LE NOVITÀ DEL CORRETTIVO APPALTI
Il Rup potrà essere preso in prestito da altra amministrazione, costi di manodopera non ribassabili
L’articolo 15 del codice 36 si arricchisce, al comma 2, di un ulteriore periodo (non previsto nello schema di correttivo) il quale prevede che “Resta in ogni caso ferma la possibilità per le stazioni appaltanti, in caso di accertata carenza nel proprio organico di personale in possesso dei requisiti di cui all’allegato I.2., di nominare il RUP tra i dipendenti di altre amministrazioni pubbliche”.

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È fatta. Sotto l’albero, quest’anno, RUP e Stazioni Appaltanti hanno trovato un regalo in più: il correttivo al Codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 36/2023. Un regalo tanto atteso, discusso ed anticipato (soprattutto in queste ultime settimane), quanto temuto nello stesso tempo per gli inevitabili e scontati riflessi che esso avrà sulla attività delle stazioni appaltanti, che dovranno ora riadattarsi alle nuove disposizioni, che vanno ad innestare l’attuale Codice. Infatti, il Decreto Legislativo, approvato ieri dal Consiglio dei Ministri e che attende ora solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ha apportato diverse modifiche ed integrazioni al Codice, tra le quali alcune si impongono prepotentemente alla nostra attenzione. Prima fra tutte quelle relative proprio al dominus delle procedure di affidamento, ossia al RUP, che vede modificare l’articolo 15 e il collegato Allegato I.2 al Codice. L’articolo 15, infatti, si arricchisce, al comma 2, di un ulteriore periodo (non previsto nello schema di correttivo) il quale prevede che “Resta in ogni caso ferma la possibilità per le stazioni appaltanti, in caso di accertata carenza nel proprio organico di personale in possesso dei requisiti di cui all’allegato I.2., di nominare il RUP tra i dipendenti di altre amministrazioni pubbliche”.
E’ una previsione che, probabilmente, mira a venire incontro alle difficoltà lamentate da tante stazioni appaltanti le quali, qualificazione a parte, non potendo contare su una pluralità di dipendenti in possesso dei requisiti richiesti per il ruolo di RUP dall’Allegato I.2, sono costrette a ricorrere a strutture di supporto o a designare sempre gli stessi soggetti, venendo così meno anche alla necessaria rotazione degli incarichi negli appalti, su cui la stessa ANAC ha richiamato l’attenzione sotto il diverso profilo del contrasto alla corruzione. Con tale integrazione normativa, infatti, viene ora data la possibilità di ricorrere ad altre amministrazioni pubbliche per “reclutare” RUP, colmando così vuoti organizzativi. Tuttavia, sebbene la sua intenzione sembri apprezzabile, tale previsione offre il fianco ai seguenti rilievi: 1) così facendo, il RUP perde la sua peculiarità principale, sempre ribadita anche dalla giurisprudenza, e cioè di dover essere interno all’amministrazione per cui svolge la funzione, proprio per quella necessaria immedesimazione organica che il ruolo richiede. Infatti, consentendo di nominare dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, senza peraltro specificare con quali modalità (distacco temporaneo, comando o altro) e se con un tornaconto anche economico per la amministrazione concedente una sua risorsa qualificata per il ruolo, la norma di fatto liberalizza i RUP esterni, introducendo quasi una forma di RUP di professione; 2) basandosi su una forma di mobilità interna alla pubblica amministrazione, la norma sembra tagliare del tutto dalla sua previsione quelle stazioni appaltanti che invece non sono pubbliche amministrazioni (si pensi alle società partecipate) sebbene queste, per le dimensioni che hanno e l’organizzazione ed il funzionamento tipicamente privatistici, hanno sicuramente maggiori difficoltà delle pubbliche amministrazioni a reperire risorse qualificate per le funzioni di RUP.
