DOVE INSTALLARE LE RINNOVABILI

Aree idonee, dopo la Sardegna anche la Puglia vara la STRETTA

“Questo Ddl, che è più restrittivo della legge nazionale, concentra le aree in cui insediare gli impianti al fine di tutelare i paesaggi e habitat naturali”, ha commentato l’assessore allo Sviluppo economico Alessandro Delli Noci. La legge è composta da dodici articoli e privilegia la tutela paesaggistica della Regione. “Abbracciamo, così, la sfida più grande: tutelare il nostro territorio, programmando uno sviluppo ordinato e ragionato degli impianti”, ha detto il consigliere delegato all’Urbanistica, Stefano Lacatena

24 Ott 2024 di Mauro Giansante

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Aree idonee, dopo la Sardegna anche la Puglia vara la STRETTA

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“Questo Ddl, che è più restrittivo della Legge nazionale, concentra le aree in cui insediare gli impianti al fine di tutelare i paesaggi e habitat naturali”. Potrebbe bastare questa frase estrapolata da uno dei due commenti ufficiali per capire verso quale direzione vuole andare la legge sulle aree idonee per gli impianti rinnovabili in Puglia. A dirla, commentando la presentazione del disegno di legge appena approvato dalla Giunta regionale è l’assessore allo Sviluppo economico, Alessandro Delli Noci.

Aree idonee, esclusi 16 siti oltre quelli tutelati

Nel testo del ddl trova conferma questa impressione simil-Sardegna. Visionato da Diario Diac, lo schema di disegno di legge si compone di tredici articoli e fissa i paletti su dove non si potrà procedere all’installazione di pale eoliche e pannelli fotovoltaici. E dunque, vengono anzitutto escluse “le aree ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi degli articoli 10 e 136” e 142 del Dlgs 42 del 22 gennaio 2004. Vale a dire, le aree di interesse pubblico e i beni culturali. Ma oltre a queste, vengono ricomprese altre 14 aree dove sarà vietato generare energia pulita. Si va dal reticolo idrografico di connessione della Rete Ecologica Regionale alle sorgenti; i versanti; lame e gravine; doline; grotte; geositi; inghiottitoi; cordoni dunari; aree umide; formazioni arbustive in evoluzione naturale; siti di rilevanza naturalistica; area di rispetto dei boschi e l’area di rispetto dei parchi e delle riserve regionali. Nonché “le superfici interessate da habitat all’esterno della Rete Natura 2000”.

Al comma 2 dell’articolo 6 vengono inclusi tra i siti non idonei anche quelli “ricadenti nella fascia di rispetto di 5 chilometri dai Siti UNESCO” per i grandi impianti eolici (quelli cioè con potenza superiore a 1000 kW e altezza
della torre, comprensiva di rotore, pari o superiore a 100 metri) e il fotovoltaico a terra. Entrambi vengono poi vietati anche nelle “aree ricadenti nella fascia di rispetto di 1 chilometro dalle strade panoramiche e dai luoghi panoramici”.

Dove si possono installare gli impianti. Niente fotovoltaico a terra

All’articolo 3, invece, sono messe in fila le aree idonee. Tra queste, i siti che già ospitano impianti Fer, i siti bonificati, cave e miniere esaurite, le zone dismesse di Ferrovie dello Stato, siti e impianti aeroportuali e industriali, le aree agricole adiacenti alle zone industriali, artigianali e commerciali, autostradali.

All’articolo 8, viene vietato tutto o quasi il fotovoltaico a terra nelle zone agricole in base ai piani urbanistici vigenti. Quasi, perché viene salvato quello che vada a costituire le comunità energetiche rinnovabili.

Esulta la Giunta regionale. L’iter del ddl

Sarà il Consiglio regionale – ricorda la nota della Regione – ad esercitare il controllo sull’attuazione della presente legge e valutare gli effetti conseguiti, le modalità di attuazione e i risultati ottenuti in termini di progressivo conseguimento degli obiettivi di produzione di energia da fonti rinnovabili. Come chiarisce il ddl, intanto, “le disposizioni di cui alla presente legge non si applicano ai procedimenti autorizzatori per i quali, alla data di entrata in vigore della stessa: a) si sia perfezionata una delle procedure semplificate per la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili previste dalla legge; b) sia stato conseguito il titolo di compatibilità ambientale laddove previsto, ovvero, negli altri casi, qualora risultino concluse con esito positivo, anche con prescrizioni, le conferenze di servizi previste per il rilascio dell’autorizzazione unica”. Adesso, dunque, parte la fase delle consultazioni contemporaneamente ai lavori delle commissioni consiliari che porterà alla votazione in Aula per chiudere il tutto entro fine anno in modo tale da rispettare la scadenza dei 180 giorni.

