RELAZIONE ANAC, FOCUS APPALTI
Busìa: non solo concorrenza, dal correttivo mancano sei norme-chiave
Il presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione per la prima volta in cinque mesi entra nel merito delle scelte operate dal decreto correttivo del codice appalti (senza esprimere giudizi complessivi) e fa l’elenco delle modifiche fondamentali che aveva suggerito al governo e che non sono state accolte: innalzamento delle soglie di concorrenza e trasparenza, ripristino delle verifiche preventive sull’in house, obbligo di dichiarare il socio effettivo delle imprese, trasparenza su composizione, retribuzione e compensi dei Collegi consultivi tecnici, ostacolo alle fideiussioni false, rating di impresa. Il 98% del numero degli appalti avviene con affidamento diretto.

Giuseppe Busìa è una persona educata e nella sua Relazione annuale, che ha tenuto ieri alla Camera, ha ringraziato il governo per aver accolto, “in un proficuo dialogo istituzionale”, alcune sue proposte nel decreto correttivo al codice appalti. Hanno costituito – ha detto – un “significativo contributo al superamento di aporie, disallineamenti e lacune”. Ma il presidente dell’Anac non è certo uno che demorde rispetto alla sua linea e ai suoi obiettivi e ha articolato, per la prima volta in cinque mesi, un giudizio sul provvedimento entrato in vigore il 31 dicembre scorso. Finora era stato in silenzio. Ora un giudizio piuttosto pesante. Ha fatto fuoco e fiamme? No. Si è dilungato in giudizi aspri e critici? Niente affatto. Si è limitato a fare un elenco asciutto di proposte che riteneva fondamentali per il buon funzionamento del mercato degli appalti e che gli sono state bocciate dal governo. Così ieri questo elenco di cose da correggere Busìa lo ha fatto dopo aver premesso che l’Anac, le due sfide di attuazione del codice cui è stata chiamata come protagonista, le sta largamente vincendo: la digitalizzazione su cui “c’è ancora tanto da fare” ma intanto sta funzionando; la qualificazione delle stazioni appaltanti, ridotte – dice Busìa – “da 26mila a 5mila”.
E veniamo all’elenco. Non sono cose di poco conto, ma principi fondamentali del quadro normativo. Il primo è stranoto, quasi inutile tornarci su, tanto è lunga la battaglia che vede contrapposti Busìa – e con lui i costruttori dell’Ance – e il ministro Salvini: la concorrenza, ovviamente. O, se vogliamo, l’assenza di concorrenza, con quel dato del 98% del numero di appalti assegnati con affidamento diretto che non è certo una novità. Il dato che ha aggiunto ieri il presidente dell’Anac è, semmai, l’anomalo “addensamento” di affidamenti diretti subito sotto la soglia di 140mila euro: tre volte rispetto a quando la soglia era a 75mila euro, segno evidente che le stazioni appaltanti tendono a “frazionamenti artificiosi degli appalti, finalizzati a mantenere gli importi al di sotto delle soglie di legge e, spesso, anche ad eludere l’obbligo di qualificazione delle stazioni appaltanti”. Comunque, “nessun intervento è stato fatto sulle soglie per aumentare trasparenza e competitività”, come avviene ormai da due anni.
Nessun intervento è stato fatto – ha detto Busìa – neanche “per ripristinare verifiche preventive sugli affidamenti in house, utili ad evitare distorsioni del mercato e rallentamenti conseguenti a possibili contenziosi”. Un altro tema cui il ministro Salvini è del tutto insensibile è proprio quello dei rischi insiti negli affidamenti in house, appalti e soprattutto concessioni assegnati da amministrazioni pubbliche a proprie società eludendo qualunque confronto competitivo sul mercato e qualunque possibilità di affidamento a privati tramite gara.
