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Il salva-casa cambia passo ma lascia aperte tante criticità. Il futuro dell’edilizia passa dalla riforma del Testo unico

Con questo intervento Salvatore Di Bacco avvia su Diario Diac la sua rubrica settimanale “Il labirinto oscuro dell’edilizia” dedicata ai temi dell’attuazione del decreto salva-casa e della riforma del TU dell’edilizia. Di Bacco è coordinatore del comitato scientifico UNITEL, l’associazione nazionale dei tecnici degli enti locali. Uno dei massimi esperti della materia, invitato spesso in audizioni parlamentari, svolge un’intensa attività di partecipazione a seminari e corsi di formazione. L’obiettivo della rubrica è affrontare i temi di attualità nel mondo dell’edilizia e dell’urbanistica, con un approccio operativo, sistematico e pragmatico, con particolare riferimento alle procedure da seguire, ai procedimenti e ai percorsi da applicare, alle criticità che inevitabilmente emergeranno dall’attuazione delle normative. (g.sa.)

 

“Urgenza e indifferibilità” sono i termini e rappresentano il grido di aiuto di tutti gli attori coinvolti nel processo partecipato dell’edilizia e dell’urbanistica al fine di sollecitare una nuova riforma organica e strutturale del Testo unico dell’edilizia. Sono passati 23 anni dall’approvazione del Dpr 380 del 6 giugno 2001, e 21 da quando è entrato ufficialmente in vigore il 30 giugno 2003, con due anni di ritardo rispetto alla sua emanazione. I primi anni di applicazione sono trascorsi in relativa calma, senza successive modificazioni legislative;  in questa prima fase si sono sedimentate  le novità introdotte da un codice che riuniva, per la prima volta in Italia, un corpus variegato di norme attinenti il mondo dell’edilizia e delle costruzioni. Le norme di settore, precedenti all’emanazione del Testo unico, viaggiavano su binari distinti e separati, anche se a volte si integravano tra loro. Finalmente, nel 2001, dopo una lunga attesa, con il Dpr 380, si raggiungeva l’auspicato coordinamento del settore delle costruzioni.

Ma la relativa, e apparente, calma ha iniziato a essere sostituita e integrata, a partire dal 2010, da una schizofrenica e oserei dire “isterica” proliferazione di norme che, sostituivano, integravano, abrogavano i dettati legislativi del codice edilizio. La disciplina delle attività edilizie è stata oggetto negli ultimi anni di numerosi interventi da parte del legislatore; si è trattato in prevalenza di modifiche puntuali, finalizzate alla liberalizzazione di alcune tipologie di intervento e all’introduzione di semplificazioni e snellimenti procedimentali, che nel loro complesso hanno prodotto effetti tutt’altro che semplificatori, incidendo su molti princìpi cardine della disciplina e a volte aggravando i procedimenti.

 

08 Ott 2024 di Salvatore Di Bacco

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Trattandosi in genere di provvedimenti di urgenza, finalizzati per lo più a stimolare l’iniziativa imprenditoriale nel settore dell’edilizia, duramente colpito dalla pesantissima crisi economica degli ultimi anni, le recenti riforme emergenziali hanno per molti aspetti destabilizzato l’impianto complessivo della disciplina, determinando notevoli problematiche interpretative e applicative, rendendo ormai improcrastinabile l’esigenza di procedere a un riordino, a un aggiornamento complessivo e a una ricomposizione organica di tutto il quadro delle disposizioni che regolano l’attività edilizia, e non solo, in funzione di una più efficace azione amministrativa, ma anche e soprattutto per supportare i processi di pianificazione e gli investimenti,  prioritariamente orientati alla rigenerazione urbana e al contenimento del consumo di suolo.

Evoluzione disorganica e necessità di una riforma stabile verso un’edilizia sostenibile

Tale disorganica evoluzione ha portato a incrinare la struttura originaria e originariamente ben articolata del Testo unico, con evidenti e preoccupanti scricchiolii, i quali all’inizio hanno creato problematiche interpretative, applicative e procedimentali, e successivamente hanno portato un aumento esponenziale delle modifiche delle norme riparatorie, generando, inevitabilmente gravi ripercussioni su tutti gli operatori del settore, creando confusione e incertezza del quadro normativo che ha contribuito  all’aumentare dei contenziosi nelle varie sedi giudiziarie (da ultimo vedasi il caso Milano, che approfondiremo in dettaglio nelle prossime occasioni).

