SALVINI O CALDERONE: DI CHI IL COLPO DI SPUGNA NEL CORRETTIVO?
Appalti, sul contratto il governo fa il gioco delle tre carte: salta il comma che tutelava le Casse edili
Il governo ha approvato un primo testo del correttivo che dava corpo alle voci sul disegno di estremismo liberalista finalizzato a superare il contratto unico e a colpire il sistema delle casse edili. Poi la correzione, sotto la pressione di sindacati e imprese, con una norma che puntava a escludere i contratti che non accogliessero il sistema delle Casse edili. Infine, nel testo pubblicato in Gazzetta ufficiale il colpo di spugna che ha cancellato la norma a difesa degli istituti bilaterali. Ora si aspettano le linee guida di Calderone

Marina Calderone e Matteo Salvini alla Camera
IN SINTESI
Sul contratto di lavoro applicabile ai lavoratori degli appalti pubblici il governo fa il gioco delle tre carte. Rassicura sindacati e imprese con le bozze fatte circolare il giorno del Consiglio dei ministri (23 dicembre) prevedendo una norma che protegge, almeno in parte, il sistema delle Casse edili. Poi, con un colpo di spugna, la fa sparire nel testo pubblicato in Gazzetta ufficiale il 31 dicembre.
Vediamo di cosa si tratta.
Le perplessità create subito dall’articolo 11 del codice
L’articolo 11 del codice 36 fin dall’inizio ha suscitato forti perplessità fra associazioni imprenditoriali e sindacali per la possibilità, data alle imprese che presentano offerta per un appalto, di applicare un contratto di lavoro diverso da quello stipulato dalle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale. Il settore dell’edilizia, come è noto, ha un quadro di relazioni sindacali molto stabile, con il contratto nazionale firmato dalle principali associazioni datoriali (Ance, associazioni degli artigiani, cooperative) e dai sindacati confederali e con una serie di istituti bilaterali che hanno fatto la storia del settore a tutela dei lavoratori, a partire dalle Casse edili.
Il disegno liberista del governo
Molti protagonisti e osservatori hanno visto nelle norme del governo il disegno di creare uno spazio sindacale per far emergere contratti e organizzazioni diversi da quelli che oggi “governano” il settore e soprattutto il disegno di smantellare il sistema delle bilateralità, a partire proprio dalle casse edili. In concomitanza con attacchi, provenienti da nuove associazioni, proprio al sistema delle Casse edili. Un clima di liberismo estremo che, a detta di sindacati e imprese, può destabilizzare fortemente il settore.
La prima versione del correttivo
La prima versione del correttivo ha dato ancora più corpo a questi sospetti. Il dibattito che ne è seguito, i pareri parlamentari e le bozze successive del correttivo sembravano aver aggiustato il tiro. Anzitutto, hanno chiarito meglio, almeno per il settore delle costruzioni, come si debba individuare il contratto “applicabile” all’appalto, quello cioè firmato dalle organizzazioni “più rappresentative”, chiudendo sostanzialmente gli spazi ai contratti alternativi (non era però questo primo stadio il punto critico). Non ha cancellato, invece, in nome della libertà di organizzazione dell’impresa, la possibilità di fare ricorso a contratti alternativi. E qui è il punto critico, su quali siano i contratti ammissibili.
I paletti sui contratti alternativi
Pressato da sindacati e associazioni datoriali del settore edile il governo ha accettato di definire meglio i paletti che dovrebbero sbarrare la strada a contratti che non prevedano tutele analoghe, economiche e normative, per i lavoratori. In particolare, ha definito all’allegato I.01 (introdotto ex novo nel codice 36 dall’articolo 73 del correttivo) una serie di parametri che non possono mancare da questi contratti per poter essere valutati a “tutele analoghe” e quindi ammissibili, legittimando l’offerta presentata. Entro novanta giorni il ministero del Lavoro definirà anche delle linee guida per aiutare le stazioni appaltanti a valutare ciò che può essere ammesso come contratto alternativo, in quanto a “tutele analoghe” e ciò che invece va escluso. Fra i parametri fondamentali per la valutazione di equivalenza delle tutele normative dei lavoratori sono stati inseriti, all’articolo 4 dell’allegato I-01, comma 3, lettera n), anche “gli obblighi di denunzia agli enti previdenziali, inclusa la Cassa edile, assicurativi e antinfortunistici”.
