la revisione del codice appalti
La guida al correttivo articolo per articolo, con il contenuto della norma e le nostre pagelle. I primi 13 articoli
Soluzioni equilibrate per l’equo compenso (articolo 9) e per il mezzo rinvio dell’obbligo di Bim, limitato alle opere sopra i due milioni (articolo 10). Brillante la soluzione dello sdoppiamento del PFTE che si fa pesante per gli appalti integrati con le linee guida del Consiglio superiore dei lavori pubblici (articolo 11) e leggero per le proposte del promotore in Ppp (allegato I.7, articolo 6-bis). Aggiustamento sulla progettazione (c’è più Bim) ma ancora il quadro non è completo e manca l’adeguamento dei corrispettivi. Male sul contratto prevalente (articolo 1), con il mantenimento dei contratti a “tutele analoghe”: resta tutto com’è, le nuove linee guida non saranno la soluzione ai problemi che la norma crea. Più attenzione per l’interoperabilità delle banche dati (articoli 5 e 6), richiesti standard europei alle PAD (articolo 7). Incentivi anche al personale non dipendente (articolo 12). Rafforzati i poteri ministeriali nella fase autorizzativa (articolo 8). Possibile riconferma dell’appaltatore o del concessionario con prestazioni di qualità (articolo 13): norma pro-concorrenza o trappola?
IN SINTESI
Articolo 1: non cambia l’articolo 11 sul contratto prevalente
Lo schema di decreto approvato dal Consiglio dei ministri si apre affrontando subito, all’articolo 1, uno dei fronti di maggiore tensione di questi mesi passati, l’articolo 11 del codice 36, dedicato alle tutele lavoristiche e al contratto da applicare nell’esecuzione dell’appalto. Si parte subito con un intervento ispirato alla linea “minimalista” di Salvini: l’impianto dell’articolo non cambia, resta lo stesso, con la previsione del comma 1 di un contratto “prevalente” stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro “comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” e la possibilità prevista dal comma 3 di applicare un “differente contratto collettivo” purché “garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente”. Possibilità, va ricordato, duramente criticata da stazioni appaltanti, imprese e sindacati più rappresentativi che hanno sommerso il Mit di osservazioni su questa norma. Lo schema di decreto prevede soltanto, in risposta a questo disorientamento, il nuovo Allegato I.01 che dovrà contenere “linee guida per consentire alle stazioni appaltanti di individuare correttamente il contratto applicabile e per calcolare l’equipollenza delle tutele in caso di ricorso ad un diverso contratto”. Soluzione di buona volontà? Cerchiobottismo? O forse, sullo sfondo, resta il sospetto che quello di Salvini sia un tentativo di stampo liberista di rompere i monopoli contrattuali e sindacali. Molto difficile comunque che risulti una soluzione adeguata a risolvere i problemi che crea.
Voto: 4
Articolo 2: più trasparenza negli affidamenti diretti
L’articolo 2 introduce obblighi di maggiore trasparenza per stazioni appaltanti ed enti concedenti che scelgono, in base alle previsioni dei commi 2 e 3 dell’articolo 17, l’affidamento diretto. Due le novità: dopo la determina a contrarre e prima della conclusione della procedura di selezione SA ed EC dovranno pubblicare “i documenti iniziali di gara”; l’allegato I.3 (che detta i termini per le procedure di selezione) dovrà indicare “il termine massimo che deve intercorrere tra l’approvazione del progetto e la pubblicazione del bando di gara o l’invio degli inviti a offrire”. Non si toccano le soglie, ma qualche piccola garanzia nel senso della trasparenza c’è.
Voto: 7
Articolo 3: meno tempo per la stipula del contratto
L’articolo 3 riduce da 35 a 30 giorni il cosiddetto “termine dilatorio”, vale a dire il tempo minimo che deve intercorrere tra l’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione e la stipula del contratto. Leggera accelerazione apprezzabile, ma siamo sempre nell’ossessione dell’accorciamento dei tempi intercorrenti fra gara e contratto.
Voto: 6,5
Articolo 4: precisazione formale sulle PAD
Precisazione formale che le piattaforme di approvvigionamento digitale (PAD) non sono “delle” stazioni appaltanti, ma sono “utilizzate dalle” stazioni appaltanti. Presa d’atto della realtà, senza conseguenze.
