CITTA' NEL FUTURO / 2

Burdett: “Dalla casa alle infrastrutture, la rigenerazione urbana ha una dimensione MULTILATERALE ed è investimento a lungo termine. E’ il sangue delle città e ferma il declino. La scommessa vinta da Barcellona e Londra”

La rigenerazione urbana è il “sangue” delle città e deve contribuire alla crescita del benessere economico, sociale e ambientale. Per questo la rigenerazione urbana non è una questione che riguarda soltanto imprenditori e architetti ma è un processo complesso e di lungo termine che bisogno di certezze di investimenti: sono questi alcuni dei punti fondamentali sottolineati dal grande urbanista Burdett, che porta l’esempio delle best practice di Barcellona e Londra. Ci sono poi le emergenze legate al dissesto idrogeologico, in un Paese ad alto rischio come l’Italia, e qui la priorità sollecitata da D’Angelis è quella di invertire la spesa nazionale puntando le maggiori poste sulla prevenzione e non sulle emergenze.

09 Apr 2025 di Maria Cristina Carlini

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Burdett: “Dalla casa alle infrastrutture, la rigenerazione urbana ha una dimensione MULTILATERALE ed è investimento a lungo termine. E’ il sangue delle città e ferma il declino. La scommessa vinta da Barcellona e Londra”

La rigenerazione urbana come processo di lungo termine e sempre in divenire e come leva per contrastare il declino delle città, invertendo  così la rotta per riportarle su un percorso di crescita economica e di benessere sociale e ambientale. Sono due dei concetti portanti di una visione di città che si trasforma e si proietta nel futuro che ha espresso Ricky Burdett, direttore della London School of Economics and Political Science Cities, nel suo intervento, da Londra, al dibattito che si è svolto, ieri, presso la sede dell’Ance, in occasione della presentazione della conferenza ‘Città nel futuro 2030-2050′, che si svolgerà a Roma dal 7 al 9 ottobre prossimi.  Una visione che è alla base di best pratice come quelle attuate a Barcellona e a Londra. Ma prima Burdett si sofferma su alcune considerazioni di fondo. C’è la questione demografica. Burdett illustra una slide che fotografa la crescita della popolazione nelle grandi città in giro per il mondo. Sulla mappa ci sono, ad esempio, città come Lagos o come il Cairo contrassegnate , rispettivamente, da un +76 e +58: queste, spiega Burdett, “sono le persone che entreranno o che sono nate ogni ora in queste città”. Oppure, ci sono città accompagnate da un segno meno, come TokYo con meno -10, che indicano “le parti del mondo dove le città sono in declino”. “La domanda è: come si evita il declino, come si evita di slittare in una situazione di declino. Fondamentale è il rapporto tra città ed economia. In Africa e Asia ci sono città che stanno crescendo in modo molto rapido, altre città in Europa molto meno, come Parigi e Roma. Qui bisogna valutare quegli aspetti della rigenerazione urbana che non solo possono mantenerci a galla ma portarci anche oltre ed essere trascinati dal punto di vista della trasformazione”.  C’è la questione climatica con le città che producono il 75% delle emissioni globali di c02, dove deve incidere la trasformazione urbana, e quella sociale rappresentata dal fatto che il 33% dei nuovi residenti urbani “vivrà in condizioni non accettabili”.

Alla luce di tutti questi elementi, Burdett sottolinea un punto centrale e cioè che “la rigenerazione urbana non è una cosa che interessa solo gli sviluppatori, gli imprenditori e gli architetti. La rigenerazione ha una dimensione multilaterale, ha che fare con la casa, con le infrastrutture e trasporti, è fondamentale per la crescita economica della città e del benessere degli individui che ci vivono”, sottolinea l’urbanista indicando esempi di rigenerazione urbana che possono essere utili anche per l’Italia. Uno è il caso di Barcellona, città che ha avuto problemi simili a Genova. Gli interventi messi in campo hanno interessato un’area completamente dismessa. “C’è un’iniziativa che dura da 20-30 anni. La rigenerazione è un investimento a lungo termine. Non è un episodio che dura pochi anni e in questo processo è importante dare certezze agli investimenti privati”. Da zona dismessa e abbandonata, il Poblenou “è diventata the coolest part of the city” con “le parti più antiche che sono state rinnovate per usi commerciali con strutture molto moderne, ma si vedono case, si vedono uffici che hanno completamente trasformato l’area che è diventata attrattiva per i visitatori ma anche per le imprese”.

