RINASCITA URBANA
Giuseppe Mancini (Coordinamento Periferie Unite): “A Napoli Scampia è il quartiere con più associazioni nel territorio. È nato così il movimento che ha portato alla rigenerazione e alla demolizione delle Vele”

“Non siamo come dite voi”. Queste le parole del vice presidente del Coordinamento Periferie Unite, Giuseppe Mancini, all’indomani dei lavori di abbattimento della Vela Gialla, previsti dal progetto “Restart Scampia”. Un piano di riqualificazione, finanziato con circa 150 milioni di euro provenienti da fondi PNRR e PON Metro Plus, che ha attirato intorno a sé molta attenzione. Gran parte del merito per il raggiungimento di questo risultato va dato all’associazionismo territoriale, capace di dimostrare al resto della città che Scampia non è il quartiere di Gomorra.
Una fama che questa zona dell’area Nord di Napoli si procurò poco dopo “la prima urbanizzazione, avvenuta con la legge 167 del 1962, che permise di cementificare in aree extraurbane e risolvere l’emergenza abitativa”, dichiara Mancini a Diario DIAC.
Ma il progetto originario fu cambiato in corso d’opera, perché finì per accogliere gli sfollati del terremoto dell’Irpinia del 1980, che si trasferirono nelle abitazioni di nuova costruzione. “Questo cambiò la storia urbanistica del territorio, poiché Scampia rimase incompleta, tanto che i rioni si ritrovarono a essere collegati tra loro in maniera inadeguata e il quartiere risultò isolato dal resto della città”.
Questa operazione edilizia fu fin da principio contestata dai residenti. “Già dagli anni ‘80 – dice Mancini – con il Comitato Vele e con Vittorio Passeggio sono iniziate le prime proteste per accendere i riflettori sul quartiere e in particolarmente sulle Vele, ossia sette edifici di profilo triangolare che erano stati costruiti con l’amianto”. Le condizioni in cui riversava il quartiere favorirono così il radicamento di alcuni clan di camorra, che si affrontarono per il controllo dell’area. “Con la Prima faida di camorra del 2004 – continua Mancini – le persone estranee ai fatti tendevano a non restare troppo in strada, perché in quel periodo si potevano trovare coinvolte in una sparatoria. Molte sono state le vittime innocenti che hanno perso la vita in questo tipo di situazioni”.
Come spiegato da Mancini, quel periodo caratterizzò negativamente il territorio: “Il resto della città iniziò a disprezzare questo quartiere e di conseguenza i suoi abitanti. Si andò così a creare un clima culturale in grado di convincere gli stessi abitanti del quartiere a non prendersi più cura del luogo in cui vivevano, perché visto anche da loro in maniera avversa”.
Con il tempo “la voglia di rivalsa degli abitanti ha condotto alla rigenerazione urbana che ha capovolto l’immaginario attorno a Scampia e riqualificato il quartiere. Questo poiché ogni qualsivoglia cambiamento di percezione, va di pari passo con la crescita delle opportunità di vita”.
Un risultato che è stato raggiunto grazie al lavoro di associazioni e comitati, che vivono quotidianamente il territorio: “Nate soprattutto dopo la seconda faida di camorra del 2012, le associazioni hanno dato un nuovo volto al quartiere. Questo perché il loro lavoro ha catturato attenzione mediatica e attirato ingenti investimenti economici. Oggi Scampia rappresenta il quartiere di Napoli con il più alto numero di associazioni e attivisti – dice con orgoglio Mancini – e, grazie a loro e al lavoro degli abitanti, Scampia è diventata un quartiere in grande fermento, che non vive più il territorio in maniera passiva”.
Tra i protagonisti di questo cambiamento, figura anche il Coordinamento Territoriale Scampia. “Costituita nel 2020 – dice Mancini – questa associazione politico-culturale dovette affrontare la situazione pandemica, in un territorio dove c’è un alto livello di lavoro nero. Per le persone rimanere chiusi in casa a causa delle restrizioni, significava avere difficoltà a portare il piatto a tavola. Motivo per cui il coordinamento si occupò di distribuire pacchi alimentari, ottenuti grazie alla solidarietà di personaggi famosi e persone comuni”. Un’esperienza positiva che ha spinto il Coordinamento Territoriale Scampia a unirsi ad altre realtà e formare il Coordinamento Periferie Unite, che ha come fine quello di replicare in altre zone di Napoli quanto di buono fatto in questo quartiere.
L’impegno delle realtà territoriali ha incoraggiato “il processo di rigenerazione partito dall’area chiamata Lotto M, che ospitava le sette Vele di Scampia. La prima Vela a essere demolita è stata la Vela F, nel 1997, rimpiazzata attualmente dalla sede universitaria della Federico II. Da allora, l’abbattimento di altre tre vele fino ad arrivare ai nostri giorni: “Ne rimangono ancora tre: la Vela Gialla, la Vela Rossa e quella Celeste. In questo momento stanno abbattendo la Vela Gialla e poi sarà la volta di quella Rossa. La Vela Celeste rimarrà invece intatta come simbolo del territorio, ma non sarà più a scopo abitativo. Ospiterà – spiega Mancini – diversi progetti: uno studentato, un ritrovo per start up, una parte sarà trasformata in uffici pubblici e così via”. Mancini auspica che “la Vela Celeste sia trasformata in una struttura multifunzionale: così contribuirà a rendere vivo il territorio di Scampia”.
Oggi a Scampia l’emergenza abitativa è quasi del tutto superata, ma il quartiere necessiterebbe di ulteriori provvedimenti come la manutenzione degli edifici, dato che “senza una manutenzione adeguata, con il tempo si rischia di riprodurre la situazione che abbiamo visto in questi anni all’interno delle Vele”. Poi c’è il tema del verde urbano: la manutenzione delle aree verdi – ricorda Mancini – è pari quasi a zero. Quel minimo è curato dai commercianti che hanno adottato le aiuole, come si capisce dalle tabelle pubblicitarie presenti negli spazi verdi”.
Quel che però rivoluzionerebbe il territorio è il lavoro: “Scampia è uno dei quartieri con il tasso più alto di disoccupazione. Andrebbe stimolato il tessuto industriale locale attraverso l’istituzione di una Zona Economica Speciale. Questo farebbe svoltare definitivamente il territorio”, conclude Mancini. Il lavoro delle associazioni a Scampia non è ancora finito. Ma è soprattutto grazie a loro se il quartiere da luogo di camorra è passato a essere visto come modello da replicare.