Liberalizzazioni sociali, semplificazioni procedimentali, bonus e superbonus fiscali, oltre ai vari decreti emergenziali, hanno paradossalmente accelerato in questi ultimi anni l’instabilità del già labile equilibrio, destabilizzando definitivamente la struttura complessiva della disciplina edilizia che il legislatore aveva creato nel 2001.

I funzionari tecnici comunali, applicatori principali di tali dettati semplificatori, hanno incontrato notevoli difficoltà, a volte insormontabili, per non dire insuperabili, sull’utilizzo della corretta applicazione procedimentale. Norme che, susseguitesi indiscriminatamente in questi ultimi anni hanno creato un disarmonico raccordo anche con la legislazione regionale concorrente.

La naturale conseguenza è stata quella di amplificare il divario e la tensione politico-sociale tra lo Stato, “diffusore”  di norme spesso contradditorie, e i liberi professionisti, i tecnici incaricati, le imprese, i cittadini con il relativo indotto economico-professionale.

E’ necessario riformulare una nuova disciplina organica e strutturale, al fine di superare tutti i nodi critici generati da tali sovrapposizioni degli ultimi anni, ma soprattutto facendo chiarezza sui procedimenti edilizi che interessano, oggi più che mai (in questo momento di bonus edilizi, fiscali e sanatorie), anche e soprattutto tutti noi cittadini italiani, proprietari del patrimonio immobiliare italiano.

È fondamentale, inoltre, che, il riordino della disciplina, affronti il tema del coordinamento con altre materie strettamente correlate, come, ad esempio, il codice dei beni culturali e del paesaggio, le norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi che incidono sui procedimenti edilizi e l’eliminazione delle disposizioni recanti profili più o meno evidenti in contrasto.

Il salva-casa al posto di una riforma del Testo unico dell’edilizia: una scelta strategica del MIT

L’introduzione del decreto salva-casa ha rappresentato una svolta significativa nella legislazione edilizia italiana. Questa misura legislativa è stata preferita dal Governo, e in particolare dal Ministero delle Infrastrutture, a una rimodulazione strutturale e organica del Testo unico dell’edilizia.

La scelta determinante di non attuare tale rimodulazione del Tu si è basata sulla considerazione che una riforma complessiva avrebbe richiesto tempi più lunghi e un processo legislativo più articolato, con il rischio di non rispondere tempestivamente alle esigenze immediate dei cittadini e degli operatori del settore che avevano necessità di superare alcune criticità della normativa nazionale, offrendo una risposta concreta e rapida a situazioni di stallo che affliggevano il mercato immobiliare.

Proveremo ad approfondire e ad esaminare nei prossimi articoli, quali sono le diverse ragioni politiche e strategiche che hanno portato alla decretazione d’urgenza del salva-casa, estraendole dalla relazione di accompagnamento allo stesso decreto, analizzandole e verificando se i procedimenti ivi previsti siano davvero applicabili in modo semplificato, evidenziandone le difficoltà e le criticità che gli operatori del settore affronteranno nei prossimi mesi di vigenza, al fine di trovare le soluzioni operative per attivare con certezza giuridica le procedure ivi indicate.

Le premesse del salva-casa e l’annuncio del ministro Salvini nel 2023

Il salva-casa è una misura legislativa che ha suscitato e sta suscitando grande interesse in Italia, tra gli addetti ai lavori e tra i proprietari desiderosi di “sanare” o comunque di regolarizzare le lievi difformità edilizie degli immobili in proprietà. La legge mira a fornire delle soluzioni concrete ai cittadini al fine di “proteggere” le proprie abitazioni da riduzioni di valore immobiliare dovute ad una mancata trasferimento di proprietà dovuto alla presenza di abusi o difformità che ne impediscono la compravendita.

La genesi del salva-casa può essere rintracciata nelle politiche di risposta alla crisi abitativa che ha colpito l’Italia negli ultimi anni. La necessità di proteggere la casa, intesa come bene primario e diritto fondamentale, ha portato alla formulazione di questa legge che si propone di essere uno strumento agile e accessibile per salvaguardare l’abitazione principale da eventuali procedure esecutive.

Il ministro dell’infrastrutture Matteo Salvini ha annunciato per la prima volta il piano “Salva Casa” nel 2023, delineando un progetto ambizioso che si prefiggeva di intervenire in maniera decisa per risolvere il problema del disagio abitativo che affliggeva una buona parte del patrimonio edilizio italiano. L’annuncio è stato seguito da un intenso dibattito pubblico e da un’attenta analisi tecnica che ha portato i vari gruppi parlamentari anche a scontrarsi politicamente sulle reali ed effettive risoluzioni al problema del disagio abitativo.

