Il labirinto oscuro dell'edilizia / 9
Il salva-Milano è salva-Italia nel tentativo di mettere fine alla disorganica evoluzione seguita al Dpr 380/2001
Il disegno di legge Salva Milano/Italia, recentemente approvato dalla Camera dei Deputati con 172 voti favorevoli e 41 contrari, rappresenta un intervento normativo di grande rilevanza per il settore edilizio e urbanistico della città di Milano ma anche di altre città italiane. Questo provvedimento mira a sbloccare oltre 150 cantieri che sono stati sequestrati dalla Procura di Milano per presunti abusi edilizi.
In questo articolo analizzeremo in dettaglio le motivazioni che sono alla base del disegno di legge e le sue implicazioni tecniche e normative.
IN SINTESI
Il disegno di legge nasce dall’esigenza di risolvere le problematiche emerse dalle numerose inchieste sugli abusi edilizi a Milano e in alcune città italiane. Tali inchieste hanno portato al sequestro di numerosi cantieri e alla sospensione dei lavori, creando un blocco significativo nel settore edilizio. Il provvedimento mira a fornire un quadro normativo chiaro e certo, che consenta di superare le ambiguità interpretative e di rilanciare lo sviluppo urbanistico della città, introducendo una serie di disposizioni aventi il carattere di interpretazione autentica di altre normative edilizie e urbanistiche.
Il disegno di legge 1987/2024 – Relazione illustrativa e Finalità. Art. 41-quinquies, L.1150/1942
Gli obiettivi indicati nella relazione illustrativa sono quelli di salvaguardare la pianificazione urbanistica generale dei comuni, nonché di dettare disposizioni in materia di ristrutturazione edilizia ricostruttiva in ambito di rigenerazione urbana.
L’articolo 41-quinquies, sesto comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, oggetto di interpretazione autentica ad opera del disegno di legge, individua i limiti di volumi e altezze delle costruzioni nell’ambito del territorio comunale: « Nei comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile, ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25, non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi alla intera zona e contenenti la disposizione planivolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa ».
La norma negli ultimi decenni ha fatto emergere una serie di contrasti interpretativi giurisprudenziali. In particolare, sono emerse due tesi:
- un primo orientamento ha ritenuto che tale norma dovesse essere interpretata in maniera restrittiva, con obbligo di piano attuativo esteso all’intera zona, anche nelle ipotesi di ricostruzione di fabbricati da eseguire in zone già urbanizzate;
- un secondo orientamento ha evidenziato invece che la disposizione prevede l’approvazione del piano particolareggiato o di lottizzazione solo in presenza di aree non urbanizzate, che quindi richiedono una pianificazione attuativa finalizzata a un loro armonico e ordinato sviluppo.
Anche la circolare del Ministero per i lavori pubblici 14 aprile 1969, n. 1501, emanata per fornire un supporto interpretativo ai fini dell’applicazione del citato articolo 41-quinquies, sesto comma, della legge n. 1150 del 1942 aderisce a questa seconda ipotesi interpretativa. Nonostante l’emanazione della circolare, i contrasti interpretativi non si sono fermati, con conseguente pregiudizio sulla pianificazione comunale.
Il disegno di legge 1987/2024 – Relazione illustrativa e Finalità. Art. 8 D.M. 1444/1968
L’articolo 8 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, invece, detta disposizioni in materia di limiti di altezza degli edifici tenendo conto della zona territoriale omogenea ove insistono gli stessi. Tali norme sono rivolte ai comuni, tenuti al rispetto delle medesime in occasione della formazione dei piani regolatori, al fine di consentire di definire le densità territoriali e fondiarie o le altezze sulla base della ricognizione e dell’analisi del territorio comunale.
Con riferimento ai limiti fissati dal citato decreto (densità, altezze, distanze), essi hanno efficacia vincolante anche verso il legislatore regionale, salvo quanto previsto dall’articolo 2-bis del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, costituendo princìpi fondamentali della materia. Alcune pronunce della Corte Costituzionale si sono succedete sul tema, creando anche un acceso dibattito in merito alla potestà legislativa delle regioni in materia di governo del territorio.
