tra i contratti che sono aggiudicati esclusivamente con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa i contratti relativi a lavorazioni specialistiche su beni culturali”.
Il contratto prevalente
Su una delle novità più importanti per il lavoro introdotte dal nuovo codice – l’art. 11 che prevede l’indicazione in gara e poi l’applicazione del contratto prevalente nella fase di esecuzione o comunque, nel caso di applicazione di un contratto diverso, che siano assicurate al personale le stesse tutele – pur sposando il principio, Legacoop mette in guardia che nell’applicazione pratica sono sorte “numerose problematiche”. Le difficoltà maggiori – racconta il documento – “sono relative agli appalti che prevedono una molteplicità di prestazioni: spesso accade che venga indicato un solo CCNL applicabile, per la totalità delle prestazioni. Ciò comporta forti difficoltà soprattutto nelle ipotesi di partecipazione di raggruppamenti formati da più operatori specializzati nelle diverse prestazioni che, del tutto legittimamente, applicherebbero ciascuno il CCNL più pertinente per la prestazione di propria competenza”.
Collegio consultivo tecnico
Un po’ come le altre associazioni delle imprese, anche Legacoop – che ha denunciato il fenomeno per prima – lamenta la lievitazione abnorme dei costi di funzionamento del Collegio consultivo tecnico che viene comunque considerato “uno strumento molto utile per gestire diverse problematiche dei contratti in fase esecutiva” che, “se ben utilizzato, può aiutare a velocizzare i tempi di esecuzione e a deflazionare il contenzioso”. Tuttavia, la norma contenuta all’art. 1, comma 5, dell’Allegato V.2 “ha l’effetto di aumentare notevolmente (potenzialmente fino al triplo) i compensi riconosciuti ai componenti del CCT rispetto a quanto originariamente previsto con il d.l. n. 76/2020”. Come se non bastasse, questa norma viene applicata retroattivamente, ai sensi dell’art. 224, comma 1, che prevede che “le disposizioni di cui agli articoli da 215 a 219 si applicano anche ai collegi già costituiti ed operanti alla data di entrata in vigore del codice”.
Cause di esclusione
Legacoop ritiene che “la nuova formulazione delle norme in materia di cause di esclusione (adesso contenuta negli articoli da 94 a 98 del codice) costituisca un notevole passo avanti rispetto alle corrispondenti norme del vecchio codice”. In particolare, “la tipizzazione delle condotte che costituiscono grave illecito professionale (e, quindi, causa di esclusione non automatica) va nella direzione di una maggiore certezza del diritto e di una maggiore prevedibilità delle scelte che saranno adottate da parte delle amministrazioni”. Tuttavia – dice il documento – “ riteniamo che vadano apportati alcuni ulteriori affinamenti, nell’ottica di garantire il rispetto del principio costituzionale di presunzione di innocenza e di attuare nel modo più rispettoso possibile il criterio di delega che chiedeva di tipizzare le condotte costituenti grave illecito professionale”.
Pertanto, per tutti i reati potenzialmente costituenti grave illecito professionale, la soglia di rilevanza
Project financing e obblighi progettuali del promotore
L’articolo 193, comma 1, del codice prevede l’obbligo del promotore, come nel precedente codice, di presentare il “progetto di fattibilità” a corredo della proposta, e non contiene richiami alle norme in materia di livelli di progettazione dei lavori pubblici, oggi ridotti a due: il progetto di fattibilità tecnico-economica” (PFTE) e il progetto esecutivo (art. 41 e All. I.7). “Ciò – dice Legacoop – ha ingenerato alcune perplessità circa i contenuti del progetto di fattibilità a cui fa riferimento l’art. 193, comma 1, dato che tale riferimento è stato mutuato dalla previgente disciplina, che prevedeva anche il livello intermedio del progetto definitivo, alla cui soppressione corrisponde, ora, il maggior grado di approfondimento e di dettaglio richiesto dal nuovo Codice per il progetto di fattibilità tecnico-economica. Non pare però corretto pretendere che il promotore presenti già in fase di presentazione della proposta un progetto di fattibilità completo di tutti gli elementi previsti per il PFTE dall’art. 41, comma 6, e dall’All. I.7, eccessivamente dettagliati e onerosi in tale fase, che potrebbe non avere alcun seguito, ove la proposta non risultasse di pubblico interesse”. In sostanza – dice Legacoop – “alcuni dati, indagini, studi e documenti ben possono essere integrati successivamente, ed in tale logica va letto il comma 2 dell’art. 193, il quale prevede che l’ente concedente possa chiedere al promotore di apportare modifiche al progetto di fattibilità, ai fini dell’approvazione della proposta. Anche sulla scorta dei principi di proporzionalità e di semplificazione, non pare corretto gravare inutilmente il promotore di attività ed oneri che potrebbero scoraggiarlo dall’assumere l’iniziativa“.
Le norme sui consorzi
Uno specifico della Legacoop – come ha sottolineato anche il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, al termine dell’incontro della cabina di regia sul correttivo al codice con gli stakeholder – è quello dei consorzi, per cui l’associazione chiede una serie di modifiche legislative, prevalentemente per ripristinare la disciplina “consolidata” del precedente codice. Quella attuale, notevolmente ridimensionata, lascia forti margini di incertezza interpretativa. Senza entrare nelle singole norme di dettaglio tecnico (servizi eseguiti da un consorzio di cooperative, requisiti dei consorzi di cooperative, indicazione della consorziata esecutrice, sostituzione della consorziata esecutrice, subappalti della consorziata) si può tuttavia rilevare come la contestazione di Legacoop di questo capitolo del codice parta già dal titolo dell’articolo 67 “Consorzi non necessari”. Forse perché anche questo fa pensare a un disegno, che per altro non si compie sul piano normativo, di un ridimensionamento della figura. “Sin da subito – dice il documento – non è stato chiaro il significato di tale dicitura, anche se si pensa che i consorzi di società cooperative hanno la funzione e lo scopo mutualistico di promuovere la crescita e lo sviluppo delle numerose imprese socie operanti nel settore dei lavori e dei servizi pubblici, rafforzano la loro capacità di competere sul mercato mettendo a loro disposizione gli importanti requisiti economico-finanziari e tecnico organizzativi maturati dal Consorzio che assume il ruolo di strumento di garanzia, anche nei confronti del Committente, favorendo il principio di una più ampia partecipazione delle piccole medio imprese alle iniziative di affidamento dei contratti pubblici. Analoga funzione è riconosciuta anche ai consorzi tra imprese artigiane e, in maniera differente, ai consorzi stabili”. Pertanto, è la valutazione, “la dicitura ‘non necessari’ appare infelice: se è stata pensata per differenziare i consorzi disciplinati dall’art. 67 dai consorzi ordinari, sarebbe stata preferibile la formulazione ‘consorzi non ordinari’. Altrimenti, si propone di sostituire la rubrica dell’art. 67 con “Requisiti per la partecipazione dei consorzi alle gare” oppure con “Consorzi fra società cooperative, consorzi tra imprese artigiane, consorzi stabili”.