La congiuntura

Gelata sul Pil, nel 2° trimestre -0,1%. Giorgetti: con i dazi nel 2026 sarà -0,5%

Una frenata dell’economia era attesa ma le stime preliminari dell’Istat hanno mostrato addirittura una flessione congiunturale, -0,1%, e una decelerazione anche su base annua. Il Pil italiano, come quello tedesco, sono cresciuti sotto la media europea. L’effetto dazi ha colpito ancor prima della loro entrata in vigore. Il ministro Giorgetti è, comunque, ottimista sulla possibilità di raggiungere l’obiettivo di crescita del 2025, +0,8%. Ma, ha avvertito, i dazi al 15% peseranno per lo 0,5% nel 2026 per poi recuperare nel 2027.

30 Lug 2025 di Maria Cristina Carlini

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La partenza (quasi) sprint del Pil – sempre comunque nell’ordine dello zero virgola- che nel primo trimestre aveva sorpreso tutti ora rallenta molto bruscamente. La frenata era, in  realtà, prevista: le indicazioni dei principali previsori parlavano di crescita moderata alla luce dell’incertezza creata dalla guerra commerciale voluta dall’amministrazione Trump. Ma, ieri, i dati diffusi dall’Istat sono arrivati come una doccia fredda perchè hanno svelato un segno meno ancor prima dell’entrata in vigore dei temuti nuovi dazi. I quali, ha preannunciato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, peseranno per mezzo punto sul Pil del 2026. Secondo la stima preliminare dell’istituto di statistica il prodotto interno lordo italiano,  corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è sia diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e aumentato dello 0,4% in termini tendenziali.  Il secondo trimestre del 2025 ha avuto una giornata lavorativa in meno sia rispetto al trimestre precedente, sia rispetto al secondo trimestre del 2024. La variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca e in quello dell’industria e di una sostanziale stazionarietà nei servizi. Dal lato della domanda, si rileva un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto negativo della componente estera netta. La variazione acquisita per il 2025 rimane quella di +0,5%, uguale a quella rilasciata con la diffusione dei conti trimestrali completi relativi al primo trimestre dell’anno.

Analizzando le serie storiche dell’Istat, bisogna riandare al secondo trimestre del 2023 per trovare una flessione del Pil che allora fu dello 0,2%. Nel terzo trimestre del 2024 si era invece registrata una crescita nulla, seguita da due trimestri con un progressivo incremento dello 0,2% nell’ultima frazione del 2024 e dello 0,3% del primo trimestre del 2025. Anche il dato tendenziale, ancora in terreno positivo, mostra una decelerazione rispetto al valore che si era registrato nel trimestre precedente, che aveva visto una crescita più sostenuta dello 0,7%.  I numeri non sembrano scalfire la fiducia del Governo sulla possibilità di cogliere l’obiettivo fissato dal Documento programmatico di bilancio e cioè +0,6%. Basta poco, anche una crescita modesta per conseguirlo: è il ragionamento del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, secondo il quale anche una “modestissima crescita che noi ci auguriamo più robusta, assicurerà questo risultato”. Si punta, dunque, a un recupero nel trimestre in corso e nell’ultima parte dell’anno. Certo è che questi numeri non sono un buon abbrivio per affrontare gli impegni d’autunno, a cominciare dalla nuova manovra di bilancio che si avvicina a grandi passi. Tanto più in uno scenario carico di incognite come quello che dischiude l’accordo Usa-Ue sui dazi, che proeittano ombre lunghe sul prossimo anno. Arriva l’allerta da Giorgetti. Dal punto di vista finanziario l’impatto macroeconomico delle misure tariffarie “risulta proporzionalmente crescente all’aumentare dell’aliquota applicata. Fermo restando che una proiezione più dettagliata sarà possibile solo quando tutti gli aspetti dell’accordo saranno definiti, è possibile fin da ora prevedere in ordine all’impatto sul Pil reale italiano, nello scenario con dazi al 15%, un calo massimo (cumulato) di 0,5 punti percentuali nel 2026, seguito da un recupero graduale che porta il livello a riallinearsi a quello dello scenario base entro il 2029, in coerenza pertanto con le stime fornite dal documento di finanza pubblica, ha avvertito il Giorgetti durante il question time alla Camera. Per il 2026, l’asticella della stima di crescita era stata posta al +0,8%. Sul tema caldo degli aiuti che chiedomo le imprese per compensare l’impatto delle nuove tariffe, il titolare del Mef non si sbilancia. Parlare ora di iniziative di contrasto agli effetti dei dazi sulle imprese “e’ prematuro”, ha detto. In Scozia e’ stato raggiunto “un accordo politico” che deve ancora essere dettagliato. E’ stata scongiurata una guerra commerciale e si e’ chiusa una fase di incertezza, ma “una valutazione complessiva ad oggi non si puo’ trarre”.

