LEGGE DI DELEGAZIONE EUROPEA

Il governo non approva la direttiva case green: non riesce a farci pace

Il provvedimento varato dal Cdm non contiene il recepimento della direttiva EPBD, che ora è destinata ad accumulare ritardi. La scadenza formale per recepirla è maggio 2026, ma le linee guida approvate da Bruxelles prevedono che gli Stati membri presentino un primo schema di piano entro dicembre 2025 per poi varare, sulla base della raccomandazioni della commissione, la versione definitiva entro il 2026.

23 Lug 2025 di Giorgio Santilli

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Il Consiglio dei ministri ha varato ieri il disegno di legge di delegazione europea. Nei tredici articoli del provvedimento non c’è la norma di recepimento della EPBD (Energy Performance of Buildings Directive), meglio nota come direttiva “case green”. La scadenza formale per il recepimento della direttiva è ancora lontana, maggio 2026, ma è lecito pensare che dovesse essere questa legge – che ora va in Parlamento – il veicolo giusto per recepirla. La prossima legge di delegazione arriverà presumibilmente a termini scaduti. Senza contare che le linee guida approvate da Bruxelles per l’elaborazione dei piani attuativi ad opera degli Stati membri prevedono che gli Stati presentino un primo schema di piano attuativo entro dicembre 2025 per poi varare, sulla base della raccomandazioni date dalla commissione Ue, la versione definitiva del piano entro il 2026.

Il recepimento non è però un atto politicamente indolore per questo governo, che non sembra ancora aver “fatto pace” con il tema dell’efficientamento energetico delle abitazioni, dopo le drastiche misure (e le polemiche esasperate) che hanno portato all’azzeramento del Superbonus. Una campagna feroce che ha coinvolto anche gli altri bonus fiscali per i “lavori in casa” e ha di fatto cancellato dall’orizzonte qualunque politica di questo tipo.

Inoltre, proprio per tener fede a questa posizione, vari esponenti del governo hanno più volte annunciato, sia pure con accenti e motivazioni diversi, la volontà di promuovere a  Bruxelles una modifica della direttiva: la premier, il ministro dell’Economia Giorgetti, il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, la componente leghista di governo (Salvini in testa).

Questa posizione fornisce un alibi politico perfetto per il mancato recepimento della EPBD che, d’altra parte, pone anche aspetti finanziari tutt’altro che trascurabili, come hanno ripetuto più volte le imprese dell’Ance, ma anche associazioni ambientaliste o comunque schierate in favore di una politica di efficientamento energetico. Risulta impensabile che le famiglie sostengano da sole investimenti quantificati in molte decine di miliardi di euro. Da qui l’impasse, che sembra destinato a perdurare a lungo.

 

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