“La Regione Puglia – ha dichiarato l’assessore allo Sviluppo economico, Alessandro Delli Noci – è una delle prime regioni italiane a legiferare sulle aree idonee. È stato un lavoro complesso e corale che ha visto collaborare quattro settori, lo Sviluppo economico, l’Ambiente, l’Agricoltura e l’Urbanistica e Paesaggio, con un unico obiettivo: rendere la Puglia sia protagonista del contrasto ai cambiamenti climatici che, come dimostrano i fatti disastrosi che hanno colpito l’Emilia Romagna, la Liguria, il Piemonte e la Calabria in questi ultimi giorni sono reali e sempre più frequenti, sia protagonista della transizione energetica, perché parlare di decarbonizzazione e autonomia energetica non ha senso se non ci diamo un piano e un’alternativa, come stiamo facendo. Questo Ddl, che è più restrittivo della Legge nazionale, concentra le aree in cui insediare gli impianti al fine di tutelare i paesaggi e habitat naturali. Con questa legge riusciremo a raggiungere livelli notevoli di produzione di energia, e per questa ragione è indispensabile che il Governo garantisca tutte le condizioni affinché alla Puglia sia riconosciuto il ruolo di hub energetico non solo per la produzione di energia appunto ma per la produzione di dispositivi legati all’energia, fatto che consentirebbe lo sviluppo di un’industria specifica e quindi di nuova occupazione. Si aprirà adesso un’importante fase di consultazione all’interno delle Commissioni consiliari che si incaricheranno di coinvolgere i Comuni, le Province e tutti i portatori di interesse, vale a dire cittadini, imprese, associazioni ambientaliste. Il percorso partecipativo, fondamentale per apportare modifiche e migliorare questo importante strumento normativo, sarà anche online attraverso la piattaforma Puglia Partecipa dove ciascuno potrà, in maniera propositiva, offrire il proprio contributo”. Secondo il consigliere delegato all’Urbanistica, Stefano Lacatena, la delibera è “uno sforzo legislativo notevolissimo, frutto di un ampio studio tecnico, con cui la Puglia oggi si rende protagonista e all’altezza di governare i processi più importanti che interrogano le istituzioni per oggi e per il futuro: possiamo dire con soddisfazione di aver fatto un ottimo lavoro nella redazione del Dl sulle Aree Idonee. Un provvedimento redatto con un approccio integrato”. Applausi anche dall’assessorato all’Agricoltura, guidato da Donato Pentassuglia e l’assessora all’Ambiente della Regione Puglia, Serena Triggiani: “Resta indissolubile nella nostra azione e strategia regionale la decarbonizzazione difendendo l’identità ambientale e paesaggistica della Puglia, allargando l’ambito delle aree non idonee”.

Quanta energia pulita produce e dovrà produrre la Puglia al 2030

Secondo la tabella contenuta nel decreto Aree idonee del 21 giugno scorso, la Puglia dovrà installare 7.4 Gw al 2030 di potenza aggiuntiva rispetto ai circa 6 prodotti attualmente. Gianna Elisa Berlingerio, direttore del Dipartimento Sviluppo economico della Regione Puglia, ha ricordato al Meeting di Rimini di agosto che “la regione Puglia è la primo posto in Italia per la produzione di energie rinnovabili, con ulteriori richieste per altri 92 gigawatt tra fotovoltaico ed eolico attualmente in attesa di approvazione”. Nel dettaglio, la Regione “è la prima regione in Italia per la produzione di energia eolica e la seconda per potenza fotovoltaica installata, subito dopo la Lombardia, ma è al primo posto per l’energia prodotta da impianti fotovoltaici. Questo primato Questo primato ha portato al territorio una medaglia che ci siamo appuntanti sul petto”, ha affermato Berlingerio. E poi, ha poi aggiunto a dirigente, “la possibilità di sviluppare competenze in questo settore e un numero di posti di lavoro che però è limitato. A fronte di questo c’è il tema dell’accettabilità dell’impiego di suolo o paesaggio per le energie alternative”.