Altro elemento che spicca dai numerosi dati macroeconomici arrivati ieri è che la crescita italiana rimane sotto la media europea. Anche l’Europa è, comunque, in frenata. Nel secondo trimestre del 2025 il Pil destagionalizzato e’ aumentato dello 0,1 % nella zona euro e dello 0,2 % nell’Ue rispetto al trimestre precedente, secondo la stima preliminare rapida pubblicata ieri da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea. Nel primo trimestre del 2025 il Pil era aumentato dello 0,6 % nella zona euro e dello 0,5 % nell’Ue. Rispetto al secondo trimestre 2024, il Pil e’ aumentato dell’1,4% nell’area euro e dell’1,5% nell’intera Unione europea, dopo il +1,5 % nella zona euro e il +1,6 % nell’UE nel trimestre precedente. Intanto, a luglio l’indice della Commissione europea che misura il sentimento sull’andamento dell’economia registra per l’area euro +1,6 punti a quota 95,8, nella Ue +1 punto a quota 95,3. Le attese di occupazione rilevate per l’area euro indicano +0,3 punti a quota 97,5, per la Ue -0,3 punti a quota 97,4. Entrambi gli indicatori sono al di sotto della media di lungo termine.

Esattamente come l’Italia, cammina la Germania. Il Pil tedesco nel secondo trimestre cala dello 0,1% rispetto ai primi tre mesi dell’anno. E se ad inizio anno l’economia tedesca dava segni di ripresa, con l’economia che cresceva nel primo trimestre dello 0,3%, anche per la Germania è stata certificata la frenata.  Rispetto al 2024 il secondo trimestre del 2025 non fa registrare differenze, attestandosi sullo stesso livello, ma essendoci nel 2025 un giorno in meno di lavoro, l’Ufficio federale di Statistica tedesco calcola che al netto di questa situazione si osserva una crescita dello 0,4%. Positiva invece la performance della Francia che ha visto il Pil accelerare a +0,3% rispetto al +0,1% del primo trimestre.

La sorpresa arriva dagli Usa.  Il Pil statunitense e’ aumentato del 3% nel secondo trimestre dal -0,5% del primo trimestre e ben oltre le stime (+2,4%). L’economia si era contratta dello 0,5% nel trimestre gennaio-marzo, il primo calo del Pil in tre anni. Il dato principale del Pil e’ stato fortemente distorto dagli scambi commerciali, come nel caso del primo trimestre. Gli economisti affermano che la politica commerciale protezionistica del presidente Donald Trump, che include dazi doganali sulle importazioni e il rinvio dell’aumento dei dazi, ha reso difficile avere un quadro chiaro dell’andamento dell’economia. “Il Pil del secondo trimestre è stato appena pubblicato: 3%, molto meglio del previsto! ‘Troppo tardi’ dovrebbe ora abbassare i tassi, non c’è inflazione! Lasciate che le persone comprino, e rifinanzino, le loro case”, ha subito scritto su Truth Social.  L’appellativo ‘troppo tardi’ è riferito al presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ‘colpevole’ di mantenere invariati i tassi d’interesse. Ma la Fed ieri ha deciso di lasciare i tassi invariati.

 

 

 

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