Med & Italian Energy Report

Energia: Italia meno dipendente, ma ora INSISTERE sulle rinnovabili

In Europa la riduzione della dipendenza energetica è centrale per poter affrontare i temi della competitività e della crescita. In Italia, grazie allo sviluppo delle fonti rinnovabili, si registra un calo della dipendenza, pur restando con una percentuale sopra la media europea. A scattare la fotografia è la sesta edizione dell’analisi Med & Italian Energy Report. Il rapporto, realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e frutto della sinergia tra Srm, centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo, e l’Esl@energycenter Lab del Politecnico di Torino, presentato il 28 gennaio nel corso di una iniziativa al Parlamento europeo.

28 Gen 2025 di Giusy Iorlano

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Male, ma non malissimo. Si potrebbe riassumere così la situazione del fabbisogno di energia dell’Italia che, grazie soprattutto allo sviluppo delle fonti rinnovabili, registra un calo della dipendenza, pur restando con una percentuale al di sopra della media degli altri paesi europei. A scattare la fotografia è stata la sesta edizione dell’analisi Med & Italian Energy Report. Il rapporto, realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e frutto della sinergia tra Srm, centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo, e l’Esl@energycenter Lab del Politecnico di Torino, è stato presentato il 28 gennaio nel corso di una iniziativa al parlamento europeo.

Dall’analisi, in particolare, emerge che è migliorato, seppur di poco, il livello di dipendenza, passando dal 77% al 74% mentre sono stati raggiunti livelli di scorte del 98,5%, oltre la media europea, assicurandosi ampia copertura contro eventuali rischi associati alle forniture di gas per la stagione invernale 2024/25.

Un dato che però ha “registrato un calo di circa tre punti percentuali rispetto al 2019”, ha spiegato Massimo Deandreis, direttore generale del centro studi Srm. Una riduzione prevalentemente dovuta all’aumento della produzione da fonti rinnovabili. Il tema della sicurezza energetica e quello della transizione sono “temi centrali per i nostri territori”, ha evidenziato Marco Gilli, presidente di Fondazione Compagnia di San Paolo.

Le energie rinnovabili restano comunque il driver su cui insistere. Gli ultimi dati di Terna per il 2024 evidenziano, infatti, che la richiesta di energia elettrica è stata soddisfatta per il 42,5% dalla produzione da fonti energetiche non rinnovabili, per il 41,2% da fonti energetiche rinnovabili (il massimo di sempre) e la restante quota (16,3%) dal saldo estero. Il divario con gli obiettivi intermedi del 2025 (48%) e del 2030 (65%) previsti dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) richiede un forte impegno.
Tra le diverse fonti molto positivo è l’andamento del fotovoltaico: +19,3% sul 2023. Un record di produzione che ha consentito di soddisfare l’11,5% della domanda del 2024. Nel complesso l’incremento di fotovoltaico ed eolico è pari ad un +8,4% sul 2023. Insieme hanno coperto il 18,6% del fabbisogno elettrico nazionale.

Dai dati spicca, inoltre, l’effetto della sostituzione delle importazioni di gas naturale dalla Russia, crollate da quasi 40% nel 2022 a 4,2% nel 2024, e sostituite dai volumi in entrata dall’Algeria, passata da 29,5% a 38% nello stesso periodo.

Il Belpaese ha anche superato ampiamente la media europea di stoccaggio di gas naturale per l’inverno, portando il livello di riempimento delle riserve al 98,5% nel novembre 2024, e ha aumentato la capacità di importazione di gas naturale liquefatto (gnl) per via dell’aumento dello sfruttamento dei tre terminali già esistenti (Adriatic GNL, vicino a Rovigo; Snam GNL terminal a Panigaglia vicino La Spezia; OLT
Offshore GNL Toscana, vicino a Livorno) e grazie all’avvio delle operazioni del rigassificatore a Piombino e, in prospettiva, quello di Ravenna.

L’Europa

L’Ue resta troppo dipendente dalle importazioni energetiche (58,3%) a fronte di una dipendenza cinese del 20% e di una totale autosufficienza degli Stati Uniti. Su questo elemento, più che in passato, “si giocherà la competitività globale – si legge nello studio – E’ fondamentale, perciò, procedere nel dialogo energetico tra Europa e Nord Africa anche per la produzione di rinnovabili e idrogeno verde”.