Terzo tema che sta molto a cuore a Busìa – anche questo riproposto in molte occasioni – è quello della “mancata introduzione dell’obbligo, per le imprese, di dichiarare il titolare effettivo dell’azienda, mentre appare evidente la necessità che il contraente pubblico conosca con chi si rapporta, al di là degli schermi societari. Questo, non solo per ridurre il rischio di pericolose infiltrazioni, ma anche per prevenire offerte combinate o altre gravi alterazioni della concorrenza”.
Busìa si è poi soffermato – e qui siao al quarto tema – sul ruolo prezioso dei Collegi consultivi tecnici, che, pur essendo stato ridimensionato dal correttivo, “risulta sempre più centrale per dirimere le controversie e i dubbi che intervengono durante la realizzazione delle opere”. Tuttavia, ha denunciato ancora una volta il presidente dell’Anac, “mancano adeguate misure di trasparenza, laddove occorrerebbe garantire, anche attraverso opportuni collegamenti alle banche dati Anac, la doverosa pubblicità tanto sulla composizione e sui compensi dei collegi, quanto sulle decisioni da essi assunte, tenuto anche conto del significativo impatto economico che queste hanno, fra l’altro, sui bilanci pubblici”.
Una denuncia del tutto nuova è, invece, quella che riguarda “il fenomeno delle finte fideiussioni, per un valore stimato in diversi milioni di euro”. Il quinto punto delicatissimo asollevato dal presiendet Anac per l’attuazione del codice. Busìa ha dato atto al correttivo di aver risolto alcune criticità, ma “ora occorre dare sollecita implementazione al sistema di verifiche telematiche”. Le occasioni di falsificazione – ha spiegato Busìa – “vengono meno se, in analogia con il sistema adottato da Anac per i Certificati di esecuzione lavori (CEL): sono gli stessi garanti a caricare la fideiussione in apposite banche dati, collegate al Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE)”.
C’è un sesto argomento che Busìa ha voluto riproporre, sia pure in un passaggio diverso della sua relazione: il rating di impresa, cancellato dal correttivo. “La qualificazione degli operatori economici -a hetto il presidete Anac – al pari di quella delle stazioni appaltanti, costituisce uno dei pilastri su cui deve fondarsi il mercato dei contratti pubblici: la misurazione della qualità, infatti, nel pubblico come nel privato, rappresenta un irrinunciabile volàno di crescita, oltre che uno strumento per favorire una sana competizione”. Per questo, “non è stata opportuna l’abrogazione del meccanismo di qualificazione delle imprese, inizialmente previsto dall’art. 109 del codice, che avrebbe potuto incentivare gli operatori economici a investire
maggiormente su sé stessi e sulle proprie capacità realizzative”.
Ma Busìa non si rassegna. “Cercheremo comunque di elaborare, nell’ambito del Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico, meccanismi che consentano di premiare le imprese virtuose. E tramite lo stesso Fascicolo Virtuale, semplificheremo via via l’attività delle SOA, con le quali abbiamo già avviato un confronto sul nuovo Manuale sulla qualificazione”.
In molti altri passaggi della sua relazione, il presidente dell’Anac ha toccato aspetti specifici del mercato degli appalti e dell’attuazione della normativa. Dalla delusione perché è cresciuto solo del 2% il numero di appalti che riportano la clausola della parità di genere per la manodopera degli appaltatori al sostegno alla figura del Rup, che deve essere valutato e premiato, ancora al ruolo strategico dei criteri ambientali minimi, sul cui ruolo Busìa si aspetta una forte implementazione con le prossime direttive europee sugli appalti. Infine, ancora la necessità di fare passi avanti ulteriore nella diensione digitale, di spingere sul Bim – sulla cui soglia a due milioni Busìa non si pronuncia -, di usare cautela nell’uso dell’Intelligenza artificiale. Su questo ultimo punto Busìa invoca la “trasparenza algoritmica”, in modo che l’amministrazione sappia sempre quali sono le logiche e le finalità che muovono l’IA nel momento in cui assurge ad aiuto o a consulente.