I DATI CRESME DI GENNAIO-MAGGIO
Il mercato delle nuove opere pubbliche si stabilizza a +30% sul livello pre-Pnrr
Il Pnrr ha ultimato l’effetto sugli appalti, ma lascia un’eredità positiva al mercato dei lavori pubblici: i dati dell’Osservatorio appalti del Cresme evidenziano a gennaio-maggio procedure avviate per 14,4 miliardi, il 28% più del 2021 nonostante il “buco” di gennaio per l’effetto digitalizzazione. Un buon dato per il primo anno del codice appalti
24 giugno
Non bisogna farsi spaventare da quel -50% rispetto al 2022 nel leggere i numeri del mercato delle nuove opere pubbliche elaborati dall’Osservatorio appalti del Cresme: l’importo andato in gara o avviato con determina in caso di procedure negoziate ammonta per i primi cinque mesi dell’anno a 14.377 milioni, dimezzato rispetto ai 29,3 miliardi del gennaio-maggio 2023 e ridotto del 38% rispetto agli 85,2 miliardi del 2022. La buona notizia è che, finito l’effetto del tutto straordinario del Pnrr nel biennio scorso, il mercato delle nuove opere pubbliche regge e regge bene: si attesta ben al di sopra dei livelli pre-Pnrr, un +28% rispetto agli 11.270 milioni dei primi cinque mesi di quell’anno. Lo scarto va oltre il 30% se si considera il “buco” di gennaio 2024 dovuto all’avvio della digitalizzazione (649 milioni contro i 1.406 milioni fisiologici del 2021).
Due fantasmi possono essere scacciati da questi numeri: il primo è che la digitalizzazione abbia bloccato tutto; il secondo è che il nuovo codice degli appalti abbia prodotto una forte contrazione del mercato. Né l’uno, né l’altro. E se la sfida della digitalizzazione è ancora tutta da vincere in termini qualitativi e di effetti benefici complessivi di trasparenza, rapidità e semplificazione sul sistema, per il codice degli appalti si può dire che l’esame sia superato. Almeno quello iniziale.
Servono, certamente, correzioni e integrazioni importanti per mettere a regime istituti come la revisione prezzi o sciogliere nodi come quello dell’equo compenso. Ma a questo dovrebbe pensare il decreto correttivo che sta preparando il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Siamo comunque ben lontani dalla paralisi che fu prodotta dall’entrata in vigore del codice 50 del 2016. E un conto è intervenire mentre la nave va, altro conto rimettere in moto una nave incagliata.
Ragionamento diverso – ma non sono questi numeri a permetterlo – riguarda la trasparenza e la concorrenza del mercato, con la netta prevalenza sottosoglia delle procedure negoziate. Faremo un focus ad hoc su questo aspetto. Dal Rapporto Cresme intanto viene fuori il crollo degli appalti integrati, che erano stato il grande motore del Pnrr. A maggio 2024 soltanto 647 milioni contro i 3.260 milioni del 2023: crollo dell’80% ben superiore a quello generale del 53%. Se si considera gennaio-maggio, il discorso è leggermente meno brusco (-65%) ma non cambia la sostanza.
Sempre interessante vedere la classifica degli enti appaltanti. Nei primi cinque mesi l’unico ente di un certo peso che resta in attivo sono le Ferrovie (Rfi) che passano da 1.237 milioni del 2023 a 1.554 milioni del 2024 (+25,6%). Nel solo mese di maggio recuperano i gestori di reti infrastrutturali locali in termini assoluti (315 milioni) e percentuali (+37%). Crollo per l’Anas che passa da 2.231 milioni a 208,4 milioni (-90%) confermando il forte rallentamento dell’attività nella prima parte dell’anno.
Giorgio Santilli