IL DECRETO OMNIBUS ECONOMIA

Il Senato ponga fine all’illogica e pericolosa esclusione di 5mila opere FOI dalle compensazioni degli extracosti

Se si segue il groviglio delle norme sovrapposte e spesso contraddittorie che si sono susseguite dal 2022 per far fronte agli aumenti di costi che hanno rischiato di paralizzare i cantieri Pnrr e non-Pnrr non si riuscirà a capire l’ultimo nodo che resta da risolvere per garantire equità, equilibrio economico e una conclusione dei lavori senza scossoni: l’esclusione delle opere finanziate inizialmente con il “Fondo per l’avvio di opere indifferibili” (FOI) – che agiva sull’aggiornamento dei prezzi nella fase di gara – da qualunque meccanismo compensativo in fase di esecuzione.

Il Parlamento e il Governo (soprattutto il Mef), in più occasioni chiamati a legiferare sulla questione, hanno sempre opposto un rifiuto a una soluzione definitiva del problema, sottovalutando la questione e preferendo trincerarsi dietro una norma che è stata interpretata (illogicamente) come un divieto assoluto.

Meglio allora tentare adesso – prima che la questione torni in settimana al Senato – un ragionamento semplificato, rafforzato da qualche numero, per arrivare al punto. E il numero che conta è 5.000: tanti sono – secondo Ance – ancora i cantieri interessati da questa esclusione, per un investimento totale di 22 miliardi (rispetto a un numero iniziale di 7.821 opere finanziate con il FOI per 41,2 miliardi di investimento). Non proprio noccioline.

Ma torniamo al nostro ragionamento.

21 Lug 2025 di Giorgio Santilli

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L’intervento fatto con il FOI, sulla base di una norma approvata nel maggio 2022 dal governo Draghi (DL 50/2022, art. 26, c. 7), nulla ha a che fare con il meccanismo di revisione prezzi previsto dal codice 36/2023 né con altre forme di compensazione (contenute nello stesso decreto 50/2022 o approvate successivamente) che agiscono nella fase di esecuzione del contratto e coprono una parte degli aumenti di costo verificatisi nelle lavorazioni rispetto ai prezzi fissati da un contratto di appalto già firmato.

Il FOI è intervenuto in un momento particolare e, a suo modo, drammatico, quando, nel 2022, c’era da mandare rapidamente in gara e appaltare centinaia di opere urgentissime programmate dal Pnrr. Le stazioni appaltanti – soprattutto RFI – si trovarono in una situazione unica: avevano una valanga di progetti pronti per l’appalto che presentavano, però, quadri economici improvvisamente invecchiati, con costi ormai irrealistici, del 20-30-40% più alti di quanto dicessero i prezzi che avevano contribuito a formare l’importo a base d’asta.

La reazione di RFI, in quell’inizio del 2022 guidata da Vera Fiorani, fu prontissima e di fatto salvò il Pnrr. Il governo ci mise un paio di mesi a mettere a fuoco la necessità di sostenere l’aggiornamento di quei quadri economici, poi però intervenne rapidamente per evitare che le gare andassero deserte. Chi avrebbe fatto un’offerta nel pieno di una tempesta come quella partendo da prezzi più bassi del 30%?

Vale la pena ripetere il concetto: la prontezza di reazione di RFI e di altre stazioni appaltanti fu decisiva per evitare il deragliamento totale del Pnrr. In particolare della missione 3 sulla mobilità sostenibile. Il Governo a quel punto intervenne con il DL Aiuti (50/2022) che è entrato in vigore il 18 maggio e prevedeva due strumenti eccezionali: 1) istituiva il FOI per adeguare immediatamente, in corsa, come RFI chiedeva, i quadri economici delle opere e consentire di svolgere le gare, aggiudicarle e partire con gli appalti; 2) disponeva un aggiornamento straordinario di tutti i prezziari nel 2022 per evitare che il problema si ripetesse con le opere che ancora non avevano pubblicato il bando di gara. In questo modo creò le condizioni per un livellamento fisiologico dei prezzi di partenza tra le opere che avevano già un bando precedente (e lo avevano adeguato con il FOI) e le opere che il bando lo avrebbero pubblicato uno, due, sei mesi dopo con i prezziari aggiornati.

