IL RAPPORTO CITTÀ RIGENERATIVE
Ifel: rigenerazione urbana diffusa e leva di RILANCIO, dal Pnrr 11,5mld
Il lavoro affronta il tema del confine fra riqualificazione e rigenerazione ed evidenzia lo sforzo, in gran parte delle esperienze monitorate, di partire dall’obiettivo della rivitalizzazione sociale, economica, culturale e ambientale, senza nascondere le difficoltà legate al persistere di vecchi modelli troppo centrati sugli interventi edilizie, fisici, immobiliari. Presentati con interviste qualitative 15 casi individuati dalla collaborazione con Mecenate 90. Ci sono anche la baraccopoli di Messina, Oltre la strada di Brescia, Lumen di Firenze e Quartiere Libertà di Bari: casi che i lettori di Diario Diac conoscono già e che assurgono ormai a grandi classici italiani della rigenerazione.

Pierciro Galeone, direttore Fondazione Ifel
Si moltiplicano le esperienze di rigenerazione urbana in Italia, diffuse, eterogenee, spesso sperimentali, comunque uno dei segnali della ritrovata vitalità degli investimenti dei comuni. E il Pnrr sembra infondere una spinta straordinaria che in questo momento sopperisce con le quantità alla mancanza di un filo rosso, di un dibattito ordinato, di politiche certe, di un quadro normativo nazionale definito, di modelli valutabili e misurabili. I progetti di rigenerazione urbana finanziati dal Pnrr sono 3.855 per un importo di 11,7 miliardi ripartiti fra tre missioni: interventi di rigenerazione urbana per comuni di almeno 15mila abitanti, con una dotazione iniziale di 3,3 miliardi totali (poi ridotto a 1,9 miliardi dalla revisione Pnrr), con l’obiettivo di promuovere interventi su aree pubbliche e strutture edilizie esistenti, decoro urbano e interventi per migliorare la qualità sociale e ambientale e la mobilità sostenibile; i Piani urbani integrati (Pui), missione M5C212.2, rivolti alle 14 aree urbane con una dotazione finanziaria di 2,6 miliardi, con l’obiettivo di investimenti, manutenzione e riattivazione di aree e strutture pubbliche, il miglioro del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale delle aree urbane; il Programma innovativo della qualità dell’abitare (Pinqua), destinato a Regioni, città metropolitane e comuni con oltre 60mila abitanti con 2,4 miliardi di euro totali e l’obiettivo di incrementare l’edilizia residenziale sociale, migliorare l’accessibilità e la sicurezza delle aree urbane rifunzionalizzando spazi e immobili pubblici.
Dei 3.855 progetti finanziati totali 217 sono di importo superiore a 10 milioni di euro, mentre quasi la metà (1.726) hanno una dimensione media compresa fra 1 e 5 milioni di euro. Il 68% dei finanziamenti vanno, inoltre, a comuni con meno di 100mila abitanti. La presenza sul territorio nazionale è omogenea. A fare una ricognizione degli investimenti dei comuni interessati al fenomeno della rigenerazione urbana, fornendo un quadro inedito di quanto si muove in Italia con finanziamenti Pnrr e nazionali, è l’Ifel, l’Istituto per la finanza degli enti locali, con il Rapporto appena ultimato “Città rigenerative”.
L’Ifel non si ferma però all’attività che sa fare meglio, la ricognizione degli investimenti, appunto. Vuole proprio dare un proprio contributo per rafforzare la centralità politica e amministrativa del tema della rigenerazione urbana. Il Rapporto analizza anche, con interviste qualitative, quindici casi, individuati con Mecenate 90, protagonista con Ance del festival Città in scena. Alcuni di questi casi, come le baraccopoli di Messina e ‘Oltre la strada’ di Brescia, Lumen di Firenze o il Quartiere Libertà di Bari, sono stati affrontati anche con articoli dedicati, interviste e racconti da Diario DIAC e sono ormai dei grandi classici della rigenerazione urbana all’italiana.
Ma il tratto del Rapporto che in questo fase maggiormente interessa Diario DIAC è, in prima battuta, la riflessione pubblica sul rapporto fra riqualificazione urbana e rigenerazione umana, sociale e culturale, intesa come tratto essenziale e motore ultimo degli interventi di rigenerazione urbana. Inoltre, forte della conoscenza delle pratiche, virtuose o meno, messe in atto dai comuni, tocca una serie di temi collaterali alle azioni di rigenerazione affrontati finora solo marginalmente. Fra questi, tutta la problematica del passaggio delle opere dopo il collaudo (con la spesa in conto capitale che per i comuni diventa spesa corrente di manutenzione), quella del ruolo e della motivazione delle strutture della Pa nel sostenere progetti di rigenerazione, i rischi e le opportunità collegate alla partecipazione dei cittadini, la gamma di strumenti per la gestione del bene, diretta o con molte forme innovative di affidamento, spesso a soggetti del terzo settore o culturali.
