EDILIZIA PENITENZIARIA
Carceri, interventi a rilento. ARRIVA il Commissario straordinario
Tra gli emendamenti approvati al decreto 92 in discussione in Senato si prevede l’istituzione di un Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria. L’obiettivo è stilare un programma dettagliato di interventi da mettere a punto insieme a cinque esperti
30 luglio
IN SINTESI
Oggi dalle 9.30 riparte l’esame del decreto carceri in commissione Giustizia al Senato ed è in calendario il voto del mandato ai relatori. Dl in chiusura, dunque, ma non senza strascichi politici. Il tema è da sempre delicato e polarizzante tra i partiti di maggioranza e opposizione. Ma anche tra le forze di governo nei giorni scorsi non sono mancate tensioni, con Forza Italia più propensa a favorire misure di semilibertà, affidamento in prova e domiciliari. La sintesi tra umanizzazione e certezza della pena sembra esser stata trovata ma non solo dall’opposizione sono arrivate note di insoddisfazione. “Occorrono provvedimenti urgenti che portino a ridurre notevolmente il sovraffollamento e a migliorare la qualità della vita nelle carceri. Provvedimenti che non possono essere quelli minimalisti previsti nel Dl carceri”, ha ammonito l’associazione Antigone nel suo ultimo dossier.
Intanto, appunto, da Fdi è arrivato l’emendamento che istituirà presto un commissario straordinario all’edilizia penitenziaria. Il lavoro da fare è pressoché strabordante.
In arrivo il commissario straordinario all’edilizia penitenziaria
L’emendamento prevede che “il commissario è individuato tra soggetti esperti nella gestione di attività complesse e nella programmazione di interventi di natura straordinaria, dotati di specifica professionalità e competenza gestionale per l’incarico da svolgere”. Vale a dire “compie tutti gli atti necessari per la realizzazione di nuove infrastrutture penitenziarie nonché delle opere di riqualificazione e ristrutturazione delle strutture esistenti, al fine di aumentarne la capienza e di garantire una migliore condizione di vita dei detenuti. A tal fine il commissario redige, entro centoventi giorni dalla nomina, un programma dettagliato degli interventi necessari, specificandone i tempi e le modalità di realizzazione, tenuto conto delle eventuali localizzazioni (…) e indicando le risorse occorrenti”. Nel programma stilato dovranno esserci “l’elenco degli interventi programmati e in corso, già integralmente finanziati, sulle infrastrutture penitenziarie, con indicazione, rispetto a ciascuno di essi, delle risorse finalizzate a legislazione vigente, del relativo stato di attuazione, e delle attività da porre in essere, nonché le modalità di trasferimento sulla contabilità speciale”, l’attuazione avverrà attraverso “interventi di manutenzione straordinaria, ristrutturazione, completamento e ampliamento delle strutture penitenziarie esistenti; la realizzazione di nuovi istituti penitenziari e di alloggi di servizio per la polizia penitenziaria, (…) la destinazione e la valorizzazione dei beni immobili penitenziari; il subentro negli interventi sulle infrastrutture programmati o in corso alla data del provvedimento di nomina se esso non pregiudica la celerità degli interventi medesimi”.
Quanto alla carica, “il commissario straordinario resta in carica sino al 31 dicembre 2025. Entro il 30 giugno 2025 il Commissario trasmette ai Ministri della giustizia e delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell’economia e delle finanze una relazione sullo stato di attuazione del programma di cui al comma 2 ed entro novanta giorni dalla data di cessazione dall’incarico trasmette ai medesimi Ministri una relazione finale sull’attività compiuta e sulle risorse impiegate. Le relazioni sono predisposte anche sulla base dei dati disponibili sui sistemi di monitoraggio della Ragioneria generale dello Stato”. Opererà tramite “una struttura di supporto posta alle sue dirette dipendenze, costituita con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, e che opera sino alla data di cessazione dell’incarico del Commissario straordinario. Con una o più ordinanze, adottate d’intesa con i Ministri della giustizia e delle infrastrutture e dei trasporti, il commissario straordinario disciplina il funzionamento della struttura di supporto, composta fino ad un massimo di 5 esperti scelti anche tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione, il cui compenso è definito con il provvedimento di nomina. Agli esperti fermo restando quanto previsto dal comma 11 del presente articolo in materia di limiti di spesa, spettano compensi onnicomprensivi di importo annuo lordo procapite non superiore ad euro 60.000, nell’ambito di un importo complessivo lordo non superiore ad euro 300.000 annui”. Inoltre, “per il compenso del commissario straordinario e per il funzionamento della struttura di supporto di cui al comma 7, è autorizzata la spesa nel limite massimo di euro 338.625 per l’anno 2024 e di euro 812.700 per l’anno 2025, cui si provvede, quanto ad euro 338.625 per l’anno 2024”.