Le nuove competenze in materia di governo del territorio, assunte dalle regioni e dagli enti territoriali, e la circostanza che le norme citate sono alquanto datate hanno evidenziato la necessità di un chiarimento interpretativo finalizzato a tener conto dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale in tale materia.
Il disegno di legge 1987/2024 – Relazione illustrativa e Finalità. Art. 3 comma 1 lettera d) DPR 380/2001
Sono passati 23 anni dall’approvazione del Testo unico dell’edilizia, il decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001, e 21 anni da quando lo stesso è entrato ufficialmente in vigore: il 30 giugno 2003, con due anni di ritardo rispetto alla sua emanazione.
I primi anni di applicazione sono trascorsi in relativa calma, senza successive modificazioni legislative; è stata una fase di attuazione e di sedimentazione delle novità introdotte da un codice che raggruppava, per la prima volta in Italia, un corpus variegato di norme attinenti al mondo dell’edilizia e delle costruzioni. Precedentemente al Testo Unico tutte le norme di settore viaggiavano su binari distinti e nettamente separati, che a volte si incrociavano e si integravano tra loro.
Finalmente nel 2001 con l’approvazione del DPR 380 si raggiungeva l’auspicato coordinamento del settore delle costruzioni. Ma la relativa apparente calma è stata sostituita, a partire dal 2010, da una a volte schizofrenica e isterica proliferazione di norme che hanno sostituito, integrato, abrogato numerose norme de testo unico.
Siamo così arrivati alla interpretazione autentica del disegno di legge n. 1987, concernente gli interventi di edilizia ricostruttiva e di demoricostruzione in ambiti rigenerativi, tipologia di interventi che sono stati sostanzialmente modificati nel tempo, evidenziando un concetto di ristrutturazione in continua evoluzione.
A titolo esemplificativo si ricordano i maggiori interventi normativi operati a partire dal 2002:
- il decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301,
- il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98,
- il decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120,
- il decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 2022, n. 34,
- e, da ultimo, il decreto legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91,
senza tenere conto delle numerose leggi regionali che, anch’esse, hanno innovato la materia, determinando di fatto dubbi interpretativi che necessitano di urgenti chiarimenti.
Tale disorganica evoluzione ha iniziato ad incrinare la struttura della norma originaria con evidenti criticità, creando problematiche interpretative e applicative che hanno avuto inevitabili ripercussioni su tutti gli operatori del settore, generando una confusione ed una incertezza sulla natura giuridica degli interventi che sono sfociate nelle indagini della magistratura penale, amministrativa e contabile che ho ampiamente illustrato nel precedente articolo:
Liberalizzazioni sociali, semplificazioni procedimentali, bonus e superbonus fiscali e vari decreti emergenziali paradossalmente hanno accelerato negli ultimi anni il già “labile” equilibrio, destabilizzando la struttura complessiva della normativa inerente all’ edilizia ricostruttiva che il legislatore aveva creato nel 2001.
I funzionari degli uffici tecnici comunali, i tecnici liberi professionisti e tutti gli attori coinvolti nei procedimenti hanno incontrato notevoli difficoltà nel sbrogliare la matassa “intricata” sulla corretta applicazione di tale normativa. Le conseguenze sono evidenti a tutti, evidenti in particolare in un contesto socio-economico in via di sviluppo quale è la città di Milano degli ultimi anni.
Era necessario riformulare una nuova disciplina organica, facendo chiarezza di tutte le procedure edilizie che interessano, oggi più che mai, tutti i proprietari degli immobili.
La disciplina delle attività edilizie è stata oggetto negli ultimi anni di numerosi interventi da parte del legislatore. Si è trattato in prevalenza di modifiche puntuali alla disciplina, finalizzate alla liberalizzazione di talune fattispecie di intervento e all’introduzione di snellimenti procedimentali, che nel loro complesso hanno prodotto effetti tutt’altro che trascurabili, incidendo su molti princìpi cardine della disciplina.