Senza voto
Articolo 5: le SA potranno denunciare gli ostacoli alla interoperabilità
Nella previsione già esistente che anche i dati sugli affidamenti diretti a società in house siano trasmessi all’Anac si rafforza l’obiettivo di limitare l’azione dei monopoli locali, ricordando che queste comunicazioni avvengono “in funzione degli obiettivi di trasparenza di cui all’articolo 28”. Effetti pratici scarsi.
Significativo invece il secondo comma dell’articolo dove si dispone che anche le stazioni appaltanti, e non solo l’Anac, potranno denunciare all’Agid “casi in cui si omettano informazioni o attività necessarie a garantire l’interoperabilità dei dati”. Santa alleanza fra Anac e stazioni appaltanti nell’era della digitalizzazione, affinché gli altri enti pubblici che detengono i dati necessari per lo svolgimento delle procedure di appalto non facciano melina? Si tratta di capire se funziona. Contro le meline i poteri sanzionatori di cui all’articolo 18-bis del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005.
Voto: 7
Articolo 6: interoperabilità prioritaria rispetto alle regole della singola banca dati
Con una modifica all’articolo 24 del codice 36 si rafforza la priorità della regola dell’accesso per interoperabilità alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP) rispetto alle disposizioni di funzionamento delle singole banche dati che alimentano la BDNCP. Questo obiettivo di rafforzamento dell’obbligo delle singole banche dati di fornire i dati alla BDNCP avviene definendo la regola per l’accesso per interoperabilità come norma speciale nel settore degli appalti pubblici e, in caso di contrasto, prevalente rispetto alle altre. Utile a vincere ulteriori resistenze al trasferimento di dati, ma non decisiva.
Voto: 7
Articolo 7: le PAD dovranno dimostrare sistemi di gestione su standard internazionali
L’articolo 26 viene adeguato alla fase attuale, che non è più di impostazione o di avvio della digitalizzazione ma di implementazione e aggiustamento rispetto alle criticità emerse. Confermata la previsione che sia l’Agid a dettare, d’intesa con l’Anac e il Dipartimento per la trasformazione digitale di Palazzo Chigi, i requisiti tecnici delle piattaforme di approvvigionamento digitale (PAD), viene ribadito che sono quegli stessi soggetti a stabilire “le modalità di certificazione dei requisiti tecnici delle piattaforme di approvvigionamento digitale” sulla base dei criteri definiti e “la conformità di dette piattaforme a quanto disposto dall’articolo 22, comma 2”. Al tempo stesso, però, e questa è la novità, si esplicita che la certificazione dovrà “dimostrare, sulla base degli standard internazionali di settore, l’adeguatezza dei sistemi di gestione della qualità dell’organizzazione, nonché della sicurezza delle informazioni”. Senza questa condizione e senza requisiti e titoli la certificazione non potrà essere rilasciata.
Norma che accompagna la digitalizzazione nella nuova fase senza introdurre novità sostanziali.
Voto: 6,5
Articolo 8: Il Provveditorato potrà convocare la conferenza di servizi semplificata, in aiuto o sostituzione di enti territoriali “deboli”
In relazione alla conferenza di servizi semplificata prevista dal comma 3 dell’articolo 38, due le modifiche.
La prima si limita a disporre che la conferenza può essere convocata solo nei casi diversi da quelli in cui sia stata già “accertata la conformità del progetto di fattibilità tecnica ed economica alla pianificazione urbanistica e alla regolamentazione edilizia” dal Mit o dalla Regione competente. Non è chiarissima la ratio, forse si vuole evitare di riaprire partite già chiuse o si vuole dare più spazio alla possibilità di esercizio dei poteri ministeriali, ma gli effetti saranno limitati.
La seconda norma dispone invece una novità effettiva, che il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche può agire quale amministrazione procedente, previa stipula di un accordo (ai sensi dell’articolo 15 della legge 241/1990) con una pubblica amministrazione, salvo nei casi in cui sia previsto dalle norme che lo stesso Provveditorato esprima un parere sull’opera.
Le altre modifiche dell’articolo sono conseguenziali alla nuova possibilità che l’amministrazione procedente sia il Provveditorato, quindi, diversa dalla stazione appaltante.