Da Barcellona a Londra: qui gli esempi sono due, uno è un intervento completamente privato, l’altro completamente pubblico ma entrambi “hanno trasformato totalmente la vita quotidiana, l’economia e hanno consentito di integrare comunità che sarebbero rimaste isolate”. Il primo intervento è quello della zona di King’s Cross, che aveva ferrovie e stazioni costruite nell”800 e che era stata completamente abbandonata per anni. “Sono stati stanziati tre miliardi di dollari da vari enti privati, che  hanno sfruttato l’accessibilità dei trasporti e un’insistenza, e questo è fondamentale nei processi di rigenerazione urbana, sugli spazi pubblici, non solo edifici e strutture ma su quello che diventa uno spazio comune della città. Tutto questo diventa punto di attrazione di attività completamente diverse, che sarebbero scappate dall’economia di Londra,  e anche della sede dell’università delle Arti con 5 mila studenti e  dove tra pochi mesi aprirà il nuovo headquarter di Google con 12 mila addetti”. E poi ci sono i Docks in una zona più povera di Londra: “qui c’è stata una trasformazione incredibile legata all’investimento delle Olimpiadi di Londra”, era una zona degradata, con forte tasso di disoccupazione e diseguaglianza sociale, con otto anni di differenza di aspettativa di vita tra questa zona e quella di Westminster. “Tutto il progetto è stato immaginato con l’idea di che tipo di trasformazione vogliamo fare. Tre università vi hanno spostato la sede con 30 mila studenti, la Bbc vi ha trasferito una sala concerti. Si parla di 100 mila posti di lavoro”. Insomma, “anche la rigenerazione dei Docks rappresenta una visione integrale di come trasformare l’economia delle città. La rigenerazione urbana è il sangue delle città, deve contribuire al benessere economico, sociale,  ambientale. Questo può avvenire in Italia, in Europa e altrove. Spero che la conferenza riesca a spingere questo discorso della rigenerazione urbana”, è l’auspicio espresso infine da Burdett.

L’altro tema portante della conferenza sarà quello dell’acqua. Tema che affronta Erasmo D’Angelis, presidente della Fondazione Earth Water Agenda. Punto di partenza dell’intervento è la descrizione di un Paese, l’Italia, “geneticamente vocato a una serie di rischi pazzeschi perchè l’Italia è l’ultimo Paese emerso dall’acqua”, un Paese “per due terzi di montagne e colline, questo ci dicono i geologici che siamo il Paese piu geologicamente giovane del pianeta, con terreni sovrastati da argille e sabbia, elementi facilmente erodibili e questo è un tema che spesso dimentichiamo”. “Noi siamo questo Paesi qui: abbiamo i due terzi delle frane europee censite: 750 mila in Europa, 628.220 in Italia. Il dato è terrificante. Abbiamo una pericolosià idraulica e abbiamo una pericolosità sismica perchè questo significa innescare frane”, spiega De Angelis. “Le nostre città sono state costruite sull’acqua, le nostre pianure alluvionali,  le nostre foreste pluviali. E’ il Paese dove c’è stata la maggiore rigenerazione del territorio per costruire le città più belle del mondo. Oggi se si fermassero le 900 idrovore dei consorzi di bonifica che pompano acqua andrebbero sotto l’aeroporto di Roma e di Venezia nel giro di 48 ore, ad esempio. Prendiamo atto che siamo questo Paese. Siamo l’unico Paese che ha tutte le forme di acqua del pianeta, siamo ricchissimi di acqua”. Un Paese che, a causa dei livelli record di precipitazioni, ha anche la capitale della pioggia che è Milano, non Londra né Parigi. D’Angelis si sofferma sull’escalation di alluvioni e frane. “Dal 2000 è cambiato tutto con una progressione impressionante, 100 eventi catastrofali in media l’anno, in zone sempre più ristrette. In due anni e mezzo, in sei eventi alluvionali  si sono avute 50 vittime e 16 miliardi di danni”, denuncia. Uno dei problemi è la copertura artificiale del suolo: “dal boom edilizio degli anni 60, è triplicato il costruito, come ci dice il Cresme, dei 2000 anni precedenti”, sottolinea D’Angelis. Un disordire urbanistico sanato con quattro condoni, “unico Paese al mondo il nostro ad aver avuto quattro sanatorie”. D’Angelis porta anche esempi virtuosi come i lavori di messa in sicurezza di Genova che “ora è diventata la città più sicura del mondo con 900 milioni di investimenti”. “Tutto è alla portata, tutto si può fare, le risorse si possono trovare”, sostiene D’Angelis. A condizione che si inverta la priorità di spesa pubblica nazionale : spendiamo 8,5 miliardi in emergenze dal dopoguerra ad oggi, l’investimento in prevenzione è di 600 milioni. Invertiamo la spesa”, incalza D’Angelis.

Per il climatologo Giulio Boccaletti, direttore scientifico del Centro Euro Mediterraneo sui cambiamenti climatici, la discussione che andrà fatta alla conferenza di ottobre è “una discussione che parla di futuro”. “C’è un cambiamento in atto di cui dobbiamo essere coscienti”, sottolinea. “Ci dobbiamo chiedere cosa sta succedendo. La statistica storica non è più rilevante, non viviamo più nel ventesimo secolo e sta cambiando la frequenza e l’intensità degli eventi. Nessuno ha esperienza di questo cambiamento, abbiamo l’esperienza del fallimento delle infrastrutture realizzate per difenderci dalla variabilità climatica. Dobbiamo affrontare questo nuovo contesto. L’adattamento è la trasformazione delle condizioni materiali in supporto allo sviluppo economico”. E, dunque, “l’adattamento è immaginarsi il futuro, interrogarci su come sarà fatto il futuro”.

 

 

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