Dagli Spazi Indecisi di Forlì al caso Favara. Girotondo di progetti locali
Sono tanti e diversi per impatto, scala e tipologia. Anche se le necessità e le condizioni di partenza spesso sono simili: l’abbandono e il degrado di un luogo da far rinascere. In questa mini-rassegna ci sono anche il progetto Dumbo di Bologna e la Mar, la miniera argentiera fronte mare di Sassari. Non serve l’etichetta formale bensì l’effettività delle operazioni di placemaking sul territorio.
Progetti locali, di quartiere, territoriali. Sono tante le dimensioni che può assumere la traduzione concreta di un caso di placemaking. Difficili, almeno all’apparenza, da riconoscere perché spesso non catalogati formalmente come tali. Ma la trasformazione urbana è sostanziale, concreta. In questa mini-rassegna vale la pena raccontare in breve gli Spazi Indecisi di Forlì, il Dumbo di Bologna, la Mar di Sassari e il Farm Cultural Park di Favara, in Sicilia.
Nel Comune romagnolo, Spazi Indecisi dal 2009 è coinvolta nel ripensamento dei luoghi lasciati a se stessi. Interventi leggeri che vanno dalle mostre alla realizzazione di attività documentale di testimonianza della storia dei singoli posti, percorsi turistici, attività nelle scuole, co-gestione degli spazi da rigenerare. C’è, ad esempio, la linea di rigenerazione 1 che coinvolge l’asse stazione – Area I Portici – Exatr (un’ex autorimessa) – Centro. Oppure, il progetto “Mettiti nelle mie scarpe” che punta a riattivare gli spazi dell’ex Fabbrica Battistini, sede del Calzaturificio Trento.
A Bologna, invece, Dumbo è acronimo di distretto urbano multifunzionale Bologna e gestisce gli spazi all’interno dell’area ferroviaria dello scalo Ravone, di proprietà di Fs Sistemi urbani e grande 40mila metri quadrati. Il collettivo apre periodicamente delle call per far svolgere ogni tipo di attività culturale e di intrattenimento, d’estate soprattutto con un calendario dedicato.
A Sassari, il progetto Mar – Miniera argentiera (curato dall’associazione Landworks e gli artisti internazionali Tellas e 2bleene) ha rigenerato dal 2019 lo spazio “Fronte mare”. 500 metri quadrati nell’antico complesso minerario che sono diventate aree giochi, sport, lettura, percorsi di visite e spazi per eventi come spettacoli e proiezioni cinematografiche. Ancor di più in questo caso, l’estate è il periodo perfetto per ogni tipo di kermesse aperte e gratuite da mattina a notte.
A chiudere vale molto la pena raccontare il caso forse unico di Favara, in Sicilia. Dove una coppia, il notaio Andrea Bartoli e sua moglie Florinda Saieva, hanno ispirato una serie di interventi nel comune che ha poco più di 30mila abitanti. Il progetto si chiama Farm Cultural Park e ha prodotto, è comune fare questo paragone, una Berlino in miniatura. L’unicità, quindi, sta nel fatto di aver rimesso completamente mano, sempre grazie a cittadini, volontari e artisti, a un intero Comune. Capovolgendo anche la nomea di centro preda di abusivismo edilizio. Tra le tante attività nate, oltre ai murales che hanno colorato muri e palazzi, c’è la scuola di architettura per bambini, spazi e gallerie per le mostre, una foresta interna che ha trasformato l’interno di Palazzo Micciché.
Questi casi sono diversi per impatto, scala e tipologia. Anche se le necessità e le condizioni di partenza spesso sono simili: l’abbandono e il degrado di un luogo da far rinascere. Non serve l’etichetta di placemaking, serve che funzionino davvero. E ispirino nuove esperienze di trasformazione delle città.