Una possibilità utile soprattutto quando la stazione appaltante non abbia una forza “politica” adeguata per “lanciare” un’opera e ottenere il consenso sul territorio oppure in caso di opere localizzate in comuni che abbiano delegato le funzioni di stazione appaltante (per esempio perché non qualificati).
Complessivamente un rafforzamento del ministero delle Infrastrutture.
Voto: 7
Articolo 9: più regole per il Bim, stretta sui progettisti esterni, equo compenso come frenata sui ribassi
L’articolo 9 corregge e precisa i contenuti dei due livelli di progettazione, aggiungendo alcune norme specifiche per i progetti in Bim. Ne esce un quadro più chiaro, ma non ancora completo.
Il primo comma, lettera a), prevede che quando sono adottati metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, la nuova figura del coordinatore dei flussi informativi redige il capitolato informativo del documento di indirizzo della progettazione.
La lettera b precisa, con un comma aggiuntivo al comma 5 dell’articolo 41 del codice, che gli appalti di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria possono essere realizzati senza progetto esecutivo e affidati sulla base di un PFTE semplificato (solo gli elaborati di cui all’articolo 6, comma 8-bis dell’Allegato I.7), salvo che non sia previsto rinnovo o la sostituzione di parti strutturali delle opere o di impianti. Nessuna novità, solo un quadro più chiaro e coerente.
Viene aggiunta una lettera al comma 6 dell’articolo 41 sui contenuti del PFTE dispone che “nei casi di adozione di metodi e strumenti di gestione informativa digitale”, il PFTE “recepisce i requisiti informativi sviluppati per il perseguimento degli obiettivi di livello progettuale e definiti nel capitolato informativo allegato al documento di indirizzo della progettazione”.
Anche le norme sui contenuti del progetto esecutivo (comma 8 dell’articolo 41) sono integrati con la previsione dei casi in cui si utilizza il Bim. In particolare alla lettera c) si dispone che “se sono utilizzati metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni”, il progetto esecutivo “sviluppa un approfondimento del contenuto informativo in coerenza con gli obiettivi del relativo livello di progettazione rispondente a quanto specificato nel capitolato informativo”.
Un’altra norma significativa dell’articolo è quella che introduce, con un comma aggiuntivo al comma 8 dell’articolo 41, una stretta sugli errori dei progettisti esterni, prevedendo anzitutto che i contratti di progettazione affidati a esterni alla Pa debbano prevedere “in clausole espresse le prestazioni del progettista per errori o omissioni nella progettazione che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione”. Inoltre, in questi contratti sono considerate nulle le clausole che limitino le responsabilità del progettista per errori o omissioni che pregiudichino la realizzazione dell’opera o la sua futura utilizzazione.
Norma sacrosanta se prelude a un generalizzato atteggiamento di verifica e controllo dei progetti, a condizione che non nasconda il solito pregiudizio verso professionisti, studi e società di ingegneria esterni alla Pa e un’indiretta spinta a realizzare le progettazioni dentro la Pa.
Il comma 8 prevede che le tabelle del ministero del Lavoro che dovranno individuare il costo del lavoro per il singolo contratto di lavoro applicabile agli appalti di lavori, servizi e forniture, dovranno riportare il “costo medio” (in luogo del generico “costo”). Costo medio anche per i contratti dei settori merceologici “più affini” che vengono individuati in assenza di un contratto di lavoro applicabile all’appalto. I prezzari dovranno essere aggiornati “annualmente”.
Nell’individuazione del contratto prevalente in quanto stipulato dalle associazioni di datori di lavoro più rappresentative bisognerà tenere “conto della dimensione o natura giuridica delle imprese”. Questa è una novità rilevante che rischia di introdurre ulteriori difficoltà interpretative nell’individuazione del contratto prevalente ed è un altro chiaro segnale nel senso della rottura del criterio di applicazione di un solo contratto prevalente. In tema di lavoro, Salvini e il governo sono liberisti.