Bene le stazioni appaltanti, bene il governo: reazione degna di un Paese efficiente, il Pnrr era salvo.

Cosa è successo poi?

Oltre al FOI sono stati messi a punto vari strumenti straordinari di compensazione degli extracosti – più volte modificati – prima che il nuovo codice degli appalti 36/2023, divenuto operativo il 1° luglio 2023, facesse partire un nuovo meccanismo fisiologico e ordinario di revisione prezzi per tutti gli appalti banditi da quella data. In realtà, l’articolo 60 del codice 36 non ha avuto applicazione – in quanto mancavano gli indici e al tempo stesso non era chiara l’interpretazione corretta di alcune norme essenziali  – finché il decreto correttivo (209/2024) non ha trovato una soluzione che ha risolto ogni dubbio.

Ma ancora più dell’articolo 60, il caos normativo si è creato proprio con i meccanismi straordinari di compensazione degli extracosti nella fase esecutiva.

Sempre il DL 50 (articolo 26, comma 6-bis) ha previsto, per esempio, una prima e rudimentale forma di compensazione in fase esecutiva attraverso l’applicazione agli stati di avanzamento delle opere di prezzi aggiornati contenuti nei nuovi prezziari. Dal raffronto fra vecchi e nuovi prezzi si calcolava la differenza di costo (che resta una compensazione esecutiva perché fa riferimento ai lavori realizzati, alle quantità di materiali o di energia consumate, ecc.).

Ma il comma successivo (6-ter) ha disposto che questo meccanismo si applicasse solo alle opere “che non abbiano accesso al Fondo di cui al comma 7”, il FOI, appunto. Da qui nasce la confusione fra un meccanismo pre-gara e un meccanismo post-gara. Mentre il FOI – esattamente come l’aggiornamento dei prezziari – rimetteva le cose in equilibrio prima della gara, della firma di un contratto, della fissazione di un prezzo di appalto sulla base dell’offerta dell’impresa vincitrice, gli altri meccanismi compensatori intervenivano DOPO la firma del contratto per compensare aumenti dei materiali e dell’energia intervenuti in  corso d’opera che avrebbero comunque fatto saltare l’equilibrio economico dell’appalto.

Inoltre, la scelta della comparazione fra prezziari diversi (ripetiamo: rudimentale meccanismo di compensazione degli extracosti in fase esecutiva) avrebbe potuto forse legittimare il divieto disposto dal comma 6-ter nella stretta fase contingente in cui quel meccanismo rudimentale si applicava, il 2022. Il ragionamento del legislatore è stato forse che un adeguamento dei prezziari c’era stato anche per le opere FOI e che quindi lo scarto non avrebbe potuto essere così elevato. Ragionamento che non ha avuto la finezza per capire che siamo di fronte a due strumenti diversi. Ma se la differenza di regime e la sperequazione tra opere FOI e non-FOI poteva ancora essere ammessa per quel frangente, il 2022, quindi un lasso di tempo breve, è assolutamente contro ogni logica che si sia trascinato per gli anni successivi, producendo un gap e una perdita cumulata nel tempo per le opere FOI che diviene devastante con una differenza di trattamento anche dell’ordine del 40-50%.

Le opere FOI restano al momento le uniche che sono state cantierate dal 2022 a oggi a essere totalmente prive di una “revisione prezzi” in fase di esecuzione.

Inevitabile che dal mantenimento di questa disparità deriveranno conseguenze molto serie che possono essere di due tipi: un contenzioso giurisdizionale pesantissimo e/o il rallentamento dei cantieri. Il 52% delle opere FOI sono ricomprese nella Missione 3 del Pnrr. Difficile dire che quota di queste opere sarà stralciata con la revisione definitiva del Pnrr che il governo presenterà a giorni a Bruxelles. La quota che non sarà stralciata peserà però come un macigno sul completamento del Piano, da qui a giugno 2026, proprio perché un rallentamento sarà inevitabile, se non si troverà una soluzione che ristabilisca una forma di equità con il resto delle opere in corso di realizzazione.

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