NEXT GENERATION PROCUREMENT
Busìa (Anac): “Più open data di qualità negli appalti, così diventano la leva per politiche di sostenibilità”
IN SINTESI
Transizione digitale e verde. Ormai il binomio per l’Europa che verrà – nel segno dell’inclusione – è chiaro. Ma i più critici di questo percorso ammoniscono sempre che il tutto deve e dovrà essere economicamente e socialmente accettabile. Possibile. Anche nel mondo degli appalti questa transizione è in corso e ha davanti a sé tante tappe. Ieri e oggi a Roma è in corso una due giorni internazionale organizzata dall’Anac con Open Contracting Partnership e Kpp (Komisioni i Prokurimit Publik, la Commissione appalti pubblici albanese) dal titolo “Gli appalti di nuova generazione” con rappresentanti da ben 26 Paesi convocati a Palazzo Salviati.
Il ruolo degli appalti pubblici nella transizione verde e digitale
“Utilizzare gli appalti pubblici per realizzare un’Europa più giusta, più verde e più inclusiva. Questa è la nostra sfida e il nostro obiettivo”, ha detto ieri il presidente dell’Anticorruzione Giuseppe Busìa, introducendo i lavori. “Gli appalti pubblici sono un fattore chiave per attuare politiche pubbliche a lungo termine, plasmando il tessuto delle nostre economie e società. Costituiscono una scelta cruciale per il benessere dei cittadini europei ed extraeuropei e per il nostro sviluppo futuro. Hanno il potere di trasformare la vita, generare valore sociale e costruire una visione per il futuro”, ha aggiunto. Evidentemente, certe consapevolezze ancora mancano. Dovrebbe essere chiaro già adesso, ad esempio, che “le decisioni che prendiamo oggi, soprattutto su cosa e come acquistiamo, definiranno la qualità della vita di domani e l’eredità che lasceremo alle generazioni future. Pertanto, è imperativo regolamentare, organizzare e monitorare gli appalti pubblici con la massima attenzione. Questa vigilanza non solo protegge dalla corruzione e dalle infiltrazioni criminali, ma garantisce anche una governance sana e un’amministrazione efficace”.
Per Busìa, però, la sostenibilità dev’essere “una direzione strategica che va oltre i requisiti della legislazione o dell’economia”. Sotenibilità come visione e fonte di ispirazione quotidiana per le persone ma anche per le isitutuzioni. Per i governi, per “come investire al meglio il denaro pubblico, generando valore per le persone. Oggi non basta più fare acquisti convenienti e nel rispetto della legalità. Le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di essere più ambiziose: devono investire per rendere le nostre società più inclusive, per proteggere il pianeta, per aumentare il benessere collettivo, per realizzare pienamente i diritti umani. Devono utilizzare gli appalti pubblici per costruire paesi più giusti per le generazioni future, incorporando valori sociali nei loro acquisti. In questo senso la sostenibilità deve diventare il cardine del sistema degli appalti, poiché solo socialmente responsabile il procurement può produrre prosperità, cioè quello sviluppo multidimensionale che assicura un reale miglioramento della qualità della vita”.
Infine: “Oggi parlare di appalti pubblici significa occuparsi anche di democrazia, ambiente, diritti umani e nuove tecnologie. È necessario esplorare nuovi approcci e nuove prospettive per rendere le politiche pubbliche realmente efficaci, anche sul piano sociale ed etico, ponendo sempre l’essere umano al centro del sistema, come beneficiario e protagonista”. Cerchio concluso: “Le opportunità della transizione digitale appaiono cruciali in termini di trasparenza e semplificazione, compliance ed efficienza. Dati migliori e digitalizzazione consentono nuove forme di collaborazione con cittadini e imprese per monitorare gli appalti, migliorare i processi e ampliare la partecipazione democratica al processo decisionale pubblico. In questa prospettiva, i sistemi informativi sugli appalti dovrebbero essere aperti fin dalla progettazione e il più possibile armonizzati a livello europeo”.
Le responsabilità del futuro mondo green sono nostre e dei politici
Rendere gli appalti pubblici compatibili con la sostenibilità sarà un compito di noi tutti ma soprattutto dei politici, hanno ribadito anche tutti gli interlocutori che si sono succeduti al tavolo di Palazzo Salviati. Bisognerà tener conto degli impatti sociali oltre che finanziari ed economici delle politiche pubbliche, ha detto Erika Bozzay dell’Ocse. L’Organizzazione, nel rapporto di giugno scorso dal titolo “Sfruttare gli appalti pubblici per la transizione verde”, ha rilevato per esempio che i Paesi membri riconoscono sempre di più gli Gpp come un importante motore per l’innovazione: nel 2022, il 92% (35 su 38) aveva adottato un Gpp nazionale o un quadro politico e 29 di essi fanno riferimento ai Green Public Procurement, o almeno agli appalti pubblici, nei loro impegni ambientali nazionali come strumento per perseguire obiettivi di sostenibilità. Tra le sfide, però, rimangono quella della mancanza di dati sugli impatti delle strategie di appalti verdi e la necessità di catturare meglio i costi del ciclo di vita e gli impatti ambientali dei beni e dei servizi acquistati per incoraggiare il settore privato a competere sulle dimensioni verdi. Inoltre, scrive ancora il report, permane ancora la percezione che gli appalti pubblici verdi comportino costi più elevati (lo pensano 22 paesi membri dell’Ocse).
Secondo Gustavo Piga, docente di economia a Tor Vergata, parlare di green non significa automaticamente parlare di qualcosa di sociale o di locale. Due sono gli esempi citati per identificare le storture: il caso del litio e quello delle proteste in Sardegna sugli impianti rinnovabili. Detto che rispetto a vent’anni fa la consapevolezza sul public procurement è cresciuta (nel report di Draghi, fa notare Piga, è citato venti volte), ciò che ancora preoccupa secondo l’economista è lo sguardo troppo a breve termine dei politici, di chi governa. Altri spunti arrivano dall’amministrativista Anna Corrado: dalla “gelosia dei dati da parte degli uffici comunali alla mancanza di interoperabilità e concepimento del raccordo tra qualificazione e digitalizzazione.
I primi risultati del 2024 (pubblicati a maggio) emersi dall’Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente e Fondazione Ecosistemi nel VII Rapporto sull’applicazione del Green Public Procurement (acquisti pubblici verdi), citato ieri da Laura Valli dell’Anac, hanno detto che in Italia siamo fermi al 62% sulle performance delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, solo il 17% delle stazioni appaltanti effettua verifiche sul corretto uso del monitoraggio acquisti. Di buono, invece, c’è che per il 98% delle amministrazioni pubbliche la conoscenza del Gpp è una politica ritenuta necessaria per la sua giusta applicazione. La sostenibilità non può più attendere, neanche negli appalti pubblici.