In questo articolo 8 è stata inserita anche la norma che consente di recepire di fatto l’equo compenso senza mai citare la legge 49/2023 e senza sospendere le norme Ue che vogliono sia svolta una competizione effettiva per l’affidamento degli appalti sopra soglia. Il meccanismo è ben descritto nell’articolo a firma di Niccolò Grassi che pubblichiamo sul Diario dei nuovi appalti (si può leggere qui).
Giudizio. Era uno degli articoli più complessi e difficili da scrivere e il correttivo se l’è cavata complessivamente bene. L’introduzione dell’equo compenso ha prodotto quasi esclusivamente reazioni di consenso, che è un miracolo, anche se poi tutti si appellano a una verifica sul campo dell’applicazione delle norme. Resta il tema grave e irrisolto dell’adeguamento dei parametri per i corrispettivi di progettazione contenuti nell’allegato I.13 (ex decreto parametri).
Voto: 7
Articolo 10: Mezzo rinvio per il Bim, obbligo di progetti digitali sopra due milioni (non uno)
La norma che diffonde l’obbligo di adottare progetti con il Bim non ha subito il rinvio che molti si aspettavano, visto l’impreparazione largamente diffusa fra le stazioni appaltanti. Si è decisa la strada di ridurre a un quarto le opere interessate, abbassando la soglia dagli attuali 5,5 milioni della soglia Ue a due milioni anziché a un milione previsto dal codice originario. Può sembrare strano ma in quella fascia di importi fra uno e due milioni – che ora viene esentata – si attesta il 75% circa delle opere che avrebbero dovuto adottare il Bim.
Il mezzo rinvio è una sensata soluzione di compromesso che non interrompe i processi in atto di digitalizzazione.
Voto: 7,5
Articolo 11: un PFTE più pesante per il contratto integrato, uno più leggero per il PPP
Il PFTE si fa in tre. Oltre alle norme ordinarie se ne prevedono infatti una versione pesante per l’appalto integrato e una leggera (ma viene chiamato preliminare, non PFTE) per la proposta del promotore nel Ppp (articolo 6-bis nell’allegato I.7).
In particolare, l’articolo 11 del correttivo introduce, alla fine del primo comma dell’articolo 44 del codice, la previsione di linee guida del Consiglio superiore dei lavori pubblici per definire “gli indirizzi tecnici per lo sviluppo del progetto di fattibilità tecnica ed economica da porre a base di gara per l’affidamento del contratto di progettazione esecutiva e di esecuzione dei lavori.”
Norma proposta da tempo dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, fondamentale per dare contenuti diversi al PFTE a seconda delle esigenze. Ora dovrà essere il Consiglio all’altezza della sfida.
Voto: 9
Articolo 12: Gli incentivi potranno andare anche al personale non dipendente, più pesanti con il Bim
L’articolo 45 del codice viene rivisto per consentire l’erogazione degli incentivi per le funzioni tecniche anche al personale non dipendente. Il limite complessivo posto dal codice 36 al totale degli incentivi, che non può essere superiore al trattamento complessivo lordo annuo percepito, viene aggirato nel caso di progettazioni in Bim, consentendo un aumento del 15% rispetto al limite come precedentemente calcolato.
Positivo che l’incentivo vada in misura maggiore al personale che presenti maggiore professionalizzazione e che sia assegnato anche a figure precedentemente escluse nonostante svolgano lavoro professionale nell’ambito degli appalti.
Voto: 7
Articolo 13: Per riaffidare un contratto il contraente uscente servono prestazioni di qualità
Viene introdotto un secondo criterio di valutazione, la qualità della prestazione, oltre alla accurata esecuzione del contratto già prevista, per decidere di reinvitare in gara o di riaffidare direttamente un contratto di appalto al contraente (sia di appalto che di concessione) uscente. Restano, sia pure riscritti in maniera più ordinata, i paletti della “struttura del mercato” e della “effettiva assenza di alternative” per procedere in deroga al principio della rotazione degli incarichi. Dovrebbe essere una norma che tendenzialmente dovrebbe ridurre le spinte anticoncorrenziali, aumentando i paletti contro la continuità di appaltatore/concessionario (e così sarà venduta a Bruxelles), ma presenta un significato ambivalente, nel senso che potrebbe essere pure interpretata da enti appaltanti o concedenti come la legittimazione alla riconferma con la motivazione che il contraente ha operato bene.
Voto: 6,5