L'audizione in Parlamento
Donnarumma: “Spesi metà dei fondi Pnrr, ora 700-800 milioni al mese. Avanti con Strisciuglio”
L’ad di Fs alla commissione Trasporti della Camera sui disagi: “Pianificheremo la vendita dei biglietti sulla base di un monitoraggio costante della rete, tratta per tratta”. Sullo spostamento dell’ex ad di Rfi a Trenitalia “abbiamo fatto tutte le verifche tecnico-legali”. Restano fermi gli obiettivi di centrare i target del Pnrr a giugno 2026 (tranne il terzo valico) e non c’è alcun progetto di privatizzazione o di quotazione ma la definizione di un modello che assicuri il finanziamento degli investimenti scongiurando in prospettiva situazioni di “tossicità” finanziaria per l’alto debito.

STEFANO ANTONIO DONNARUMMA, AD DEL GRUPPO FS

Avanti sulle nomine ai vertici delle controllate perché non c’è alcuna “forzatura” e avanti anche con gli interventi di razionalizzazione, anche attraverso una pianificazione della vendita dei biglietti, per fronteggiare i disservizi causati dai lavori sulla rete e limitare i disagi per i viaggiatori. Rimangono fermi gli obiettivi di centrare buona parte dei target del Pnrr a giugno 2026 e non c’è alcun progetto di privatizzazione o di quotazione ma la definizione di un modello che assicuri il finanziamento degli investimenti scongiurando il rischio che il gruppo venga a trovarsi in prospettiva in una situazione di “tossicità” finanziaria per l’alto debito. Sono queste alcune delle risposte sui temi più caldi e sulle criticità che hanno investito in questi mesi le Ferrovie dello Stato, che l’amministratore delegato del gruppo, Stefano Donnarumma, ha dato nella sua prima audizione in Parlamento, davanti alla Commissione Trasporti della Camera. Un appuntamento particolarmente atteso viste non solo le vicende legate alla stretta attualità dei disservizi ma anche a fronte delle nuove prospettive delineate dal nuovo piano strategico varato a dicembre e alla questione spinosa di una eventuale privatizzazione, dove i nervi – e non è una novità- sono sempre scoperti.
Uno dei nodi da sciogliere, finito al centro di polemiche politiche, è sicuramente quello della nomina della nuova squadra di vertice delle società controllate. Proprio in occasione della presentazione del piano – il 12 dicembre scorso – Donnarumma aveva parlato della fine dell’anno per chiudere il cerchio. Ma le indicazioni dei nuovi top manager sono poi arrivate nel cda del 24 gennaio scorso. Il dossier è passato nelle mani del Mef ma da allora tutto tace. Un’interrogazione parlamentare presentata dal Pd ha puntato i riflettori sui possibili ostacoli sull’iter di nomina, sollevando la questione di una possibile violazione del dlgs 112/2015 che all’articolo 11 prevede che chi ha avuto responsabilità rilevanti nella gestione della rete debba attendere almeno due anni prima di guidare un soggetto che vi opera. Il caso di specie riguarda il passaggio dell’amministratore delegato di Rfi, GianPiero Strisciuglio, al vertice di Trenitalia. E, in audizione, puntuale è arrivata la domanda posta a Donnarumma da uno dei firmatari dell’interrogazione, Andrea Casu. “Poca chiarezza sulle procedure di nomina o norme non rispettate? Ritengo che sia un’informazione passata in maniera imprecisa e ne me dispiace. Perché non ci pensiamo proprio a non applicare le norme, cosa che peraltro non potremmo fare”, ha risposto secco Donnarumma. E sarebbe anche “offensivo” attribuire l’intenzione di voler fare forzature in tale senso.
“Nello specifico, il passaggio dell’ingegner Strisciuglio dalla guida di Rfi a Trenitalia è passato attraverso il vaglio delle nostre valutazioni tecnico-legali, anche con pareri terzi e studiando approfonditamente la norma, che non prevede che questo non sia possibile – ha spiegato Donnarumma – ma prevede che lo sia qualora determinate attività svolte dall’organo direttivo rientrino nella fattispecie dei limiti che la norma prevede. Ed è quello che abbiamo appurato”. Dunque, “sostanzialmente non attengono all’ingegner Strisciuglio e alle sue prerogative le decisioni che impattano su quegli aspetti vincolati dalla norma. Dunque, stiamo fornendo ulteriori documentazioni al Mef che sta facendo, giustamente, le sue valutazioni in una maniera assolutamente collaborativa. E se verrà comprovato, come noi crediamo, non ci sarà nessun vincolo al passaggio”.
