Il CALDO cambia produzione e lavoro, la risposta nella contrattazione collettiva
Il caldo cambia la produzione e il lavoro sopravvive sacrificando la sicurezza degli operai. Mentre l’estate si avvia ad un nuovo tramonto, il rischio di infortuni sul lavoro, durante le ondate di calore, fa registrare un aumento del 17,4%. Lo rende noto Adaptheat, Adaptation to heat and climate change at work, progetto di ricerca della Fondazione Di Vittorio finanziato dalla Commissione Europea, che analizza il rischio da ‘stress termico’ in relazione ai sistemi di prevenzione e di relazioni industriali a livello europeo, nazionale e locale. In base allo studio, la frequenza e l’intensità del fenomeno delle alte temperature, comunemente definite ‘ondate di calore’, è in aumento, raggiungendo globalmente livelli storici a causa delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Il 2023 è stato il secondo anno più caldo mai registrato in Europa (+ 1,02°C-1,12°C sopra la media) con un numero record di giorni con ‘stress da caldo estremo’ oltre i 46°C.
Tuttavia ad oggi risulta complesso arrivare ad una stima esatta dell’impatto climatico sulla salute di lavoratori e lavoratrici. Ogni anno si contano circa 22,85 milioni di infortuni sul lavoro, 18.970 decessi e 2,09 milioni di anni di vita condotta in piena salute persi, corretti per disabilità (DALY) a causa dell’esposizione al calore eccessivo sul lavoro. Il rischio complessivo di infortuni sul lavoro aumenta dell’1% per ogni aumento di 1°C della temperatura al di sopra dei valori di riferimento. Circa il 15% dei lavoratori che lavorano normalmente in condizioni di stress termico sperimentano lesioni renali acute o malattie renali. In base a quanto elaborato dall’Ilo, organizzazione internazionale del lavoro ‘a livello globale ci sono circa due miliardi di lavoratori, ovvero il 70 per cento in esposizione da caldo eccessivo, con conseguenze preoccupanti per la salute. Sono oltre 23 milioni gli infortuni’. Marco Morabito del Cnr insieme ad altri ricercatori Inail è a capo del progetto Worklimite 2.0. E proprio dalla collaborazione tra Cnr, Inail e diversi istituti sanitari di eccellenza è nato un decalogo che suggerisce alle imprese come designare una persona che sovrintenda al piano di sorveglianza per la prevenzione dello stress da caldo, identificando i pericoli con precisa valutazione de rischi. Attualmente operativo anche il Piano Nazionale di Prevenzione (PNP) 2020-2025, adottato dal Ministero della Salute, che con un approccio multidisciplinare si occupa, di individuare le principali sfide relative al cambiamento climatico anche in relazione ai contesti lavorativi e produttivi e all’impatto sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
In Europa non c’è uniformità nelle scelte di binomio caldo-lavoro. La Gran Bretagna lo scorso anno aveva richiesto una legge riassunta con “troppo caldo per lavorare”, una norma in grado di proteggere gli operai dall’obbligo di lavoro con temperature torride. Legge che non c’è ancora, anche se esistono vecchi regolamenti che indicano l’obbligo di posti di lavoro “confortevoli” e “sicuri”, con limiti per le temperature minime (non sotto i 16 gradi in un ambiente di ufficio) ma non massime. Anche in Francia non esiste una temperatura massima che stabilisce quando non lavorare, ma viene richiesto ai datori di lavoro di garantire “condizioni di sicurezza” per i dipendenti, così come gli edili secondo il ‘Code du Travail’ devono essere riforniti di almeno 3 litri d’acqua al giorno o della possibilità di interrompere il proprio lavoro se credono di temere per la propria salute. L’Italia invece, a più di un mese dalla mancata firma dell’accordo al tra imprese e parti sociali, rincorre l’emergenza in maniera frammentata in attesa di una normativa che possa garantire un adeguamento strutturale, complessivo nel modello organizzativo imprenditoriale. La ministra del Lavoro e alle Politiche Sociali Marina Elvira Calderone quest’anno ha ribadito che “la cassa integrazione viene concessa allorché le condizioni meteorologiche avverse non consentano l’effettivo svolgimento delle lavorazioni”. Pertanto “la sospensione o riduzione delle attività deve essere la diretta conseguenza dell’evento meteo”. Al primo di agosto 2024 sono state approvate 13 ordinanze regionali che hanno regolato il lavoro a temperature troppo alte, attraverso ammortizzatori e sospensioni delle attività. Nei cantieri di alcune regioni i sindacati hanno denunciato il mancato rispetto del provvedimento, in altre invece l’assenza totale di controlli. Basti pensare che la Sicilia, una delle regioni più calde, emette l’ordinanza solo a fine luglio, dopo l’avvio da parte della Fillea Cgil di una campagna sarcastica #SeguilaSagoma del presidente della regione Renato Schifani. Gli edili con marcato sarcasmo, hanno fatto partire lo ‘Schifani Tropical Tour’, che ha fatto tappa in tutte le province siciliane. Ironia pungente, efficace per amplificare i toni della vertenza. In Emilia-Romagna arriva solo dal 29 luglio.