Intanto, sul nome del prescelto è ancora tutto top secret.
Le carceri italiane tra sovraffollamento e strutture fatiscenti
Il lavoro da fare, dicevamo, sarà grande. Solo negli ultimi dodici mesi si sono aggiunti 4mila detenuti, come registrato da Antigone “il tasso di affollamento è del 130,4% (al netto dei posti conteggiati dal Ministero della Giustizia ma non realmente disponibili)” con 61.480 detenuti su 51.234 posti disponibili al 30 giugno 2024. Ancor più drammatico è che “sono ormai 56 gli istituti in cui il tasso di affollamento è superiore al 150% e ben 8 quelli in cui è superiore al 190%”, si legge dal dossier dell’associazione che dal 1991 si occupa del sistema Penitenziario e penale italiano. In alcuni casi si supera il 200%, come negli istituti di Milano San Vittore maschile e Brescia Canton Mombello.
Le condizioni di vita legate a questi livelli di sovraffollamento sono pressoché drammatiche. Solo da inizio 2024 si è arrivati a 60 suicidi di detenuti più sei di agenti di Polizia penitenziaria. E il conto si aggiorna di ora in ora. “Nel solo 2023 – scrive Antigone nel dossier – sono stati decisi poco più di 8.000 ricorsi presentati per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo per trattamenti umani e degradanti, di questi il 57,5% sono stati accolti dalla magistratura di sorveglianza. Generalmente questi ricorsi si riferiscono in particolare alla mancanza dello spazio minimo vitale stabilito in tre metri quadri a persona. Una mancanza rilevata anche dall’osservatorio di Antigone che nelle 88 visite effettuate nell’ultimo anno ha rilevato come nel 27,3% delle carceri ci fossero celle che non garantivano questo spazio minimo”. Ad esempio, si legge dal documento, “alle 88 visite svolte dall’Osservatorio di Antigone negli ultimi 12 mesi risulta che nel 27,3% degli istituti visitati c’erano celle in cui non erano garantiti 3mq a testa di spazio calpestabile”. Di qui, i tassi di recidiva inevitabili a livello nazionale: i dati Cnel, ad esempio, parlano di un tasso pari al 60% (aprile 2024).

Per l’associazione, inoltre, la risposta di “più carceri” propagandata spesso dal governo in carica non è la soluzione. Ne sono dimostrazione i fallimenti del piano Nicolazzi del 1987, della Dike Aedifica di Roberto Castelli e Giulio Tremonti nel 2002, il piano carceri di Franco Ionta (2010). Nel XX° rapporto sulle condizioni di detenzione, Antigone scrive poi che è “da tenere presente è che mentre inauguriamo nuove strutture, come è inevitabile ne chiudiamo nel frattempo altre, che il passare del tempo ha reso funzionalmente inadeguate e fatiscenti”. Ricordando poi che “almeno il 20% delle nostre carceri è stato costruito prima dell’inizio del secolo scorso, e si tratta di strutture che hanno spesso bisogno di interventi di riorganizzazione radicale”. Oggi, il totale degli istituti ammonta a 189. Ma se “negli ultimi 10 anni la capienza del nostro sistema penitenziario è cambiata assai poco, passando dai 49.635 posti regolamentari del 2014 ai 51.179 del 2023”, allora ecco che i ricorrenti piani per l’edilizia sono “solo bugie”.
Lo stato dei lavori sulle nuove carceri
Secondo la Relazione del Ministero sull’amministrazione della giustizia relativa all’anno 2023, presentata in occasione della inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2024 e citata da Antigone nel rapporto, l’unico nuovo istituto citato è quello di Pordenone in località San Vito al Tagliamento ma “del quale si parla già dagli anni novanta dello scorso secolo, con gare d’appalto finite davanti al Tar e assegnazioni dei lavori poi revocate. Un’operazione che forse prima o poi andrà in porto, ma che certo non ha nulla a che fare con la risposta all’emergenza sovraffollamento”, ricorda l’associazione. Stesso discorso “fallimentare” per il recupero delle ex caserme: l’unica citata dalla relazione ministeriale è quella Barbetti di Grosseto. Anche qui, un discorso aperto da oltre trent’anni.

