La RELAZIONE DELL'ART/2

Nella coda Pnrr e nella riforma degli investimenti Fs l’ultimo salto del “politico” Zaccheo, regolatore aperto al dialogo, mai sul piedistallo. Tanti terreni conquistati all’ART, anche Salvini collabora. L’allarme della Direttissima

17 Set 2025 di Giorgio Santilli

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Nella coda Pnrr e nella riforma degli investimenti Fs l’ultimo salto del “politico” Zaccheo, regolatore aperto al dialogo, mai sul piedistallo. Tanti terreni conquistati all’ART, anche Salvini collabora. L’allarme della Direttissima

NICOLA ZACCHEO ART

Nicola Zaccheo, presidente ART

C’è un passaggio particolarmente interessante della Relazione annuale dell’Autorità di regolazione dei trasporti per capirne le prospettive dopo il quinquennio galoppante della presidenza Zaccheo. Si trova all’inizio del capitolo 2, dove la Relazione descrive – con un linguaggio molto concreto che enumera funzioni, competenze, poteri – la crescita di ruolo dell’Autorità di questi anni e scruta l’orizzonte dei prossimi mesi. “Inoltre – afferma la Relazione – l’Autorità sta procedendo all’analisi del grado di connettività dei territori al fine di rilanciare le aree insufficientemente collegate, per il tramite della modalità ferroviaria e aerea, con il resto del Paese e, in particolare, con la Capitale”.

Chi ha seguito Zaccheo in questa evoluzione sa che il suo pallino, fin dall’insediamento nell’ottobre 2020, è sempre stato quello dell’analisi economica degli investimenti a fini “certificativi”. La straordinaria espansione dei poteri regolatori in campo autostradale, prodotta dalla riforma del luglio 2024 voluta dall’Unione europea con il Pnrr e con la legge sulla concorrenza, racconta bene come il disegno del presidente ART non sia mai solo formale, giuridico-legale, ma punti piuttosto a entrare nell’attività di verifica degli investimenti. Zaccheo sa fin troppo bene che il problema dell’Italia è quello di avere piani di investimenti che abbiano davvero una ricaduta sugli utenti e sull’efficienza del sistema, tralasciando tutto ciò che è superfluo o risponde ad altri interessi. Nel caso autostradale la leva che legittima l’azione dell’ART è la regolazione tariffaria, il fatto che gli investimenti siano finanziati dalla tariffa, ma l’ART ci vuole guardare dentro per capire se rispondono a un disegno di sistema. Vuole capire che cosa gli utenti stanno pagando.

Le tre cose – l’analisi sulle aree carenti di connettività di cui parla la relazione, il “pallino” di Zaccheo sull’analisi degli investimenti e la nuova regolazione autostradale – si intrecciano magicamente se andiamo a vedere cosa riservano per l’ART la coda finale del Pnrr e la riforma della programmazione degli investimenti ferroviari, già inserita nel Pnrr dall’ultima revisione approvata a luglio. L’Unione europea vuole smontare e rottamare le vecchie, orribili procedure di programmazione ferroviaria del contratto di programma fra RFI e MIT, labirinti creati ad arte proprio per non fare capire a nessuno cosa sia finanziato e cosa non lo sia, perché sia finanziata una certa opera e a chi conviene, come si colleghi ad altre opere, quanto sia finanziato di un’opera e cosa non lo sia, come intervengano i vari stralci del contratto.  Una casa buia che è l’opposto del concetto di trasparenza.

Il disegno di legge attuativo di quel target Pnrr è pronto al MIT e per ora è riservato. Pochi ne conoscono i contenuti, ma certo è che ancora una volta la commissione Ue chiede che sia l’ART a valutare target e milestones imposti ora anche ai programmi di Fs. Si passa a una programmazione “modello PNRR” con un ruolo crescente dell’ART nella valutazione degli investimenti e nella verifica del rispetto degli obiettivi che vengono imposti al gestore della rete: detto con un po’ di approssimazione, l’Autorità si mette addosso gli abiti che nel Pnrr sono stati della commissione Ue. O, quanto meno, diventa una sorta di braccio operativo della commissione Ue.

