La giornata

Il deficit italiano nel mirino della Ue, PROCEDURA per disavanzo eccessivo

  • L’Upb avverte: a politiche invariate prossima manovra a quota 20 miliardi, trovare coperture per il taglio del cuneo
  • Svimez: nel 2023 il Sud cresce più del Nord, +1,3%, la spinta arriva dalle costruzioni
  • Ad aprile produzione delle costruzioni europee in calo,  nell’eurozona -0,2% mensile e -1,1% annuo

20 Giu 2024

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Come era nelle previsioni, Bruxelles ha avviato la procedure di infrazione per disavanzo eccessivo nei confronti di sette Paesi e tra questi c’è l’Italia. L’Upb guarda intanto alla prossima manovra di bilancio e pone la questione delle coperture soprattutto per il taglio del cuneo fiscale, misura che per Giorgetti è un ‘must’. Intanto, il Sud nel 2023, secondo la Svimez, è cresciuto di più rispetto alle altre aree del Paese, grazie al traino delle costruzioni. Settore, questo, che ad aprile ha mostrato segni di debolezza a livello europeo

 

Era ampiamente atteso e annunciato e oggi è arrivato l’annuncio da Bruxelles: l’Italia è nella rosa dei sette Paesi della Ue, cinque dei quali membri dell’Eurozona, che si avviano ad essere sottoposti alla procedura per deficit eccessivo. Tra le grandi economie europee, a fare compagnia all’Italia c’è anche la Francia. Ci sono poi Belgio, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia. La Commissione Europea ha predisposto un rapporto ex 126.3 per 12 Stati membri per valutare il rispetto del parametro del 3% nel rapporto deficit/Pil: oltre a questi sette, c’erano anche Repubblica Ceca, Estonia, Spagna,  Ungheria, Slovenia, e Finlandia. Nella valutazione si tiene conto dei fattori rilevanti indicati dagli Stati membri nel caso in cui il loro rapporto debito pubblico/Pil sia inferiore al 60% del Pil o il loro disavanzo sia valutato vicino al valore di riferimento del 3% e temporaneo. La commissione ritiene “giustificata” l’apertura di una procedura per disavanzo eccessivo basata sul deficit per sette Stati. La relazione è il primo step propedeutico all’apertura delle procedure. Dopo il parere del Comitato economico e finanziario, la Commissione intende proporre al Consiglio di avviare procedure per disavanzo eccessivo basate sul deficit per questi Stati membri nel luglio 2024. Nell’ambito del pacchetto autunnale del semestre europeo la Commissione proporrà poi al Consiglio raccomandazioni volte a porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo. Analizzando la sostenibilità del debito pubblico italiano, la relazione rileva  che il rapporto debito/pil è notevolmente diminuito rispetto al suo picco durante la crisi pandemica, principalmente a causa della forte crescita del pil nominale, ma “è ancora elevato, pari a oltre il 137% del pil nel 2023, e si prevede che la tendenza al ribasso si invertirà quest’anno e il prossimo”. “Sono chiaramente necessarie ulteriori azioni per ridurre l’elevato rapporto debito pubblico”, chiosa la Ue. Nel medio termine, vengono poi indicati “rischi elevati”. Il rapporto debito pubblico/Pil, secondo lo scenario di base, “aumenta costantemente” per arrivare a circa il 168% nel 2034. In Italia ‘permangono vulnerabilità legate all’elevato debito pubblico e alla debole crescita della produttività in un contesto di fragilità del mercato del lavoro e alcune debolezze residue nel settore finanziario, che hanno rilevanza transfrontaliera”.

Gentiloni: ‘lo sforzo di bilancio per l’Italia è ora più flessibile rispetto alle vecchie regole’. Per Giorgetti, ‘la procedura d’infrazione era ampiamente prevista’

“Certamente lo sforzo di bilancio per l’Italia è più  flessibile, meno severo di quello conseguente alle vecchie regole di bilancio: si farebbe un errore paragonando le nuove ai tre anni e mezzo in cui non avevamo regole perché sospese a causa della pandemia e poi per l’invasione dell’Ucraina”, afferma il Commissario Ue, Paolo Gentiloni. “Lo sforzo di aggiustamento minimo dei conti pubblici annuale per i Paesi sotto procedura per deficit eccessivo è dello 0,5% del Pil. Qualche anno fa lo sforzo sarebbe stato più severo, ma non è che non ci sia bisogno di un aggiustamento in un paese come l’Italia con un deficit/pil superiore al 7% e un debito/pil superiore al 135%: entrambi vanno affrontati”. Per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, “la procedura d’infrazione non è una notizia, era ampiamente prevista, l’avevamo già detto un anno fa. D’altronde con il boom di deficit indotto dalle misure eccezionali non potevamo certo pensare di stare sotto il 3%”. Abbiamo un percorso avviato dall’inizio del governo di responsabilità della finanza pubblica sostenibile, che è apprezzata dai mercati e dalle istituzioni Ue, andremo avanti così, quindi non è niente di sorprendente, anzi all’applicazione delle vecchie regole del Patto”. 