Dalle nomine al fronte dei lavori sulla rete. Fin da poche settimane dopo il suo insediamento, il numero uno delle Fs aveva preannunciato interventi per fronteggiare la situazione. “Appena insediato, ho vissuto da spettatore il mese di luglio, con i miei collaboratori abbiamo fatto analisi giorno per giorno, cantiere per cantiere, ritardo per ritardo, nulla è stato lasciato al caso. Ma una cosa che mi è sembrata molto chiara è stato il fatto che sia mancata una informazione corretta ai cittadini”. ha ammesso Donnarumma. Si è corso così ai ripari. “Stiamo pianificando una campagna di informazione che cantiere per cantiere, tratto per tratto, informerà tutti i cittadini italiani e quindi gli utenti delle nostre ferrovie su quali disagi potranno incontrare, in quali settimane. E la vendita dei biglietti verrà fatta considerando questi aspetti”, ha annunciato Donnarumma. “La pianificazione è pronta, intendiamo presentarla con una conferenza stampa. Nulla di particolarmente drammatico – ha quindi precisato – nel senso che ci saranno disagi su alcune tratte, una, due o tre settimane in cui le tratte non saranno mai precluse ma meno efficienti perché i treni dovranno circolare su un solo binario anziché due. Ci saranno dei prolungamenti nella durata del viaggio ma nulla che impedirà alle persone di spostarsi. D’altro canto questi lavori sono necessarie”. Non solo. “Siamo intervenuti ridestinando alcuni treni togliendoli dalle stazioni di snodo e la puntualità media di gennaio è stata migliore”.
Al centro dell’audizione gli investimenti del Pnrr. “Dei 25 miliardi di investimenti legati al Pnrr, a dicembre 2024 ne sono stati consuntivati 12 miliardi, ne restano 13 da realizzare”, ha riferito Donnarumma. Il quale ha anche puntato l’indice su quello che, “nella sua visione da ingegnere”, considera una sorta di peccato originale nella pianificazione di queste opere che, insieme gli interventi di manutenzione, sono la causa dei problemi sulla rete di questo periodo. “Io avrei pianificato in maniera diversa, dei 25 miliardi, una parte poteva essere per lo sviluppo di nuove infrastrutture e una parte dedicata al rifacimento sulle infrastrutture esistenti. Ma tutti sono stati destinati allo sviluppo di nuove infrastrutture, evidentemente perché doveva essere fatto così. Ma, in questo modo, considerando che la pianificazione prende mediamente 10 anni, dalla progettazione alla realizzazione, la filiera è in fortissimo affanno”. Ora, ha spiegato Donnarumma, si procede con un rate mensile che ammonta a oltre 700-800 milioni. “La maggior parte dei cantieri sono in svolgimento e molti di questi sono in fase molto avanzata. In proiezione, al giugno del 2026 l’avanzamento delle nostre attività può consentire il raggiungimento di buona parte degli obiettivi a noi assegnati, con alcuni aspetti oggetto di una fase di rinegoziazione che sta curando il team del ministro Foti in collaborazione con noi e con il team del ministro Salvini”, ha precisato. “I 13 miliardi sono una quota parte dei 60 miliardi complessivi” di investimenti sulla rete, ha spiegato l’ad, “uno sforzo di investimento che non si conclude con il Pnrr”.
Su un punto poi Donnarumma è stato categorico: non ci sono progetti di privatizzazione o quotazione delle Ferrovie. Ma, ha spiegato, allo scopo di assicurare nel tempo un sufficiente finanziamento dell’azienda, “il management ha proposto una possibile soluzione, in fase di esame sia da parte della Ragioneria che degli uffici del Mef, che riguarda la possibilità di identificare un perimetro specifico dell’infrastruttura – esclusivamente legata alla gestione dell’Alta velocità – la quale essendo utile alla gestione di un mercato ferroviario con un sostegno da parte dello Stato inferiore alla quota che invece viene sostenuta grazie alla vendita dei biglietti, potrebbe, in senso astratto, superare l’esame del market test. Se così fosse, il progetto diventerebbe finanziabile; e se fosse finanziabile potrebbe essere deciso – ma questo riguarda il Mef con cui si sta discutendo – in che forma finanziarlo: quindi non più con un contributo pubblico, ma magari con un fondo infrastrutturale che può essere anche un fondo di investitori italiani, come F2i”.
“Questa è una delle idee – ha aggiunto Donnarumma – non è stato deciso, e non sarà Ferrovie, nel caso, a decidere chi può essere il finanziatore di questi investimenti. Non abbiamo parlato di privatizzare le Ferrovie dello Stato, né tantomeno di quotarle – ha ribadito -: stiamo parlando di un perimetro di rete specifico contenuto all’interno di Rfi, e che rimarrebbe nella proprietà di maggioranza del Gruppo Ferrovie e quindi sotto il controllo pubblico, e che vedrebbe solamente un contributo di finanziamento nella forma che bisogna identificare e che non è assolutamente detto che debba essere di privati, ma che può essere un investitore pubblico”.
Parlando dei conti del gruppo, Donnarumma ha spiegato che “Il 2024 sarà un anno con criticità dovute più che altro da necessità di accantonamenti precauzionali”, legati alle Ferrovie del Sud Est. “Le Ferrovie dello Stato, tra tutte le proprie attività, fatturano intorno ai 16 miliardi, dico intorno perché chiaramente i dati del 2024 non sono ancora definitivi, ma siamo in fase di elaborazione del bilancio, quindi mi riferisco ai dati del 2023 ma che comunque vedono pressoché una continuità con il 2024”, ha detto, “A fronte di un fatturato di questa dimensione, il margine operativo lordo si attesta a meno di 2 miliardi e gli utili, mediamente nella nostra azienda, sono o di poco positivi o di poco negativi, si aggirano molto più frequentemente intorno allo zero, anche perché le Ferrovie dello Stato non sono strutturate come un’azienda che deve produrre un utile, dividendi, ma devono compiere una missione, deve garantire i servizi”.