RAPPORTO DEL SERVIZIO STUDI DELLA CAMERA CON CRESME E ANAC
L’81% di infrastrutture strategiche Pnrr è già in CANTIERE (le opere Pnc-Fsc ferme al 19%)
La quota delle opere Pnrr sale al 98% se si considerano anche opere in gara, aggiudicate e prossime all’avvio dei lavori. Le opere inserite nel Pnrr valgono 48 miliardi in termini di costo, ma sono finanziate dal Piano per 27.761 milioni contro 19,3 miliardi finanziati con altre risorse. Le opere del Pnc hanno un costo di 28,5 miliardi e sono finanziate direttamente per 16.242 milioni e indirettamente da altre risorse nazionali per 12,2 miliardi. Ci sono poi 6,3 miliardi di risorse finanziate con anticipazioni del Fsc del Mit. Al Sud le opere Pnrr in cantiere sono solo il 69% contro l’88% del centro-nord.
Il Pnrr dà segni di accelerazione, soprattutto nel capitolo pulsante delle infrastrutture. Le opere strategiche (non è un aggettivo usato a discrezione, ma una classificazione fatta dalla programmazione nazionale) inserite nel Pnrr sono state finanziate con 27,8 miliardi ma ne costano 48 (19,3 miliardi arrivano da altre risorse nazionali e un miliardo è ancora scoperto): l’81% di queste opere è già in cantiere e la quota cresce al 98% se si considerano anche i lavori in gara, aggiudicati o prossimi all’avvio.
Le infrastrutture strategiche finanziate con il Piano nazionale complementare, il fratello più piccolo del Pnrr, ma svincolato dalla ferrea tempista europea, valgono come investimento complessivo 28.497 milioni, di cui 16.242 finanziati direttamente dal Piano e il resto con varie risorse nazionali. Ci sono poi opere strategiche finanziate per 6,3 miliardi con le anticipazioni del Fsc destinato al Mit. Se si considerano insieme le opere Pnc e Fsc, sono in cantiere solo il 19% del totale. Mettendo tutto insieme, come nella seconda colonna del grafico che segue, la percentuale di opere in cantiere scende al 55%. Il 25% delle opere è ancora al primo stadio della progettazione.

Di questo grafico sono interessanti anche la terza e quarta colonna. Qui torniamo ai soli investimenti inseriti nel Pnrr. Il grafico ci mostra che le opere localizzate nel centro-nord aumentano la quota del “cantierato” all’88% contro l’81% nazionale, mentre le opere localizzate nel Mezzogiorno si fermano al 69%. Non è un dato basso, ma riflette comunque la difficoltà che c’è stata nel Sud a individuare interventi papabili per il Pnrr prima e a portarli in avanzamento poi.
Il dato sul Piano nazionale complementare è estremamente significativo perché il cosiddetto “decreto legge Pnrr 4” dello scorso aprile ha previsto una sere di esami serratissimi per le opere Pnc arrivando all’esclusione dai finanziamenti nel caso in cui a ottobre non fossero state già appaltate. Poi i tempi sono stati leggermente dilatati e anche la partenza di Fitto per Bruxelles rallenterà il processo, ma i dati del Rapporto Camera-Cresme-Anac ci dicono che la stragrande maggioranza di quelle opere è ancora in fortissimo ritardo. Una conferma dovrebbe arrivare dalla prossima relazione della Ragioneria generale sullo stato di avanzamento del Pnc.
Una riflessione va fatta anche sugli importi totali. Come detto, il complesso delle opere messe sotto osservazione (Pnrr-Pnc-Fsc) vale 82,8 miliardi con una crescita di nove miliardi rispetto ai costi di agosto (in buona parte per l’aggiornamento dei costi intervenuti rispetto all’inizio della progettazione degli interventi). Il rapporto, però, rivela anche “un perimetro di interventi dal costo di 132,726 miliardi al 31 agosto”.
In questi 50 miliardi di differenza fra opere che gravitavano un anno fa nel perimetro largo della programmazione Pnrr-Pnc-Fsc e il conto puntuale dei costi delle opere che al momento sono effettivamente inseriti nei piani giocano un ruolo la riprogrammazione del Pnrr avvenuta l’8 dicembre 2023, ma anche un’infinità di spostamenti di interventi e risorse, di finanziamenti e definanziamenti e dirottamenti verso altri fondi fra i programmi europei e quelli nazionali. Una infinita “tela di Penelope” che non va considerata ancora conclusa – lo stesso Raffaele Fitto aveva annunciato una possibile ulteriore revisione del Pnrr – e che risponde alla logica di inserire nel Pnrr le opere con un maggior livello di fattibilità, per arrivare puntuali alla scadenza del 2026, che martedì von der Leyen ha ribadito, utilizzando anche come polmoni alternativi le risorse nazionali di altri piani e fondi. Spiega in sintesi il direttore del Cresme, Lorenzo Bellicini: “è stata fatta una scelta di riallocazione di risorse in funzione della capacità realizzativa e il dato del 98% di opere Pnrr in cantiere o quasi dice chiaramente che fin qui la scelta fatta ha colto il risultato che si prefiggeva”.