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Csc: crescita anemica, stagnazione scongiurata dal Pnrr. Orsini: “Certezze sugli investimenti per muovere il Paese”

02 Ott 2025 di Maria Cristina Carlini

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Csc: crescita anemica, stagnazione scongiurata dal Pnrr. Orsini: “Certezze sugli investimenti per muovere il Paese”

EMANUELE ORSINI PRESIDENTE CONFINDUSTRIA

Se la crescita dell’economia italiana, pur risicata e anemica, ha avuto impulso dal Pnrr, lo scenario post giugno 2026 proietta ombre e incognite pesanti. All’incertezza alimentata dalle tensioni innescate dalla  guerra commerciale – che già hanno prodotto i loro effetti- si aggiunge in prospettiva altra incertezza con lo stop al piano di ripresa e resilienza a metà del prossimo anno. È questa la grande questione di fondo sottesa al nuovo Rapporto  previsionale d’autunno presentato ieri dal Centro studi di Confindustria. Una domanda alla quale gli industriali danno una risposta netta che è quella di agire sulla leva degli investimenti per dare linfa alla crescita del Pil e della produttività. 

Ma partiamo dai nuovi dati aggiornati che ieri ha illustrato il direttore del CSC, Alessandro Fontana. Penalizzato dal difficile contesto globale ed europeo,  il Pil avrà un incremento annuo pari ad appena il +0,5% nel 2025, inferiore di 0,1 punti a quanto previsto nello scenario di aprile. Una revisione al ribasso dovuta al primo impatto dei nuovi dazi imposti dall’amministrazione  Usa. La crescita italiana è attesa accelerare di poco nel 2026, a +0,7%, tornando sui ritmi del 2024. Quello che emerge con nettezza è che il Pnrr costituisce la principale leva di crescita per l’Italia. Infatti, secondo  una simulazione del Centro studi di Confindustria, l’effetto positivo del Pnrr sul Pil e’ stimato in un +0,8% nel 2025 e un +0,6% nel 2026, rispetto alla variazione nello scenario base (+1,4% cumulato nei due anni). Questo significa che la dinamica del Pil italiano in assenza di Pnrr sarebbe di -0,3% nel 2025 e di +0,1% nel 2026 (-0,2% nel biennio): non ci sarebbe crescita, ma una stagnazione. Infatti, per il CsC, l’implementazione del Pnrr, che include investimenti pubblici, riforme, incentivi, avra’ un impatto molto positivo sulla crescita del Pil nel biennio di previsione: tra 2025 e 2026 le risorse programmate ammontano a circa 130 miliardi. L’ipotesi dello scenario CsC e’ che venga spesa la meta’ delle risorse disponibili, circa 65 miliardi; sono inclusi circa 11 miliardi, pari alla meta’ delle risorse non spese nel 2024, che slittano al 2026.

Se il Pnrr traina,una forza contraria è invece l’andamento dell’export. La dinamica annua dell’economia è frenata in particolare dalla battuta d’arresto nel 2° trimestre 2025, quando il PIL italiano è diminuito di 0,1%, a causa della caduta delle esportazioni. Nello scenario CSC, la crescita dell’export di beni e servizi, già molto debole nel 2023-2024, si attesterà su ritmi vicini allo zero nel 2025-2026; in particolare, le vendite di beni sono previste in calo. Le importazioni, invece, saranno in aumento e di conseguenza l’export netto offrirà un contributo molto negativo alla variazione del PIL. Il profilo dell’export è rivisto significativamente al ribasso rispetto al rapporto di aprile, a causa del balzo delle barriere tariffarie USA sui prodotti europei e dell’inasprirsi delle tensioni geopolitiche mondiali. L’export italiano  di beni, inoltre, perde terreno anche rispetto al commercio mondiale, perché è ancora debole la domanda in Europa (principale destinazione dei prodotti italiani) e perché l’euro forte penalizza la competitività dei prodotti di tutta l’Eurozona. Le prospettive non sono buone, visto che l’attività industriale europea è attesa risalire solo gradualmente e i freni protezionistici e geopolitici appaiono duraturi. In positivo, la ratifica dell’accordo UE-Mercosur aprirebbe importanti mercati di sbocco, a parziale compensazione delle barriere sul mercato USA.

Viceversa, la componente di domanda più robusta in Italia sono gli investimenti fissi, segnala il CSC . Dopo il rallentamento nel 2024 (+0,5%), la loro dinamica è tornata a rafforzarsi tra fine anno scorso e prima metà del 2025. Sono attesi rimanere in espansione nella seconda parte di quest’anno (+3,0% in media) e rallentare il prossimo +1,9%). Oltre che giovarsi della politica monetaria non più restrittiva, che avrà un impatto attenuato l’anno prossimo, gli investimenti sono stati stimolati efficacemente dagli incentivi fiscali. Quelli in costruzioni residenziali, caduti nel 2024 ma in ripresa quest’anno, sono sostenuti da Ecobonus e Bonus Ristrutturazioni, pur depotenziati rispetto al passato; quelli in macchinari e attrezzature e intangibili, da Transizione 4.0 e, dopo le ultime semplificazioni, anche da Transizione 5.0; il PNRR sta trainando gli investimenti in fabbricati non residenziali, un traino che si affievolirà nel 2026 per il termine a metà anno del Piano, avverte il Rapporto.