 

L’Upb avverte: a politiche invariate la prossima manovra a quota 20 miliardi, vanno trovate le coperture soprattutto per il taglio del cuneo fiscale

La conferma nel 2025 di alcuni degli interventi finanziati dall’ultima manovra solo per il 2024 (dal taglio del cuneo, alla Zes per il Mezzogiorno, dalla riduzione del canone Rai alla detassazione dei premi) impatterebbe sul deficit per circa 18 miliardi. Aggiungendo a tale importo anche altre spese solitamente inserite nelle politiche invariate, quali per esempio gli oneri per il prossimo triennio contrattuale dei dipendenti pubblici (2025-27), l’impatto complessivo sull’indebitamento netto potrebbe superare quello indicato nel Def, di poco inferiore ai 20 miliardi. A quantificarlo è l’Ufficio Parlamentare di Bilancio nella relazione presentata ieri al Parlamento in vista della prossima manovra di bilancio 2025. E avverte: sarà necessario individuare “idonee coperture per le politiche invariate che si deciderà di attuare e per eventuali nuovi interventi”. Il riferimento è in particolare alla “priorità”, che, come indica il Def, verrà data al   rifinanziamento del taglio del cuneo fiscale sul lavoro e “dovrà essere chiarito se si intende rendere la misura strutturale individuando corrispondenti risorse di coperture”. A riaffermare la priorità del taglio del cuneo è stato  il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, con parole categoriche: “tra tutte le misure di cui si discute questo è un must. E’ un impegno assolutamente inderogabile e lo confermeremo”.  Per l’Upb il quadro di finanza pubblica presenta diversi elementi di criticità, legati ai rischi al ribasso, a rischi relativi all’andamento futuro dei crediti di imposta e a criticità nell’attuazione del Pnrr. E proprio a questo riguardo, l’Upb evidenzia che, secondo stime aggiornate, “la piena e tempestiva realizzazione degli interventi previsti dal Pnrr condurrebbe a un livello del Pil  più elevato di circa il tre per cento, a fine periodo, rispetto allo scenario di base”. Le proiezioni macroeconomiche dell’Upb non si discostano significativamente da quelle del Governo, ma sono più caute: è attesa per quest’anno un’espansione del Pil dello 0,8 per cento, un’accelerazione nel 2025 all’1,1 per cento e successivamente un rallentamento. Ma nella sua relazione, la presidente dell’Upb, Lilia Cavallari, allarga l’orizzonte e guarda alla presentazione, nei prossimi mesi, del Piano strutturale di bilancio di medio periodo richiesto dal nuovo quadro di regole europee, che conterrà gli obiettivi programmatici coerenti con un sentiero pluriennale di aggiustamento. Il quale “dovrà essere finalizzato a collocare in modo plausibile il debito pubblico in rapporto al Pil su una traiettoria discendente nel medio termine”. Secondo simulazioni dell’Upb, lo sforzo minimo di consolidamento per ogni anno potrebbe essere compreso tra 0,5 e 0,6 punti percentuali di Pil nell’ipotesi di aggiustamento in sette anni. Ridurre il peso del debito pubblico, fattore di vulnerabilità dell’economia italiana, è un percorso “ambizioso che limita la possibilità di  effettuare interventi in disavanzo, ma che fornisce anche un’opportunità da cogliere: di disegnare una politica di bilancio che guarda al futuro, alle trasformazioni in atto nell’economia e nella società e sostenga così lo sviluppo delle potenzialità di crescita e di progresso sociale del Paese”. Il presupposto è “una visione lunga che consenta la programmazione di interventi organici, sostenibili nel tempo”.