Forse va meglio per i piani di realizzazione dei nuovi padiglioni? A Milano Opera e Roma Rebibbia su tutti se ne prevedono di nuovi ma anche a Vicenza, Bologna, Ferrara, Parma, Sulmona, Lecce, Taranto, Trani, Caltagirone, Siracusa, Trapani per un totale di 3000 posti detentivi. Eppure, scava Antigone, anche in questi casi si tratta di piani passati, interrotti e ripresi con larghissimo ritardo. Anche perché va considerato il tema della crisi del personale penitenziario da inserire in questi nuovi spazi: il decreto in discussione al Senato all’art.1 prevede solo mille nuove unità. “Ora gli agenti sono 39.771, quando siamo arrivati erano 37.100 circa”, ha detto pochi giorni fa Andrea Ostellari (sottosegretario alla Giustizia, Lega).
Quanto ai programmi e le risorse attive, c’è il Piano nazionale complementare al Pnrr e i fondi stanziati dal Mit a novembre scorso. Partendo da questi ultimi, sono stati stanziati a novembre scorso su decisione del Comitato interministeriale sull’edilizia carceraria: 166 milioni di euro per attività che saranno affidate ai provveditorati interregionali, che avranno il ruolo di soggetti attuatori.
Milano San Vittore – Padiglioni II e IV € 6.000.000,00;
Milano Bollate € 8.056.750,00;
Brescia-Verziano € 38.800.000,00;
Carcere di Forlì € 27.804.617,70;
IPM Triveneto ex casa circondariale di Rovigo € 3.500.000,00;
San Vito al Tagliamento € 41.020.084,45;
IPM Quartucciu € 1.573.363,18;
Carcere di Bari – ristrutturazione € 4.000.000,00;
IPM Lecce € 1.500.000,00;
Potenza – 2° stralcio (padiglioni: penale e osservazione) € 260.000,00;
Poggioreale € 13.949.052,45;
Carcere di Enna € 1.500.000,00;
Reggio Calabria Arghillà € 11.249.169,28;
Pisa – Adeguamento € 450.000,00;
Prato – Adeguamento € 951.152,09;
Prato – Adeguamento € 500.000,00;
Firenze Sollicciano – Realizzazione nuovo edificio € 497.757,87;
Porto Azzurro – Adeguamento € 955.060,60;
Gorgona – Realizzazione impianti € 1.200.000,00;
Volterra – Realizzazione sala polivalente € 1.328.518,01;
Spoleto (PG) – Casa di Reclusione € 959.477,59.
Nel Piano nazionale complementare al Pnrr, invece, c’è il progetto “Costruzione e miglioramento di padiglioni e spazi per strutture penitenziarie”: 132,90 milioni di euro per opere complementari alla Missione 5 – Inclusione e coesione Componente 2 – Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nel sub-investimento 1 (84mln) si prevede il “miglioramento degli spazi e della qualità della vita carceraria nelle carceri per adulti (DAP), attraverso la costruzione di 8 nuovi padiglioni “modello” per detenuti adulti (in aree statali già a disposizione dell’Amministrazione Penitenziaria)”. Nel secondo, da 48,9 milioni, “adeguamento strutturale, aumento dell’efficienza energetica ed interventi antisismici di quattro complessi demaniali sede di Istituti penali per i minorenni: Casal del Marmo (Roma); Torino – Ferrante Aporti; Istituto penale per i minori di Airola (Benevento) e Complesso statale “ex Convento SS. Ludovico ed Alessio” a Bologna.

Come emerge dal report della Ragioneria del Mef (ultima edizione con dati al 31 dicembre 2023), l’obiettivo sul sub-investimento 1 al IV trimestre dello scorso anno è “parzialmente conseguito” perché sul 75% di stipula del contratto d’appalto “sulla base dell’ultima comunicazione dell’amministrazione e da verifiche documentali risulta: per 4 interventi su 8 la stipula del contratto (50%); per tutti gli interventi l’aggiudicazione definitiva. Si riscontrano in ogni caso disallineamenti rispetto alle risultanze del sistema di monitoraggio”. Lo step successivo è l’avvio dei lavori per il
50% degli interventi previsti. Quanto al secondo sub-investimento, sull’obiettivo del 100% di stipula del contratto d’appalto, l’obiettivo è “non conseguito”. Inoltre, “ai dati forniti dall’amministrazione 2 interventi su 4 hanno raggiunto la fase di aggiudicazione definitiva (50%), di cui per 1 intervento risulta stipulato un contratto di lavori (25%). I Cup per cui non risulta pubblicato il bando hanno rispettivamente un finanziamento Pnc di 25 milioni di euro e 9,8 milioni di euro. Per i 2 interventi è stato tuttavia affidato un appalto per progettazione, anche esecutiva, per circa 1 milione di euro nonché due incarichi per circa 500 mila euro. Si riscontrano in ogni caso disallineamenti rispetto alle risultanze del sistema di monitoraggio”.