L’incertezza, inevitabilmente, pesa sulla domanda andando a incidere sui  consumi delle famiglie italiane che, infatti ,hanno frenato nella prima metà del 2025, in particolare per la domanda di beni, mentre la spesa per servizi è cresciuta a ritmi moderati. Nello scenario previsivo del CSC, i consumi sono attesi avere una crescita modesta anche nei prossimi trimestri, arrivando a +0,5% nella media del 2025 e a +0,7% nel 2026. La causa principale di tale dinamica debole è l’alta propensione al risparmio, causata dall’anomala incertezza, che quest’anno frena l’effetto positivo dell’espansione del reddito delle famiglie; per il prossimo anno, il modesto calo ipotizzato per il tasso di risparmio lascia, invece, un po’ di spazio all’espansione dei consumi. Le famiglie, dunque, rileva il Csc, mostrano abitudini di consumo e risparmio strutturalmente più caute, dati gli elevati rischi dello scenario e perché fanno ancora i conti con i rincari degli ultimi anni, visto che il livello dei prezzi è rimasto più alto in modo permanente.  Un altro cambiamento nelle abitudini delle famiglie italiane è l’alta propensione ad investire, che si. riferisce alle spese per ristrutturazioni edilizie: è scesa solo di poco rispetto ai picchi toccati con il Superbonus. I motivi sono vari: le famiglie hanno familiarizzato con lo strumento fiscale delle detrazioni; nel clima di incertezza, la casa è divenuta ancor più il “bene rifugio” e le ristrutturazioni consolidano il valore del patrimonio immobiliare; il boom degli affitti brevi, per fini turistici specie nelle grandi città, incentiva l’investimento in ristrutturazioni di seconde case.

 Dal lato dell’offerta, l’industria italiana, dopo la buona ripartenza del 1° trimestre 2025 in termini di produzione, ha rallentato già nel secondo. Questi dati appena positivi vengono dopo il forte calo della produzione nel 2023-2024, che ha riportato l’industria sotto i livelli pre-pandemia. Nel 2025, il clima di forte incertezza pervade anche gli indicatori congiunturali, che danno segnali misti, tra i quali si coglie una marginale risalita degli ordini dall’interno delle imprese manifatturiere e il PMI tornato finalmente in zona espansiva. Segnali di lenta e parziale ripresa arrivano dal settore automotive, comparto chiave della manifattura italiana, che mostra un’inversione di tendenza (al rialzo) della produzione da inizio 2025, pur insufficiente a colmare il crollo del biennio precedente. Nello scenario del CSC, elaborato in termini di valore aggiunto, l’industria è prevista recuperare nel 2025 (+1,0%), ma rallentare il prossimo anno (+0,4%), quando si esauriranno gli effetti degli incentivi agli investimenti e si attenuerà l’impatto positivo dei minori tassi.

Si è già detto dell’apporto delle costruzioni alla crescita. Più nel dettaglio,  nella prima metà del 2025, il valore aggiunto totale in Italia è cresciuto grazie soprattutto al buon andamento delle costruzioni. Infatti, quelle di tipo abitativo, che avevano risentito fortemente nel 2024 della riduzione degli incentivi, tra la fine dello scorso anno e la prima metà del 2025 hanno registrato un’inversione di tendenza al rialzo. Quelle di tipo non abitativo sono in forte espansione già da due anni e dovrebbero continuare a beneficiare delle risorse del PNRR e di prestiti bancari meno onerosi. Il valore aggiunto complessivo del settore delle costruzioni registrerà un ulteriore miglioramento nella seconda metà di quest’anno, crescendo in media del +3,1% nel 2025, per poi rallentare a +1,4% nel 2026. Per queste ragioni, oltre che per gli effetti ritardati del calo dei tassi, ci si attende che l’espansione degli investimenti in abitazioni prosegua nella seconda parte del 2025 (limitando la riduzione media annua a -0,6%) e nel 2026 (+1,1%). La recente espansione degli investimenti in abitazioni ha varie possibili spiegazioni: utilizzo di risparmio precauzionale (in un periodo di forte incertezza le famiglie potrebbero essere più propense ad investimenti “sicuri”, come quelli volti al mantenimento del loro patrimonio immobiliare); lo stimolo fornito dagli incentivi (Ecobonus e Bonus Ristrutturazioni) che rimangono attrattivi per le famiglie italiane, sempre più avvezze a utilizzare lo strumento delle detrazioni; la prospettiva di ritorni crescenti dal mercato delle locazioni di immobili, anche se limitatamente alle zone turistiche. Gli investimenti in fabbricati non residenziali, dopo la già forte espansione nel 2024 (+15,5%), hanno proseguito su una traiettoria di crescita sostenuta anche nella prima metà del 2025. Con incrementi pari a +1,8% nel 1° trimestre e +0,7% nel 2°, registrano una variazione acquisita per l’anno pari a +7,2%. Questa componente degli investimenti in costruzioni ha beneficiato del sostegno offerto dalle risorse del PNRR destinate a infrastrutture e edilizia pubblica, pianificate pari a 13,6 miliardi di euro nel 2024, 21,8 nel 2025 e 22,8 nel 2026 (secondo stime CSC su dati Regis, ultimo accesso ottobre 2024). Con il traino di queste risorse, pur ipotizzandone un assorbimento non completo (circa la metà), la componente di investimenti in fabbricati non residenziali è attesa crescere a un ritmo sostenuto almeno fino alla metà del prossimo anno (+8,1% nel 2025 e +2,7% nel 2026).