Per quanto riguarda, invece, le modifiche dell’Allegato I. 2 al Codice, la versione finale licenziata rispetto allo schema di correttivo, da un lato, conferma all’articolo 2, comma 1, al primo periodo, la soppressione delle parole “di ruolo” riferite ai dipendenti designabili alla funzione di RUP, e, dall’altro lato, modifica il secondo periodo nel seguente modo: “Il RUP, o il responsabile di fase nominati ai sensi dell’articolo 15, comma 4, del codice svolgono i propri compiti con il supporto dei dipendenti della stazione appaltante. Il RUP può delegare al personale della stazione appaltante, dell’ente concedente, della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore lo svolgimento di mere operazioni esecutive, esclusa ogni attività di verifica e di valutazione, nell’ambito del ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, incluso l’accesso alle piattaforme di cui all’articolo 25 del Codice e ai servizi messi a disposizione dall’ANAC”. Quindi, rispetto alla portata più ampia della previsione contenuta nello schema di correttivo, quella definitiva ribadisce la titolarità delle attività di verifica e valutazione solo in capo al RUP ed ai responsabili di fase, residuando in capo al personale in genere del soggetto appaltante attività meramente esecutive. Una norma che, di fatto, non aggiunge o precisa nulla rispetto a quanto già complessivamente previsto dal Codice originario.
Sulla figura del RUP, quindi, non è passata nel correttivo la proposta contenuta nel Parere della Camera – VIII Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici, del 17 dicembre scorso di introdurre – per sopperire alla carenza di requisiti – un sistema di certificazione dei requisiti dei RUP con l’obiettivo di una maggiore professionalizzazione, applicando la matrice delle competenze prevista dal progetto UE ProcurComp del 2020. Interessante e degna di nota è anche la modifica, anch’essa non prevista nello schema di correttivo e che senza dubbio susciterà molte discussioni e polemiche, relativa all’articolo 41 e, più precisamente, al suo comma 14, che ha determinato negli ultimi mesi una certa giurisprudenza ed anche qualche parere del MIT. Detto comma, infatti, è quello che ha aperto il dibattito sulla questione della ribassabilità o meno dei costi della manodopera in quanto, se da un lato, sembra ritenerli intoccabili (“ I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso”), dall’altro lato, sembra comunque ammetterne una modificabilità seppure soggetta ad una verifica da parte della stazione appaltante con le stesse modalità della verifica di anomalia (“Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”). Una disposizione che, tuttavia, la giurisprudenza ha interpretato nel senso di ritenere comunque, al di là del dato letterale equivoco e poco felice, di apertura alla ribassabilità della manodopera (cfr. TAR Campania-Napoli, Sentenza del 13/06/2024, n. 3732, e TAR Liguria-Genova, Sentenza del 4/10/2024, n. 673). Ebbene, rompendo con l’orientamento positivo della giurisprudenza ed a chiarire in maniera netta che evidentemente i costi della manodopera non sono ribassabili né direttamente né indirettamente, il correttivo ha eliminato l’ultimo periodo del comma 14, ossia proprio quello che fino ad oggi ammetteva che “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Infine, si segnala anche la modifica dell’articolo 35 disciplinate l’accesso agli atti e la riservatezza, anche essa non prevista nello schema di correttivo. Il correttivo, infatti, vi ha aggiunto il comma 5-bis per il quale “ In sede di presentazione delle offerte, gli operatori economici trasmettono alla stazione appaltante e agli enti concedenti il consenso al trattamento dei dati tramite il fascicolo virtuale dell’articolo 24, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ai fini della verifica da parte della stazione appaltante e dell’ente concedente del possesso dei requisiti di cui all’articolo 99, nonché per le altre finalità previste dal Codice”. Ebbene, il fatto di anticipare alla fase di gara il rilascio del consenso al trattamento dei dati personali tramite il FVOE, oggi invece rilasciato con l’autorizzazione concessa dagli operatori economici nel FVOE stesso in occasione della attivazione delle verifiche, induce a ritenere che: 1) potrà cambiare l’attuale sistema di funzionamento del FVOE che, integrato peraltro dal 1° gennaio 2025 con le piattaforme di approvvigionamento digitale certificate (pad), non richiederà più la previa richiesta dell’autorizzazione, ma consentirà l’immediata richiesta dei documenti, di fatto già autorizzati dai concorrenti in fase di gara, con conseguente riduzione dei tempi di svolgimento delle verifiche; 2) sarà necessario aggiornare ed integrare lo schema tipo della domanda di partecipazione approvata dall’ANAC con la Delibera n. 43 del 24 gennaio 2024 e, comunque, le dichiarazioni richieste ai concorrenti in gara. Sicuramente, nei prossimi mesi, ne vedremo delle belle.