 

Svimez: nel 2023 il Sud cresce più del Nord, + 1,3%, la spinta arriva dalle costruzioni

Nel 2023, la crescita del Pil delle regioni meridionali è stata superiore a quella delle altre macro-aree: +1,3% contro +1% del Nord-Ovest, +0.9% del Nord-Est e +0,4% del Centro. Il Sud non cresceva più del resto del Paese dal 2015 (+1,4% contro il +0,6% del Centro-Nord). Altrettanto favorevole al Sud si è mostrata la dinamica occupazionale. Gli occupati nel Mezzogiorno sono aumentati del +2,6% su base annua, più che nelle altre macro-aree e a fronte di una media nazionale del +1,8%. E’ il quadro tratteggiato dal rapporto presentato dalla Svimez. La crescita più accentuata del PIl  meridionale è stata sostenuta soprattutto dalle costruzioni (+4,5%, quasi un punto percentuale in più della media del Centro-Nord), a fronte di una più contenuta contrazione del comparto industriale (-0,5%) e di una crescita dei servizi dell’1,8%. La dinamica del PIL è stata debole nelle regioni del Centro (+0,4%), meno della metà della media nazionale. A determinare questo risultato hanno contribuito un calo del valore aggiunto industriale più che doppio rispetto alla media nazionale (-2,6%; -1,1% il dato Italia) e una crescita dei servizi che si è fermata al +1,1% (+1,6% la media nazionale), che hanno sterilizzato la buona dinamica delle costruzioni (+6,2%). Nel Nord-Ovest la crescita del PIL, pari all’1%, è stata condizionata dal calo del valore aggiunto industriale (-1,4%) e dalla crescita molto più contenuta della media nazionale delle costruzioni (+2,5%). Nel Nord-Est, è stata soprattutto la dinamica piatta del valore aggiunto industriale a contenere la crescita del PIL al +0,9%.

I fattori climatici avversi che hanno caratterizzato gran parte dell’anno hanno penalizzato l’agricoltura. Il valore aggiunto del comparto è diminuito in tutte le ripartizioni del Paese, con l’eccezione del Nord-Ovest (+6,4% dopo la forte flessione del 2022): -6,1% nel Centro, -5,1% nel Nord-Est, -3,2% nel Mezzogiorno. Il risultato delle due macroaree è anche dovuto al diverso contributo della domanda estera. Al Centro-Nord, lo stallo dell’export (-0,1% sul 2022) ha privato le economie locali di un tradizionale traino nelle fasi di ripesa ciclica. Al Sud, viceversa, l’incremento delle esportazioni di merci, al netto della componente energetica, si è portato al +14,2% (+16,7% i beni strumentali; +26,1% i beni non durevoli). La congiuntura del 2023 si colloca nella fase di ripresa post-Covid iniziata nel 2021 che ha visto il Mezzogiorno partecipare attivamente alla crescita nazionale, collocandosi stabilmente al di sopra della crescita media dell’Ue (+0,4 nel 2023). Il dato di crescita cumulata del PIL 2019-2023 del +3,7% nel Mezzogiorno ha superato l’analogo dato del Nord-Ovest (+3,4%) e, soprattutto, quello delle regioni centrali (+1,7%). Ha contributo a scongiurare l’apertura del divario di crescita Nord-Sud osservato in precedenti fasi di ripresa ciclica l’inedita intonazione di segno marcatamente espansivo della politica di bilancio.

 

Ad aprile la produzione delle costruzioni europee sono in calo,  nell’eurozona -0,2% mensile e -1,1% annuo  

Il settore delle costruzioni europee mostra ancora segnali di debolezza. Ad aprile, secondo le stime preliminari diffuse da Eurostat, la produzione ha registrato una lieve flessione congiunturale dello 0,2% sia nell’eurozona che nell’intera Unione europea. Un calo, comunque, più contenuto rispetto a quello che si era registrato ad aprile quando, rispettivamente, la  contrazione era stata dello 0,5% e dello 0,6%. Più ampia la flessione tendenziale: su aprile 2023, il calo è stato dell’1,1% nell’area euro e dello 0,9% nella Ue. All’appello mancano ancora diversi dati di alcuni Paesi, tra i quali l’Italia. Gli aumenti più alti della produzione su base mensile si sono registrati in Ungheria +11,1%, Romania +8% e Slovacchia +7.7%. I cali più ampi sono quelli del Belgio -3,7%, Slovenia -2,7% e Germania -2,1%,  Su base annua, il record è sempre dell’Ungheria +15,6%, Romania +13,2% e Portogallo +6,8%. Tra gli altri Paesi, la Francia registra un flessione dell’1% mensile e del 4,2% annua. Rimbalza invece la Spagna che torna in positivo, +1% annuo, dopo il calo di marzo , -4,2%. Il dato mensile mostra un aumento dell’1%. Guardando all’andamento dei diversi comparti, nell’area euro stabile è la produzione delle costruzioni rispetto al precedente mese di marzo, l’ingegneria civile cala dell’1,1% e le attività specializzate calano dello 0,1%. Su base annua, la costruzione di edifici è calata del 2,3%, l’ingegneria civile aumenta del 2,8% e le attività specializzate calano dell’1,5%.

 

 

 

 

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