Guardando specificatamente alla produzione di energia elettrica, è in corso da oltre un ventennio un’importante modifica del mix europeo di generazione. L’uso del carbone è diminuito drasticamente dal 32% del 2000 a circa il 12% mentre è leggermente aumentata la quota del gas naturale dal 12% al 17%. Dominano oggi le energie rinnovabili, passate dal 15% nel 2000 al 45%. Ci si aspetta un ritmo di espansione dell’elettricità da rinnovabili più che doppio entro il 2030.
Tra i principali paesi europei: la Spagna presenta un mix più equilibrato e con il più alto peso delle rinnovabili che arrivano al 51% del totale nel 2023; la Germania è il Paese con il più elevato utilizzo di carbone (26% del totale), anche se in forte riduzione. In Francia il mix energetico è dominato dal nucleare (64% del totale).

Un elevato livello di dipendenza energetica, si legge nel documento, “espone maggiormente i singoli Paesi alla volatilità dei prezzi delle commodity energetiche sui mercati internazionali e agli impatti delle tensioni geopolitiche, condizionandone la competitività rispetto ai paesi più autosufficienti”. In sostanza, se il tessuto produttivo del continente vuole tornare a competere con il resto del mondo è necessario trovare strade alternative.

Ma le tensioni geopolitiche degli ultimi anni, in particolare il conflitto Russia-Ucraina e la crisi del Medio Oriente, non hanno aiutato. Così come anche la crisi del Mar Rosso che ha avuto impatti rilevanti sui transiti energetici, facendo calare le importazioni di greggio da quell’area da oltre il 16% nell’ottobre 2023 a circa il 4% nel febbraio 2024, per poi rimanere sempre al di sotto del 5%.

Per gli esperti, poi, ci saranno “impatti rilevanti” dovuti alla presidenza di Donald Trump, con una spinta a vendere più petrolio e gas all’Europa e accelerando la tendenza già in atto sul Gnl. I paesi della sponda settentrionale del Mediterraneo sono i maggiori consumatori di energia, mentre i paesi della sponda sud (Nord Africa) hanno una notevole disponibilità di risorse fossili: Algeria, Egitto e Libia, considerate insieme, ospitano l’86,7% del totale delle riserve mediterranee di gas naturale e il 94,5% del totale delle riserve di petrolio greggio.

Il rapporto dimostra che considerando la generazione di elettricità da fotovoltaico, basterebbe meno dell’1% della superficie dei paesi della costa meridionale per generare elettricità sufficiente non solo a soddisfare la loro futura domanda di energia elettrica, ma anche per produrre elettricità in eccesso che potrebbe essere esportata verso le altre due sponde.

Il recente patto strategico tra l’Italia, l’Albania e gli Emirati Arabi Uniti, firmato il 15 gennaio dalla premier Giorgia Meloni, “è la chiave per una nuova diplomazia energetica, che puntando sulle interconnessioni costituisca un modo concreto e sostenibile di affrontare la transizione energetica”. Con l’Italia che può assumere il ruolo di “ponte”.

Il ruolo degli Stretti: Hormuz, Malacca e Suez chokepoint energetici

Un ruolo strategico, rileva lo studio, è svolto dagli stretti. Passano attraverso Hormuz il 34% del commercio di greggio, il 14,3% dei prodotti raffinati, il 25,6% del gas ed il 18% del Gnl. Per lo Stretto di Malacca invece transita circa il 33,5% del commercio di greggio insieme al 13% circa dei prodotti raffinati, al 15,1% del gas ed al 17% del Gnl. Sono transitati per Suez il 5% del commercio totale di petrolio (crude + refined), il 2,2% del gas e l’1,2% del Gnl. Valori che in prospettiva, sottolinea l’analisi, quando avverrà la normalizzazione in Medio Oriente, potrebbero tornare ad essere ben superiori. Le perturbazioni del Mar Rosso hanno condizionato gli approvvigionamenti energetici di gas allungando le catene di fornitura; la durata media dei viaggi delle metaniere dal Qatar è passata da 18,5 giorni nel 2023 a 39,7 giorni nell’aprile 2024 ma, si osserva, la tregua firmata tra Israele e Hamas apre finalmente spiragli per una graduale ripresa dei traffici attraverso il Mar Rosso. Infine, sottolinea ancora la ricerca, la guerra Russia-Ucraina ha portato a un potenziamento del commercio intra- mediterraneo di materie prime fossili, con l’Algeria che ha gradualmente sostituito i flussi di gas russo, diventando in breve tempo il principale fornitore di gas dell’Italia. Le importazioni di gas dall’Algeria attraverso il gasdotto Transmed sono aumentate dal 29,5% del totale nel 2021 al 38% nel 2023. L’incidenza delle forniture russe è diminuita dal 39,4% nel 2021 ad appena il 4,2% nel 2023.

