IL DL INFRASTRUTTURE
Busìa attacca il progetto per fasi del Ponte. Ance: meno commissari
La replica di Ciucci: non c’è il rischio di fare un’incompiuta. Ance apprezza la norma sui commissari: bene se si razionalizzano davvero. E rilancia sul Dl Aiuti per la copertura degli extracosti da rincari dei materiali: risolvere i problemi di lentezza dei pagamenti e di carenza di finanziamenti consentendo alle stazioni appaltanti di superare la soglia del 50% utilizzabile delle riserve e di attingere alle risorse derivanti da varianti in diminuzione. La posizione del think tank Ecco Climate sui finanziamenti al piano Mattei.
8 luglio

PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA RENDER RENDERING PROGETTO
IN SINTESI
Dopo l’ennesimo cambiamento delle carte in tavola, con l’eliminazione del termine di fine luglio per la presentazione del progetto esecutivo e la previsione di una progettazione “per fasi”, il presidente di Anac, Giuseppe Busìa, torna ad attaccare a testa bassa il progetto del Ponte sullo Stretto . L’occasione è arrivata ieri dalle audizioni sul decreto legge Infrastrutture alla commissione Ambiente della Camera.
La posizione di Busìa
Dopo aver ricordato come nel corso del 2023 avesse suggerito al governo di acquisire il vecchio progetto e usarlo come base di gara per completarlo e migliorarlo, senza essere ascoltato, Busìa ha detto che “a maggior ragione oggi serve approvare il progetto esecutivo in modo unitario, senza spezzettarlo in fasi esecutive e naturalmente senza avviare i lavori prima di avere un quadro complessivo dell’opera”. Altrimenti – ha aggiunto ancora il presidente dell’Autorità – “la parte pubblica finirebbe per prendere su di sé rischi che non le competono e i costi potrebbero aumentare oltre il limite fissato dalla normativa europea”.
Cinque sono i punti sviluppati dal Presidente Busia nella sua relazione. Anzitutto, Busia ha ricordato come nel decreto in discussione alla Camera viene meno il parere previsto in passato dal Consiglio di Stato. “Riteniamo, invece, – ha detto – che occorra prevedere espressamente il coinvolgimento del Consiglio di Stato (oltre che del Cipess) nella procedura, al fine di fornire un utile contributo alla corretta definizione di diritti, doveri, responsabilità e oneri connessi al rapporto concessorio”.
Secondo, per Anac va fissato un termine per la progettazione dell’opera. “Il termine del 31 luglio 2024 inizialmente fissato dal Governo appare ormai irrealistico, e quindi è stato tolto. Non va, però, lasciato un vuoto. Va fissato un termine, che potrà indicare il governo. Ciò è essenziale per valutare lo svolgimento dell’opera e governarne la realizzazione.”
Terzo, è considerata dallo stesso Busìa la parte più importante. “Per un’opera di tale complessità tecnica e di così ingente valore economico – ha detto – approvare un progetto esecutivo per fasi costruttive sarebbe estremamente rischioso, in quanto ogni porzione è necessariamente legata all’altra. L’approvazione – ha poi continuato – deve avvenire in un’unica soluzione, altrimenti risulterebbe difficile avere un quadro chiaro e complessivo dell’effettiva realizzabilità dell’opera e dei relativi costi”.
Busìa ha ribadito quindi che “questo è il punto più delicato dell’intero decreto”. Non essendo chiaro il quadro complessivo, “si accentua il rischio di varianti progettuali, con il duplice rischio di dover rivedere quanto si è appena approvato e di veder lievitare i costi, magari oltre la soglia fissata dalle disposizioni europee”. Anac ricorda che, avendo il governo deciso di non svolgere una gara, “esistono al riguardo limiti più stringenti indicati dalla direttiva Ue. Inoltre, un’eventuale approvazione del progetto esecutivo per fasi costruttive finirebbe anche per trasferire in capo alla parte pubblica, rischi che invece competono contrattualmente al privato”.
Busia ha concluso sul Ponte che “occorre garantire la massima trasparenza sui costi, anche per i vincoli economici europei”, e la necessità che “l’asseverazione dell’importo aggiornato non sia affidata solo a esperti del ministro, ma anche alla Corte dei conti”.
Il presidente dell’Anac ha infine commentato la norma del decreto che impone un piano di razionalizzazione dei commissari, sostenendo che “è giusto istituire un Osservatorio sui commissariamenti infrastrutturali: occorre infatti creare un coordinamento fra gli stessi ed anche favorire scambi di buone pratiche. E’ quanto l’ANAC fa attraverso la vigilanza collaborativa e tale attività può essere utilmente implementata anche creando una piattaforma digitale unitaria che assicuri trasparenza e circolazione di informazioni”.