Rigenerazione o riqualificazione? Il Rapporto entra nel cuore del dibattito attuale quamdo affronta il capitolo “Rigenerazione o riqualificazione” che parte dal tentativo, non sempre semplice, di classificare i progetti in queste due categorie, con contenuti per altro ancora da definire e perimetrare e una vasta area grigia in mezzo. Il punto di partenza di Ifel è sempre la ricognizione degli interventi. “Lo scavo dei progetti effettuato nel corso delle interviste – dice il Rapporto – induce a uno sforzo di orientamento attraverso sommatorie di progetti dai quali non sempre emerge con chiarezza quanti siano consapevolmente collocabili in una fattispecie riconducibile alla mera riqualificazione e quanti invece presentino uno spessore tale da poter essere annoverato come un intervento di rigenerazione urbana.
A volte – continua – la distinzione è marcata e resa trasparente nell’esposizione, mentre in altre il confine fra i due risulta labile e diversamente interpretabile offrendo anche una certa gradazione delle diverse valenze offerte dalle concettualizzazioni degli esperti. Nella maggior parte dei casi prevale una visione generale e una pratica di progettazione chiaramente finalizzate a ristabilire una connessione tra il tessuto urbano e la comunità, con interventi che puntano a una trasformazione complessiva che include l’aspetto sociale, economico e ambientale. Dai più è evocato il coinvolgimento della comunità locale per migliorare la qualità della vita dei residenti e promuovere lo sviluppo economico sostenibile, rendendo le aree interessate più attrattive sia per i residenti che per gli investitori. Tuttavia non sempre sono disponibili azioni concrete che facciano intravedere una chiara prassi di rigenerazione urbana in operazioni che partono comunque dalla riqualificazione fisica o estetica di un’area tramite interventi infrastrutturali, come il rifacimento di edifici, strade e piazze la creazione di spazi verdi. Nei documenti di programmazione ed anche in alcuni di progettazione – è possibile rinvenire un filo rosso che lega le due diverse prospettive sul quale si fonda l’auspicio che la rigenerazione prevalga sulla riqualificazione, tuttavia ora è forse troppo presto per rilevare fondati elementi di previsione sull’esito finale”.
Molti – rileva il Rapporto – “parlano degli interventi dei quali sono responsabili come di processi già avviati con gli anticorpi contro il rischio di fallimento, laddove hanno provveduto alla realizzazione degli spazi e contestualmente al coinvolgimento della società civile, in altri casi è indubbla la priorità data alla prima componente, mentre in altri ancora si fa esplicito riferimento ad un’operazione nata seguendo un approccio più dirigistico”. Galeone (Ifel): coinvolti non solo gli svantaggiati ma anche le avanguardie urbane “La rigenerazione di aree delle nostre città – scrive il direttore dell’Ifel, Pierciro Galeone – è ormai una modalità di trasformazione urbana che si va diffondendo. È un fenomeno spinto da fattori economici, demografici e sociali, ma anche da principi regolativi come il risparmio di suolo, da obiettivi di risparmio energetico, da indirizzi di politica pubblica e grazie a strumenti finanziari nazionali ed europei”. Sempre più chiara e definita appare “la missione del governo locale dentro i processi trasformativi in atto: migliorare la qualità di chi vive nelle città, sottraendo suolo alla impermeabilizzazione, recuperando i quartieri più degradati, migliorando le condizioni abitative, rendendo più sostenibile la mobilità, assicurando un migliore accesso ai servizi”.
Un contributo ulteriore Galeone vuole portarlo sui soggetti che partecipano e beneficiano di queste azioni, con una conclusione niente affatto scontata che spiega anche la grande attenzione che arriva alla rigenerazione urbana da ampie fasce della popolazione. “Il target privilegiato di questa azione – scrive Galeone – sono le fasce più deboli della popolazione, chi ha problemi di lavoro, che riducono fra l’altro il diritto all’abitare, chi soffre uno svantaggio a competere con la velocità dei meccanismi di accumulazione urbana. Ma gli interventi sulla rigenerazione hanno un impatto positivo anche sulle avanguardie urbane, gli analisti di simboli, gli sperimentatori, i fornitori di servizi pregiati, quelli che sulla frontiera dell’innovazione concorrono alla produzione di valore, alla crescita dell’economia e fanno delle città le leve di produzione della ricchezza nazionale. Si tratta in definitiva di assicurare per il maggior numero di cittadini quel ‘diritto alla città’ che si è andato affermando contro quei fenomeni di polarizzazione economica ed esclusione sociale che rischiano di produrre casi di vera e propria segregazione urbana”. Più in generale, “l’obiettivo è reimmettere delle aree nella trama della città – nella sua configurazione fisica ma anche nel tessuto sociale e civile – riconquistando un equilibrio e una coesione a beneficio di tutta la comunità urbana”.
Leggi gli altri articoli della rubrica "Rigenerazione Umana"