Porti e shipping strategici

Porti e shipping sono strategici per l’economia energetica globale. Accanto al ruolo di hub per le commodity fossili, i porti stanno, infatti, diventano anche luoghi strategici per la transizione green e per favorire il “ponte energetico” tra Europa e Nord Africa. E i porti italiani sono in prima fila per la posizione di “ponte”, appunto, del Paese tra Ue e Africa.

In particolare, è proprio nei porti che vanno sempre più diffondendosi grandi progetti inerenti le energie rinnovabili, in particolare solare ed eolico anche offshore. La capacità di accogliere navi con propellenti come metanolo, GNL, ammoniaca ed altri combustibili potrà essere una discriminante competitiva di notevole portata. Il 52,6% del portafoglio ordini navale nei cantieri sarà in grado di utilizzare carburanti o propulsioni alternative.

Diversi porti italiani figurano nella top 10 dei principali porti energy dell’area Med, con un ruolo rilevante soprattutto per il trade di petrolio e derivati. Per il greggio: Trieste (38 milioni di tonnellate movimentate), Augusta e Sarroch (12 milioni di tonnellate movimentate ciascuna); Augusta (9,5 milioni di tonnellate) e Sarroch (7,8 milioni di tonnellate) per i prodotti petroliferi raffinati; Napoli per il gas (1 milione di tonnellate); Porto Levante-Rovigo (6,4 milioni di tonnellate) e Piombino (2,4 milioni di tonnellate) per il GNL.

In Italia, i porti risultano in prima fila sull’energia e il segmento energy vale il 35% del totale movimentato. Essi stanno affrontando e sempre più saranno protagonisti di una rivoluzione energetica.

Ad avanzare è il modello green con investimenti e nuove sfide per le nostre infrastrutture. I primi 5 Energy port italiani concentrano il 69% del traffico e sono: Trieste, Cagliari, Augusta, Milazzo e Genova. Trieste è il più importante porto energetico e gateway dell’Italia. Tre di
questi porti sono nel Mezzogiorno che ha un peso specifico di circa il 50% della movimentazione portuale italiana e quindi un ruolo chiave nel percorso verso la transizione “green” contribuendo a generare sinergie tra le due sponde del Mediterraneo. La nuova sfida, infatti, “è quella di diventare hub della transizione energetica, impegnandosi a rendere più ecologiche le proprie attività”, sottolinea il report.
Grazie, quindi, alla vicinanza a potenziali aree di produzione rinnovabile in Nord Africa, gli investimenti nelle infrastrutture e nella logistica in chiave sostenibile contribuiscono a rendere “i nostri porti attori chiave, rafforzando la posizione geostrategica dell’Italia e del Mezzogiorno
nel Mediterraneo”.

Gli emendamenti in arrivo

In Italia, intanto, il prezzo dell’energia sale ancora e supera i 150 euro a megawattora. Nella settimana dal 20 al 26 gennaio, il Gestore dei mercati energetici (Gme) ha registrato un prezzo medio dell’energia elettrica pari a 153,97 euro a Mwh, in rialzo del 4,4% rispetto ai sette giorni precedenti. Per contenere gli alti costi dell’energia arriva tre emendamenti identici al dl emergenze e Pnrr presentati da FI, FdI e Lega, redatti sulla falsariga di quanto proposto da Confindustria nel corso della recente audizione sul provvedimento alla Camera. La norma stabilisce dunque che il Gse partecipi alla piattaforma di mercato per la negoziazione di lungo termine di energia da fonti rinnovabili. L’obiettivo è quello di offrire una quota fino al 100% dell’energia, e le relative garanzie di origine, alle imprese sia residenti che non residenti in Italia, purché con stabile organizzazione nel territorio nazionale. L’offerta avviene attraverso procedure competitive con un prezzo minimo basato sul costo della produzione di energia e sui prezzi dei Ppa (Power purchase agreement) registrati a livello europeo.

 

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