“La crescita anemica del Pil attesa quest’anno e il prossimo rende necessario muovere l’Italia, intervenendo con le leve piu’ efficaci a disposizione, anche sbloccando la ricchezza finanziaria dal parcheggio in depositi bancari improduttivi. All’impatto molto positivo del Pnrr, che e’ gia’ all’opera ma che si concludera’ nei primi mesi del prossimo anno, va affiancata una manovra di bilancio che sapientemente prosegua sulla strada dello stimolo agli investimenti produttivi’, è il messaggio che arriva dal Centro studi di Confindustria nel Rapporto di previsione.  ‘gli investimenti sono necessari per rilanciare la crescita del Paese e gli incentivi possono funzionare efficacemente per stimolarli, anche nel Mezzogiorno, come si e’ visto negli ultimi anni’.

‘Il vero tema e’ l’incertezza. Per difenderci dobbiamo dare delle certezze. Per questo noi insistiamo in un piano industriale con un orizzonte a 3 anni, per avere continuita’ di misure’,  ha detto il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, intervenendo alla presentazione del rapporto di previsione del Centro studi di Confindustria. ‘Industria 4.0 scade, Transizione 5.0, altre misure di incentivazione scadono’ e di fronte queste scadenze ‘abbiamo cercato di fare delle proposte – ci sono interlocuzioni in corso con il Governo – dividendo le imprese per dimensione, chiedendo misure per piccoli e medi – misure automatiche come Industria 4.0 – e per i grandi, come i contratti di sviluppo che puo’ essere una via ma non con la norma attuale: una istruttoria non puo’ durare tre anni”. Per finanziare la misure per le imprese servono 8 miliardi per prossimi tre anni, “non perdendo quelle che sono già attive”, ha ribadito Orsini.

C’è sempre  il fronte dei costi dell’energia. ‘Come possiamo essere competitivi quando a 2 ore di aereo l’energia per molti giorni costa zero”, ha chiesto Orsini che proprio ieri si è confrontato su questo tema  le corso del veticie con la Confindustria spagnola. “Mi fa piacere che la parola disaccoppiamento sia entrata nel vocabolario italiano, ma lo facciamo? Per essere competitivi l’energia deve essere pagata in media come gli altri paesi europei’, ha sottolineato Orsini.

“Abbiamo detto piu’ volte che la Zes ha funzionato bene e apprezziamo le parole di Sbarra. Se quella misura diventa strutturale siamo felici, l’importante e’ che funzioni come prima’. Lo ha detto il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, intervenendo alla presentazione del rapporto di previsione del Centro studi di Confindustria. La Zes ‘ha funzionato perche’ siamo riusciti a ‘neutralizzare’ la Pa, non voglio essere offensivo ma per noi la semplicita’ e’ fondamentale, e’ la certezza del diritto e certezza vuol dire investimenti’, ha sottolineato Orsini.

C’è un altro tema, annoso, toccato anche ieri dal presidente degli industriali, quello del mismatch tra domanda e offerta di lavoro. ‘Su 22 milioni di lavoratori, noi ne rappresentiamo 5,6 milioni, quindi una grande fetta del lavoratori del nostro paese. La verita’ e’ che lato nostro stiamo facendo fatica a trovare le persone”. . ‘C’e’ il tema di riuscire a formare le persone e dargli degli skills che siano comunque adeguati alle nuove sfide del futuro, perche’ abbiamo l’intelligenza artificiale, la digitalizzazione che per noi sono fondamentali’, ha continuato Orsini, ribadendo che ‘oggi noi registriamo dal lato nostre imprese il problema opposto e facciamo fatica a trovare le persone che comunque vengano a lavorare nelle nostre imprese’.

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