I sindacati: il Ponte sullo Stretto una zavorra economica
Tra i sindacati la visione più scettica del decreto Infrastrutture è quella della Cgil, secondo cui si tratta dell’ennesimo decreto omnibus – cioè che pretende di accorpare tanti settori in uno stesso provvedimento – che non ha visione sulle infrastrutture e i trasporti. Il dossier più scottante è ovviamente quello del Ponte sullo Stretto di Messina. “Occorre accendere un faro, perché rischiamo di costruire una cattedrale nel deserto”, ha detto Michele Azzola, coordinatore dell’area politiche industriali della Cgil nazionale. Il provvedimento introduce “una procedura assai anomala, che scardina il meccanismo che prevedeva la presentazione del progetto esecutivo entro il 31 luglio” e introduce progetti esecutivi “anche per fasi costruttive successive”. Per Azzola, “questo non ha senso per un’opera unica. Andando per avanzamenti successivi abbiamo un sistema dei costi che salta completamente. La strada che si è introdotta è dunque altamente pericolosa sia per il tema delle finanze che per la realizzazione complessiva dell’opera”. Anche per Irene Pata della Uil il rischio è “che i prezzi possano lievitare nel tempo rispetto a quelli prefissati”. E’ quindi “indispensabile una supervisione costante per evitare esplosioni incontrollate del costo dell’opera”.
Restando sulle osservazioni della Uil, per Pata se è giusta l’attenzione al potenziamento della rete stradale, va sanata la carenza di norme che vadano nella stessa direzione del potenziamento della rete ferroviaria. Specie per quanto riguarda il Fondo Nazionale della Rete trasporti.
Anche per la Cisl andranno monitorati gli standard qualitativi e verificato un calendario degli interventi per monitorare i singoli progetti anche dal punto di vista dell’ottimizzazione e l’uso trasparente delle risorse. Sul Piano Mattei, invece, la speranza della Confederazione è che vengano coinvolte le parti sociali oltre che i singoli governi.
I professionisti: dubbi sul progetto per fasi costruttive
Anche la Rete delle professioni tecniche, presieduta da Armando Zambrano, ha confermato l’ok generale al Ponte sullo Stretto ma i dubbi permangono in seno alle fasce di costruzione programmata. “L’aggiornamento delle modalità di approvazione del progetto esecutivo anche per fasi costruttive ci lascia perplessi”, ha detto il presidente dell’Ordine dei geologi e componente della Rete professioni tecniche, Arcangelo Francesco Violo. “Il decreto legge 35 del 2023 aveva previsto la necessità, per esempio dal punto di vista degli aspetti geologici, sismici e tettonici di quell’area, di aggiornare il progetto definitivo del 2011 alle nuove conoscenze sopravvenute”. E su questo “ci sono anche le osservazioni del Mase”, ha ricordato. Ecco perché è “un po’ difficile che su questi aspetti si possa andare addirittura a spostare l’approvazione del progetto esecutivo, che proprio per questo decreto ha il compito di accogliere e portare avanti anche prove sperimentali, nelle fasi costruttive. Riteniamo – ha concluso Violo – che alcune questioni debbano essere ben chiare e approfondite e approvate già nella fase prima dell’avvio delle costruzioni, per non trovarci con delle sorprese che possono minare la realizzabilità dell’opera”.
La risposta di Ciucci: non c’è rischio di incompiuta
Rispondendo proprio alle perplessità emerse dalle audizioni, nel primo pomeriggio è arrivata la nota dell’ad della concessionaria Stretto di Messina, Pietro Ciucci: “Non ci sono dubbi sulla certezza delle fasi costruttive del Ponte sullo Stretto né indeterminatezza sui costi, non c’è un rischio di incompiuta, il progetto è assolutamente fattibile ed è stato aggiornato nelle modalità previste per legge”. Quanto alle risorse, “con l’approvazione da parte del Cipess del progetto definitivo, sarà approvato anche il Piano economico finanziario che accerterà l’esistenza della copertura per l’intero fabbisogno dell’opera, proprio per evitare rischi di incompiuta, che nella maggior parte dei casi discendono da mancanza di fondi in itinere”.
L’ad di Stretto di Messina ha quindi difeso la progettazione esecutiva dell’opera “che potrà essere sviluppata per fasi costruttive in linea con le best practice internazionali, al contrario dei timori espressi ha l’obiettivo di ottimizzare la costruzione dell’opera, contenendo tempi e costi. Il ponte – ha aggiunto Ciucci – è un insieme di opere: le opere anticipate, le opere di accompagnamento ambientale, i raccordi a terra, oltre 40 km di strade e ferrovie, funzionali, percorribili e utili fin da subito alla popolazione”.