Trattandosi in genere di provvedimenti di urgenza, finalizzati per lo più a stimolare l’iniziativa imprenditoriale nel settore dell’edilizia, duramente colpito dalla pesantissima crisi economica degli ultimi anni, le recenti riforme emergenziali hanno per molti aspetti destabilizzato l’impianto complessivo della disciplina, determinando notevoli problematiche interpretative ed applicative e rendendo ormai improcrastinabile l’esigenza di procedere ad un riordino ed aggiornamento complessivo e ad una ricomposizione organica di tutto il quadro delle disposizioni che regolano l’attività edilizia, non solo in funzione di una più efficace azione amministrativa, ma anche e soprattutto al fine di supportare i processi di pianificazione e gli investimenti prioritariamente orientati alla rigenerazione urbana e al contenimento del consumo di suolo.
È necessario inoltre che il riordino della disciplina affronti il tema del coordinamento con altre discipline strettamente correlate come, ad esempio, la riforma del testo unico dell’edilizia, una nuova ed adeguata riforma urbanistica e di governo del territorio che si interseca con la rigenerazione urbana ormai urgente, alla luce delle nuove politiche di riduzione del consumo del suolo e di riuso delle aree dismesse e degli edifici esistenti.
Il disegno di legge n. 1987/2024 – Proposta emendativa n. 1100 approvata dalla Camera.
Rispetto al testo originario proposto con il DL 1987, la Camera ha approvato il 21 novembre l’emendamento 1100 che propone la sostituzione dei commi da 1 a 6 originari con i seguenti:
Il primo comma dell’articolo 41- quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, viene interpretato nel senso che l’approvazione preventiva di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata non è obbligatoria nei casi di edificazione:
-
- di nuovi immobili su singoli lotti situati in ambiti edificati e urbanizzati,
- di sostituzione, previa demolizione, di edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati,
- di interventi su edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati
che determinino la creazione di altezze e volumi eccedenti i limiti massimi previsti dall’articolo 41- quinquies, primo comma, della legge n. 1150 del 1942, ferma restando l’osservanza della normativa tecnica per le costruzioni.
Invece il n. 2) dell’articolo 8 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, si interpreta nel senso che l’approvazione preventiva di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata non è obbligatoria nei casi di:
- edificazione di nuovi immobili su singoli lotti situati in ambiti edificati e urbanizzati,
- di sostituzione, previa demolizione, di edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati,
- di interventi su edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati
che determinino la creazione di altezze eccedenti l’altezza degli edifici preesistenti e circostanti, ove ciò non contrasti:
- con un interesse pubblico concreto e attuale al rispetto dei predetti limiti di altezza, accertato dall’amministrazione competente con provvedimento motivato, o comunque ove ciò sia previsto dagli strumenti urbanistici, e fermi restando l’osservanza della normativa tecnica per le costruzioni nonché il rispetto dei limiti di densità fondiaria di cui all’articolo 7 del medesimo decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.
Restano fermi:
- il rispetto dei parametri di adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici, sulla base della legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali,
- nonché il rispetto, limitatamente agli interventi di nuova costruzione, della distanza minima tra fabbricati, derogabile tra fabbricati inseriti all’interno di piani attuativi e di ambiti con previsioni planivolumetriche oggetto di convenzionamento unitario.
Infine, la terza norma di interpretazione del disegno di legge c 1987 approvata alla camera il 21 novembre chiarisce che:
“A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, la lettera d) del comma 1 dell’articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, fermo restando quanto disposto dal sesto periodo della medesima lettera d), si interpreta nel senso che rientrano tra gli interventi di ristrutturazione edilizia gli interventi di totale o parziale demolizione e ricostruzione che portino alla realizzazione, all’interno del medesimo lotto di intervento, di organismi edilizi che presentino sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche anche integralmente differenti da quelli originari, purché rispettino le:
- procedure abilitative
- e il vincolo volumetrico previsti dalla legislazione regionale o dagli strumenti urbanistici comunali.
Anche in questo caso resta fermo il rispetto dei parametri di adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici sulla base della legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali.
L’emendamento conclude ricordando che sono fatti salvi gli effetti dei provvedimenti attinenti ai procedimenti non più impugnabili ovvero confermati in via definitiva in sede giurisdizionale alla data di entrata in vigore della legge.
Attendiamo anche il voto del Senato e vedremo in che modo il DDL 1987 verrà approvato definitivamente. Successivamente, nei prossimi articoli, andremo ad analizzare concretamente le procedure applicative.