Appunto. Ma intanto, con questo ddl, sembra soddisfatta la linea sostenuta dal gruppo La Puglia Domani per voce del capogruppo Paolo Pagliaro. Che in una nota di dieci giorni fa temeva il peggio sul ddl in arrivo: “Non ci stancheremo di ripetere che, proprio l’assenza di regole, di paletti certi fissati a tutela di determinate aree, ha consentito il Far West attuale, con una pioggia di richieste per impianti Fer dal capo di Leuca al Gargano: su di noi pendono domande per 92 GW tra fotovoltaico ed eolico, a terra e offshore. Un dato spaventoso e smisurato, se si considera che alla Puglia è richiesta una produzione ulteriore di energia pari a poco più di 7 GW”, aveva detto. “Questa materia è politica, prima che tecnica, e non accetteremo che passi sopra le nostre teste e che ci venga propinata come una pillola preconfezionata da ingerire senza obiettare. Faremo opposizione in aula, se il disegno di legge – come temiamo – dovesse essere troppo permissivo nei confronti di nuovi insediamenti, se dovesse aprire praterie di conquista alle multinazionali e ai loro giganteschi interessi speculativi, senza preoccuparsi minimamente delle ferite inguaribili inferte al territorio”.

Anche in estate, Pagliaro aveva espressamente chiesto di far fede al decreto Mase del 21 giugno. Ricordando altri numeri sullo stato dell’arte delle rinnovabili nella Regione per rinforzare la tesi di difesa del paesaggio a fronte dell’invasione (presunta) di pannelli e pale eoliche. “In Puglia non esiste un catasto pubblico che registri gli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili, e il conseguente consumo di suolo. La nostra regione è seconda in Italia per potenza installata di eolico industriale: oltre 16mila impianti nel 2023 rispetto ai 7mila del 2022, per una superficie complessiva stimabile in circa 4.500 ettari, più di un quarto dei complessivi 16.300 ettari installati in tutta Italia. La Puglia è la regione italiana dove il fotovoltaico ruba più terreno all’agricoltura (0,34%). Per quanto riguarda l’eolico off-shore, il Pniec fissa a 2,1 GigaWatt di potenza l’obiettivo di decarbonizzazione al 2030. Ma, fra il 2021 e il 2024, le istanze per impianti eolici off-shore lungo le coste pugliesi raggiungono una potenza complessiva di circa 27,5 GW, pari a oltre dieci volte l’obiettivo nazionale. Dal capo di Leuca al Gargano si prospetta una vera e propria catena ininterrotta di centrali del vento galleggianti, che andrebbero ad impattare fortemente sugli ecosistemi marini e sulle attività di pesca e navigazione. A ciò si aggiunge l’impatto a terra, per la necessità di portare i cavidotti fino alle centrali di accumulo dell’energia prodotta, con ulteriore sfregio del paesaggio”.

Lo scorso anno, il governatore Michele Emiliano si disse favorevole a indennizzi per le comunità locali pur di superare la sindrome Nimby e favorire l’interesse nazionale a ospitare gli impianti rinnovabili.

In attesa delle altre Regioni

Le altre Regioni, intanto, procedono al trotto sulle rispettive leggi per definire le aree idonee a ospitare pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Dopo la legge sarda, che arriva in Aula a inizio novembre (il 5)  ma in questi giorni è alle prese con gli intrecci della proposta popolare Pratobello 24, dovrebbero essere l’Abruzzo e la Sicilia le prossime a presentare un ddl. La Regione isolana ha completato la fase istruttoria per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili, che adesso è stata sottoposta all’attenzione della Giunta regionale. Sarà poi ovviamente necessario il passaggio in Assemblea regionale per l’approvazione della normativa.

Quanto all’Abruzzo, la scorsa settimana si è riunito il gruppo di lavoro Aree idonee: l’orientamento del Gruppo di lavoro – come comunicato in una nota ufficiale – è quello di considerare non idonee le aree agricole irrigue oltre a vigneti, uliveti, frutteti, boschi e tartufaie. Invece, le zone idonee restano quelle previste dal Decreto Agricoltura. Dopo il 30 ottobre dovrebbe arrivare la bozza di legge.

Tutto in divenire anche per la Toscana, al lavoro per la definizione delle proprie aree: la Regione sta dialogando con Comuni, associazioni ambientaliste, sindacati e categorie economiche. Lavora la Valle d’Aosta con una cabina di regia e un tavolo tecnico per la definizione della norma regionale, con l’obiettivo anche qui di rispettare i tempi del decreto Mase. In Emilia-Romagna, infine, l’incognita elezioni (che si terranno il 17 e 18 novembre) non sembra pesare più di tanto nella definizione della legge aree idonee.

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