L’ad ha quindi ribadito che “ponte, torri e blocchi di ancoraggio saranno ovviamente un unico progetto” e che “la fattibilità tecnica del progetto non è mai stata messa in discussione, le risposte alle osservazioni del Mase, che sono in corso, saranno completate prima dell’approvazione del progetto definitivo da parte del Cipess e quindi in anticipo rispetto all’avvio della progettazione esecutiva”. Infine, chiosando sul decreto Infrastrutture, Ciucci ha spiegato che “introduce nuovi passaggi procedurali volti ad assicurare il controllo da parte dello Stato, nel rispetto della massima trasparenza. Pertanto le norme introdotte dal decreto non comportano aumento dei costi rispetto a quanto fissato da normative già da tempo in vigore”.
Ance: razionalizzare davvero i commissari, correggere il Dl Aiuti
In audizione sul decreto Infrastrutture è intervenuta anche l’Associazione nazionale dei costruttori edili (Ance) che ha battuto soprattutto sulla norma che prevede il piano di razionalizzazione dei commissari per le opere pubbliche. L’articolo 3 è “positivo nella parte in cui si propone di adottare un piano di razionalizzazione dei compiti e delle funzioni dei commissari straordinari, prevedendo anche una riduzione degli stessi, tenuto conto dell’omogeneità del settore di intervento, dell’ambito territoriale di riferimento, della rilevanza economica degli interventi e delle esigenze di razionalizzazione delle strutture di supporto”. Allo stesso tempo, tuttavia, nota Ance, “viene prevista la possibilità di nominarne nuovi, dotati di poteri derogatori alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici per l’affidamento e la realizzazione delle opere commissariate”. ANCE ricorda di aver “sempre espresso forte preoccupazione per la diffusione del modello commissariale e dei relativi poteri derogatori” e chiede quindi che la razionalizzazione sia effettiva.
L’associazione dei costruttori ha anche rilanciato la questione irrisolta del Dl Aiuti. Il decreto Infrastrutture – sostengono i costruttori – “potrebbe costituire la sede opportuna per apportare alcuni fondamentali chiarimenti in tema di applicazione dell’articolo 26 del Dl Aiuti che, come noto, rappresenta una misura di sostegno strategica e di primario rilevo per le imprese che realizzano infrastrutture ed opere pubbliche. Soprattutto in merito ai due problemi principali – lentezza dei pagamenti e carenza di risorse – “sarebbe quanto mai opportuno – suggerisce Ance – ampliare la possibilità per le stazioni appaltanti di far ricorso a risorse interne per coprire tali extracosti. Ciò, in particolare, potrebbe avvenire, anzitutto, consentendo alle committenti il ricorso alle somme accantonate per imprevisti anche oltre il limite del 50% (attualmente posto dalla normativa). Inoltre, sarebbe opportuno prevedere espressamente la possibilità di utilizzare anche somme derivanti da eventuali varianti in diminuzione”.
Cosa va e cosa no nel Piano Mattei secondo Ecco Climate
Il think tank energetico Ecco Climate, rappresentato dall’analita Beatrice Moro in audizione, ha espresso alcune perplessità relative all’articolo 10 del Dl Infrastrutture, quello che attiene al Piano Mattei per l’Africa. Una strategia che viene accolta positivamente dal centro studi per l’obiettivo di generare crescita economica, sostenibile, duratura e lineare rispetto alla decarbonizzazione nel continente africano. Le note dolenti, invece, riguardano la governance del piano e la sua trasparenza economica nell’allocazione delle risorse. Per Ecco, infatti, la strategia italiana in Africa è ampia e copre tanti settori – dall’agricoltura all’istruzione – ed è per questo che occorre chiarire le priorità del piano ma soprattutto sventare la minaccia che i fondi del Fic (Fondo italiano per il clima, con cui l’Italia, insieme agli altri Paesi Ocse, è impegnata a mobilitare collettivamente almeno 100 miliardi di euro l’anno di finanza per il clima verso i Paesi emergenti e in via di sviluppo) finiscano in settori totalmente estranei rispetto a quelli della transizione ambientale ed energetica. Sulla trasparenza, invece, Ecco si chiede quante risorse del Fic effettivamente verranno destinate al Piano Mattei. “A mesi di distanza dal summit Italia-Africa di inizio anno – ha spiegato Moro in audizione – il decreto non indica una cifra esatta. In quale misura i 4,4 miliardi del Fic saranno destinati in Africa nel contesto del Piano Mattei?”. Occorre poi, secondo Ecco, capire quali criteri – da rendere verificabili – verranno adottati per destinare i fondi del Fondo sui singoli progetti. La proposta del think tank è quella di instaurare un processo di valutazione di tutte queste fasi, ex ante-monitoraggio-ex post per verificare l’efficacia strategica sia a livello ambientale rispetto agli accordi di Parigi sia a livello socio-economico. La priorità, quindi, deve restare la decarbonizzazione anche in Africa, ecco perché tra i parametri dovrebbero essere adottate delle clausole di esclusione dei progetti Oil & Gas.
Mauro Giansante e Giorgio Santilli