Tra gli intenti di politica sociale del decreto salva-casa, oltre a regolarizzare alcune difformità edilizie pregresse, c’era anche quello di semplificare alcune procedure edilizie/urbanistiche per facilitare l’accesso a mutui e contributi per i non abbienti. Queste misure naturalmente sono state accolte con favore da diversi settori della società, in quanto rappresentano un passo avanti verso una maggiore tutela del diritto all’abitazione.

Il testo del decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 29 maggio 2024, è entrato in vigore il giorno successivo, segnando così l’inizio di una nuova fase per la politica abitativa italiana. La conversione in legge ha ulteriormente rafforzato le disposizioni del decreto, confermando l’impegno del governo nell’affrontare le sfide legate all’abitare.

Il salva-casa si inserisce in un contesto più ampio di riforme edilizie e urbanistiche che mirano a semplificare e rendere più efficiente il settore, con l’obiettivo di rispondere in modo efficace alle esigenze dei cittadini e stimolare la ripresa economica del paese, contribuendo a risolvere problemi sociali concreti, offrendo strumenti di protezione e supporto alle famiglie. Questo annuncio del Ministro Salvini nel 2023 ha segnato l’avvio di un percorso che, attraverso il dialogo e la collaborazione tra le diverse forze politiche e sociali, ha portato alla realizzazione di una legge che si spera possa fare la differenza nella vita di molti italiani.

Nel maggio del 2024, durante un’intervista trasmessa in diretta nazionale, Matteo Salvini, Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, annunciò con entusiasmo il tanto atteso decreto “Salva Casa”. Questo provvedimento, è stato descritto come una “rivoluzione liberale”, che mirava a sanare le piccole irregolarità edilizie presenti nelle abitazioni italiane, offrendo una soluzione concreta a migliaia di famiglie.

Il Ministro, durante l’intervista, sottolineò che il “Salva Casa” non era un condono, ma un’opportunità per mettere in regola le abitazioni senza gravare ulteriormente sui cittadini. Con questo provvedimento, il governo intendeva non solo semplificare la vita dei proprietari di casa, ma anche stimolare il settore edilizio e l’economia nazionale.

Le interviste rilasciate dal Ministro Salvini hanno evidenziato la sua visione per un’Italia in cui la casa rappresenta un diritto fondamentale e la necessità di politiche abitative che rispondano alle esigenze reali delle persone. Il “Salva Casa” si inserisce in questo contesto come uno strumento di equità sociale e di giustizia, che cerca di bilanciare le esigenze di legalità con quelle di protezione dei più vulnerabili.

Le criticità lasciate aperte dal salva-casa da definire con priorità. Il no della modulistica

Tuttavia, molte sono le criticità che la conversione in legge del decreto salva-casa ha lasciato aperte. Saranno oggetto di puntuali analisi nei prossimi articoli. Di seguito riportiamo le principali ed immediate necessarie per l’operatività. Spetterà alla riforma del Testo unico dell’edilizia cercare di risolverle.

Tra queste, la primaria necessità che il Governo si adoperi per l’aggiornamento della modulistica unificata  nazionale indispensabile per avviare i procedimenti previsti e il relativo recepimento da parte delle Regioni.

Ci si aspettava che in fase di conversione in legge del decreto “d’urgenza” fosse allegata anche la modulistica unica standardizzata. Invece, anche questa aspettativa è stata vana. Ci duole constatare che, ancora una volta, ci ritroviamo in situazione imbarazzante.

La solita applicazione “paludosa” delle norme d’urgenza. Si ricorda che l’Accordo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in Conferenza Unificata stato, regioni, comuni del 4 maggio 2017, con il quale sono stati adottati i moduli unificati e standardizzati in materia di attività edilizia (allegato 2 all’accordo), nonché le relative istruzioni operative sull’utilizzo della nuova modulistica, li ha resi obbligatori ex lege”.

Come previsto dallo stesso accordo le Regioni successivamente devono provvedere all’adeguamento, in relazione alle specifiche normative regionali. In ultimo, le amministrazioni comunali, alle quali sono rivolte domande, segnalazioni, certificazioni e comunicazioni, hanno l’obbligo di recepirli e pubblicarli sul loro sito istituzionale dopo la revisione regionale, adattati, con il recepimento delle nuove normative del Salva Casa.