L’Ispettorato del Lavoro ha avviato una campagna di vigilanza straordinaria nei settori individuati ad alto rischio: cantieri edili, stradali e agricoltura. Sono state 736 le aziende sottoposte a controllo durante la prima decade di agosto: 181 in agricoltura, 456 in edilizia e 70 nei cantieri stradali. Dai primi bilanci emerge che circa nel 40% dei casi non aveva valutato le misure di prevenzione specifiche e sono stati pertanto contestati gli illeciti previsti dal testo unico previsti sulla sicurezza.
All’interno di questa cornice la Fillea Cgil ritiene che la cassa integrazione debba essere obbligatoria e immediata. “Finora lasciare la possibilità per i datori di lavoro in caso di emergenza, di accedere alla cassa integrazione ad ore oltre i limiti di durata massima delle 52 settimane, introdotta nel decreto-legge n. 63/2024 per temperature elevate, non ha funzionato”.
“Come sindacato partiamo dal presupposto che il cambiamento climatico non è opinabile e che stia determinando una seria rivoluzione nel mondo della produzione”, spiega il segretario nazionale della Fillea Cgil Antonio Di Franco. Pertanto “la protezione dei lavoratori alle temperature diventa una priorità. Tra le prospettive di ricerca future riteniamo importante sviluppare un sistema di allerta caldo attraverso previsioni personalizzate degli effetti della temperatura sui lavoratori in un modello meteorologico previsionale deterministico che tenga in considerazione il tipo di attività fisica, l’ambiente di lavoro, i dispositivi di protezione individuali, le criticità organizzative”.
E ancora, “Come sindacato in fase di contrattazione nazionale e territoriale si devono calcolare oneri sulla sicurezza dei tempi di esecuzione. Dobbiamo essere da stimolo al governo affinchè si arrivi entro la prossima estate ad una normativa strutturata. Le committenze rivedano le condizioni contrattuali, azzerando le penali sui tempi di consegna. La strada da tracciare è quella di conciliare la sicurezza dei lavoratori in condizione di emergenza clima senza bloccare la produzione Pnrr. Si apre una nuova sfida per edilizia, anche grazie al rinnovo del Ccnl Edilizia Industria e Cooperazione, Artigianato. Un settore che coinvolge un milione di lavoratori dipendenti e che vale circa l’8% del PIL e che da anni sta contribuendo alla crescita del Paese. Nell’ottica della qualificazione professionale ed industriale, la sostenibilità deve diventare da tutti i punti di vista valore d’impresa”, conclude Di Franco.
Dalle imprese datoriali. Nel frattempo in questa articolata e assai frammentata cornice, le imprese pensano ad una tecnologia da indossare. Si tratta di una t-shirt intelligente priva di componenti metallici e dotata di sensori polimerici tessili, impercettibili e integrati nel tessuto lavabile. Una soluzione che dovrebbe consentire il monitoraggio dell’attività elettrica del cuore, l’analisi della respirazione e delle componenti del sudore, lo sforzo muscolare, la temperatura corporea, il battito cardiaco (Bpm), oltre che derivare parametri medici quali Hrv e stress factor. L’obiettivo del progetto di tutela del benessere e della salute di circa 150 lavoratori promosso dal Consorzio stabile Eteria e dai suoi soci Vianini Lavori (Gruppo Caltagirone), Itinera (Gruppo Gavio), Sinelec (Gruppo Gavio) e Icop. Rilevare un ampio numero di parametri biovitali, nel totale rispetto dell’anonimato del lavoratore. I dati rilevati vengono poi inviati a una piattaforma tecnologica e allo smartphone dell’utente.

Federazione Italiana dei Lavoratori del Legno, Edilizia e Affini
La FILLEA – Federazione Italiana dei Lavoratori del Legno, Edilizia e Affini – è la categoria della CGIL che organizza – e ne difende i diritti collettivi ed individuali – le lavoratrici ed i lavoratori dei vari comparti che compongono il vasto settore delle “costruzioni”: edilizia, cemento, laterizi, lapidei, legno-arredo, comprese alcune produzioni di nicchia, piccole come numero di addetti ma note ed apprezzate in tutto il mondo per la straordinaria qualità del prodotto, tra cui ricordiamo gli interni in legno della nautica e dei camper, la produzione del sughero, il restauro, il cotto toscano. E’ stata fondata il 15 agosto 1886 a Genova la Federazione Muraria. E’ la data d’inizio di un percorso complesso e affascinante, fatto di lotte e conquiste, che arriva fino ai giorni nostri.
La FILLEA è il più grande sindacato italiano delle costruzioni, fa parte della Federazione europea e mondiale dei lavoratori edili e del legno (FETBB e BWI), collabora con associazioni italiane ed internazionali sui temi della difesa dei diritti e della salute dei lavoratori, della lotta per la legalità e contro sfruttamento ed il caporalato, per il giusto inquadramento e per maggiore formazione e professionalità, in particolare nel settore dell’edilizia, contro gli infortuni sul lavoro e per salari più giusti, contro ogni forma di precariato e discriminazione. È tra i soci fondatori di uno dei più antichi e importanti sistemi mutualistici di tutela delle lavoratrici e lavoratori, molti dei quali dipendenti di piccole e piccolissime aziende: le Casse Edili, le Scuole Edili e i Comitati Territoriali per la salute e sicurezza (CPT).
 
				