Il riordino del testo unico dell’edilizia e il permesso di costruire digitale

Il riordino complessivo del testo unico dell’edilizia privata (Dlgs 380/2001) è, come ben noto, oggetto correntemente di modifiche e di un ampio dibattito intorno alla sua revisione per diversi motivi.

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) ha, peraltro, recentemente promosso una consultazione pubblica inerente alla semplificazione in materia.
Entro questo contesto si situa la digitalizzazione dei processi autorizzativi attinenti al rilascio dei titoli abilitativi.

Questa tematica è pure all’attenzione della commissione europea che, sotto la dizione generale di Digital Building Permit (DBP), l’ha introdotta nelle proprie strategie dedicate al settore dell’ambiente costruito (Transition Pathway for Construction) e che intende utilizzarla entro il programma rivolto a “housing supply by reducing building costs and improving productivity”.

09 Feb 2025 di Angelo Ciribini

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La commissione, tra le altre cose, ha promosso il finanziamento di tre programmi di ricerca entro Horizon Europe, denominati ACCORD, CHEK (a cui partecipa l’Università degli Studi di Brescia) e DIGICHECKS, giunti ormai alla conclusione.

Si sta, inoltre, avviando un analogo programma di ricerca italiano, nell’ambito del PRIN finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), che vede coinvolti il Politecnico di Milano, il Politecnico di Bari, l’Università degli Studi di Brescia, l’Università Federico II di Napoli.

In argomento esiste anche una rete europea (EUNet4DBP) e, soprattutto, alcuni Stati Membri, come l’Estonia e la Finlandia, hanno introdotto il tema nel proprio ordinamento legislativo. Esperienze similari sono rinvenibili, peraltro, in Paesi extraeuropei.

A livello normativo nazionale, UNI ha costituito un gruppo di lavoro incaricato di predisporre documenti sull’argomento, mentre è possibile che se ne occupi prossimamente anche il CEN, come Digital Compliance, a livello europeo.
Le componenti essenziali di questo approccio si articolano secondo la riconfigurazione dei processi e la revisione dei prodotti progettuali.

Da un lato, si tratta di introdurre progressivamente, per le amministrazioni comunali, anche con il supporto dei modelli linguistici di grandi dimensioni, processi autorizzativi semi automatizzati, innestati sulle attuali piattaforme di dematerializzazione, mentre, da un altro lato, occorre definire sistemi, sempre semi automatici, di controllo e di verifica per l’istruttoria dei progetti sottoposti, sia nel caso della istanza rivolta al permesso di costruire sia in quello delle comunicazioni e delle segnalazioni contemplante l’asseverazione del progetto da parte dei professionisti e il possibile silenzio assenso.

In secondo luogo, la metodologia prevede, anzitutto, che i testi regolamentari (dalle norme attuative dei piani e dei programmi urbanistici al regolamento edilizio), redatti in linguaggio naturale, siano tradotti in termini interpretabili dalle macchine e che da essi sia possibile trarre elenchi di regole computazionali, gestibili algoritmicamente, riferiti a modelli di dati (come lo schema IFC), a dizionari di dati e a ontologie.

Contestualmente alla disponibilità di tali regole, le amministrazioni comunali dovrebbero predisporre e sottoporre ai progettisti incaricati prescrizioni relative ai livelli di fabbisogno informativo e alle Information Delivery Specification (IDS), cosicché esse possano fungere da riferimento nella produzione dei modelli informativi realizzati tramite la Gestione Informativa Digitale (GID) – già resa parzialmente obbligatoria dal codice dei contratti pubblici – vale a dire tramite il 3D Geographic Information System (GIS) e il Building Information Modelling (BIM).

Anche in questo caso, l’estrazione delle informazioni dai testi regolamentari, la definizione delle prescrizioni relative ai contenuti informativi e, a breve, la stessa produzione dei modelli informativi dovrebbe avvenire, senza eccessive mediazioni, con l’ausilio dei modelli linguistici di grandi dimensioni che, oltre a tutto, dovrebbero essere addestrati anche sulla base della giurisprudenza, assai nutrita, relativa (ad esempio, alla distanza tra due edifici).

Naturalmente, il processo semi automatizzato di istruttoria, estendibile, ad esempio, alla conferenza di servizi, prevederebbe la riserva di umanità nella decisione algoritmica, vale a dire il controllo umano sull’esito del procedimento tecnico-amministrativo.

È del tutto palese come l’introduzione incrementale di questo approccio, riconosciuto eventualmente nel novellato testo unico dell’edilizia, contribuirebbe alla semplificazione del procedimento tecnico-amministrativo, mitigherebbe il rischio di confutazione da parte dei professionisti privati e dei funzionari e dei dirigenti pubblici, ridurrebbe i tempi di svolgimento delle pratiche, ancorché da sempre normalizzate e proceduralizzate per legge.

L’esito ultimo del ricorso alla Gestione Informativa Digitale consisterebbe, al termine dei lavori e del relativo collaudo tecnico, nella piena digitalizzazione del processo di accatastamento, di agibilità e nella predisposizione del Digital Building Logbook, ovvero della redazione del fascicolo dell’edificio che, in realtà, si tradurrebbe in dati strutturati anziché in elaborati documentali.

 

Angelo Luigi Camillo Ciribini è professore ordinario all’Università degli Studi di Brescia

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