Senza la modulistica aggiornata i Comuni si trovano nell’incapacità di accettare le pratiche relative ai nuovi procedimenti edilizi previsti nel Salva Casa. L’importanza dell’utilizzo di tale modulistica e della sua valenza giuridica, anche alla luce delle attestazioni e asseverazione di legge da parte dei richiedenti e dei professionisti, ivi inserite, è confermata dalla giurisprudenza recente. Ci si meraviglia, quindi come a distanza di oltre un mese dalla sua conversione in legge, non si vede nessuna traccia sulla di tale modulistica.

Inoltre, le Regioni dovranno attivarsi per la definizione e l’aggiornamento delle proprie normative indispensabili per la completa attuazione del Salva Casa. Ad oggi solo l’Emilia Romagna e la Sicilia hanno emanato una circolare provvisoria di prima attuazione indirizzata ai comuni. Il ruolo delle Regioni diventa prioritario alla luce della potestà legislativa concorrente in capo alle stesse ai sensi dell’art. 117 della costituzione.

 

Ed è urgente armonizzare le patologie edilizie delle variazioni essenziali e delle parziali difformità  sia per le procedure dell’accertamento di conformità sia la regolarizzazione delle varianti ante 77. Di rilievo come negli ultimi anni la Corte Costituzionale è intervenuta su come alcune regioni hanno perimetrato tali definizioni ed in alcuni casi è stata dichiarata l’incostituzionalità per aver applicato parametri molto estensivi.

In questo quadro differenziato si rende necessario omogeneizzare con criteri puntuali ed univoci tali definizioni affinché tutti gli operatori del settore abbiano chiaro quali siano i parametri da utilizzare per i vari procedimenti.

Andando nel dettaglio nei prossimi articoli esaminerò le ulteriori criticità di immediata operatività, dalla definizione perimetrale della disciplina urbanistica ed edilizia, alla subordinazione del permesso ad interventi strutturali, per passare al silenzio assenso che così come è stato concepito evidenzia profili condonatori, alle difficoltà di accettazione da parte degli istituti bancari e dei notai sulla concorrenzialità dei titoli abilitativi contenuti nello stato legittimo necessari per atti di compravendita e richieste di mutuo bancario, per concludere con le agibilità sananti e le varianti, ante 77, per non parlare delle deroghe igienico-sanitarie dell’agibilità degli immobili, etc.

Il ruolo dei tecnici comunali, da esecutori a promotori attivi di riforme

La figura del tecnico comunale nell’ambito delle procedure di gestione delle discipline edilizie e urbanistiche è il soggetto destinatario principale delle norme del salva-casa, così come di tutte le norme della disciplina edilizia; è il professionista che deve interpretare, autorizzare, coordinare, rilasciare, e a volte negare.

Per altro quella del tecnico è una figura che è data per scontata come soggetto passivo delle riforme normative, senza mai attribuirle invece un ruolo attivo, ad esempio nei tavoli di concertazione sulle tematiche edilizie e urbanistiche. Proprio per questi motivi nelle sedi istituzionali delle commissioni Ambiente e Territorio della Camera e del Senato, UNITEL si è proposta come elemento collaborativo, mettendo a disposizione il bagaglio di esperienza e competenze dei tecnici comunali, “che non vogliono subire scelte, calate dall’alto, che influenzano la loro capacità operativa, ma vogliono diventarne protagonisti”, aiutando il paese ad alimentare il virtuosismo dello snellimento procedimentale che l’intera comunità nazionale auspica da sempre.

Viene sottolineata da UNITEL, in più di una occasione, la necessità di un serio coordinamento tra le norme che incidono sull’edilizia e sull’urbanistica, “affinché noi funzionari della PA e dei Comuni possiamo operare con certezza giuridica, in conformità alla legge, e senza creare aggravamenti procedimentali nei confronti di tutti gli attori e fruitori coinvolti nei processi edilizi, e senza trasformarci ogni volta in “ermeneuti” alla ricerca della verità giuridica”.

In conclusione, se i tecnici comunali, “addetti di trincea e in prima linea”, non sono dotati di strumenti legislativi omogenei, snelli, chiari, inconfutabilmente precisi, il sistema Italia ne risentirà e la rigenerazione urbana, tanto auspicata, non potrà decollare, né si potrà dare quell’impulso per il rilancio non solo economico ma anche sociale e culturale necessario per ridare slancio al paese.

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