Sul rapporto con la commissione Ue Zaccheo ha costruito gran parte della crescita della sfera di competenza dell’ART e il Pnrr è stato ovviamente il propulsore, il turbo di questa costruzione. La vicenda dell’approvazione della nuova regolazione autostradale – con una riforma che è stata fatta digerire a Salvini sullo schema costruito dall’ART, non su quello originario del ministro – e quella in arrivo per gli investimenti ferroviari danno il senso del vero peso dell’attuale ART. Se si scorrono le competenze regolatorie aggiuntive, elencate nella Relazione annuale, si dirà che il fenomeno da segnalare è la crescita del peso della regolazione in un sistema, quello italiano, che ha sempre digerito malissimo la regolazione, schiacciato come è sempre stato fra una politica che non vuole lacci e grandi gruppi pubblici abituati a fare il bello e il cattivo tempo. Forse è così: assistiamo a una legittima crescita del peso della regolazione. Ma la riforma degli investimenti Fs ci dirà se invece l’Autorità abbia via via acquisito un ruolo “politico” in un gioco del tutto nuovo creato dal Pnrr: il gioco di dare manforte alla politica per aiutarla ad andare nella direzione dell’efficienza richiesta con molta forza dall’Unione europea. Che, in questi anni, non lo dimentichiamo, ha pagato il conto.

Zaccheo, che ha un carattere determinato ma un po’ sornione, per niente incline a salire sul piedistallo da cui far calare la regolazione dall’alto verso il basso, ma sempre pronto a dialogare con tutti e perfino ad accettare che nelle cose umane – anche quelle regolatorie – siano sempre possibili dei compromessi, purché siano buoni compromessi, smentirà seccamente la versione di un’ART politica, di uno Zaccheo politico. E fa bene perché questa lettura non va intesa nel senso di “sostituirsi” alla politica. Ma piuttosto di dare alla politica strumenti e contenuti per affermare una visione “efficiente”. Sulle gare del servizio di bus, sulle licenze ai taxi, sul confronto duro con RFI sull’accessibilità degli operatori ferroviari alla rete AV, sui pedaggi autostradali, sui porti che non riconoscono la sua autorità, Zaccheo ha sempre appostato il proprio punto di vista spingendosi fin dove poteva e aspettando che il tempo facesse la sua parte. “Non possiamo imporre agli enti locali di assegnare più licenze di taxi – ha detto ieri – perché il nostro compito è indicare i fabbisogni ai comuni e determinare il contributo dell’indennizzo dovuto ai soggetti già titolari di licenze. La nostra azione, sempre avallata dalle decisioni dei Tar, ha comunque determinato una riduzione di tale importo rispetto ai valori di mercato, con effetti positivi sulla partecipazione alle procedure per le assegnazioni delle nuove licenze”.

Che si sia creato un nuovo rapporto – quasi un’alleanza – fra regolazione e politica si è accorto anche Salvini che ieri ha commento la relazione di Zaccheo con parole estremamente significative, sorprendenti rispetto al passato.  “Con l’Autorità dei trasporti – ha detto il ministro – stiamo combattendo la stessa battaglia, abbiamo un piano di investimenti da 204 miliardi da accompagnare”. E poi:  “C’è con l’Authority un ottimo rapporto di collaborazione, che è fondamentale. Ci sono aspetti su cui è doveroso continuare a lavorare insieme”. Un modo per battezzare la nuova alleanza? Forse. O più probabilmente la consapevolezza che – dopo la batosta della riforma autostradale e con la riforma degli investimenti ferroviari in arrivo – davvero per il ministero delle Infrastrutture diventa fondamentale avere un buon rapporto con l’Autorità.

Tutto bene, dunque, per il lanciatissimo Zaccheo?

Non proprio. Il campanello d’allarme suona con la vicenda del ripristino del divieto ai treni lenti (sotto i 200 lm/h) di transitare sulla Direttissima Roma-Firenze (si legga l’articolo di Cristina Carlini sulla Relazione). L’Autorità aveva deliberato che le deroghe a quel divieto dovessero cessare già dal 2026 per ridurre le inefficienze da saturazione della rete AV. Ma ci sono casi – soprattutto se di mezzo c’è un consenso diffuso come quello dei pendolari – in cui la politica non ci pensa proprio a difendere l’efficienza di sistema. Si riduce così fino ad azzerarsi l’area in cui politica e regolatore economico possono incontrarsi per trrovare soluzioni gradite a entrambi. Zaccheo ha dovuto fare marcia indietro, anche se ora cerca di far passare l’idea di una deroga limitata nel tempo e di un compromesso accettabile. Può darsi che alla fine vinca ancora lui, c’è tempo per capire come finisce, ma una deroga totale per il 2026 e un’altra parziale per il 2027 non è certo un successo. La regola ristabilita dal 2028: non è un compromesso accettabile. Semmai, può rivelarsi la crepa che segnala il sentiero stretto e l’estrema fragilità di quella santa alleanza.

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