La difesa delle Casse edili
Non una grande norma, alla lettera, non una grande rassicurazione, considerando che la Cassa edile è inclusa ma non chiude ad altre soluzioni. Tuttavia, il riferimento alle Casse edili, che non potrà essere ignorato dalle linee guida del ministro del Lavoro, era bastato per rassicurare. A condizione, però, che rispetto a questo parametro non fossero ammesse flessibilità e possibilità di scostamento che pure l’impianto normativo in linea generale ammette, se considerate “marginali” (dalla stazione appaltante, in assenza di una norma).
Ecco quindi che, a rafforzare la difesa degli istituti bilaterali, era stata inserita un’altra norma, sempre all’articolo 4 dell’allegato I.01, ma stavolta al comma 6, che così disponeva: “Fermo restando quanto previsto dal comma 5 (il decreto del ministro del Lavoro con le linee guida, ndr), lo scostamento non è marginale se concerne, anche in via alternativa, i parametri di cui alle lettere n), p) o q) del comma 3, ove previsti dal contratto collettivo individuato dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti ai sensi dell’art. 11, comma 2, del codice”. La lettera n) è, appunto, quella in questione.
Tutto questo fino alle bozze fatte circolare il 23 dicembre, unico testo su cui stakeholder e osservatori hanno potuto valutare il decreto correttivo fino alla sua pubblicazione.
Il colpo di scena: sparisce la norma dal testo pubblicato
Poi, appunto, il colpo di scena nel testo pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 31 dicembre, che in questi giorni è oggetto di esami approfonditi da parte degli osservatori. Il colpo di scena è che è saltato il comma 6 dall’articolo 4 dell’allegato I.01 e quindi non c’è più la tutela rafforzata delle Casse edili.
I prossimi giorni diranno chi si è opposto (probabilmente in Consiglio dei ministri) a questa garanzia rafforzata per le Casse edili e di chi sia la “manina” che l’ha cancellata. Al tempo stesso, i giorni prossimi ci diranno quale sia la posizione della ministra del Lavoro, Marina Calderone, su questo punto, visto che spetterà a lei poi dirimere la questione con le linee guida. Possibile che l’intenzione sia di recuperare nelle linee guida il riferimento alle Casse edili ma è evidente che una linea guida non ha la stessa forza di una norma di legge.
Il giallo continua
Il giallo, quindi, continua. E continuano i sospetti che il governo voglia favorire un quadro di forte liberalismo che possa consentire il superamento dell’attuale quadro contrattuale e relazionale. L’allarme di imprese e sindacati è destinato a crescere nuovamente nei giorni prossimi.
I problemi delle stazioni appaltanti su forniture e servizi
Intanto non sembra che il nuovo articolo 11 e il nuovo allegato I.01 abbiano dato un contributo risolutivo a risolvere preoccupazioni e problemi delle stazioni appaltanti che, fin dall’entrata in vigore del codice 36, a luglio 2024, hanno considerato l’articolo 11 la maggiore fonte di problemi nell’attuazione della disciplina. La lamentela delle stazioni appaltanti riguarda però i contratti dei servizi e delle forniture dove spesso è effettivamente complicato, soprattutto in certi comparti, individuare il contratto “prevalente”, quello cioè che dovrebbe essere considerato, più di altri, quello firmato dalle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale. Le stazioni appaltanti vorrebbero una guida o una bussola per scegliere e hanno più volte chiesto che in qualche modo siano il ministero del Lavoro o, meglio, il Cnel a indicare quale siano i contratti di riferimento.
Anche su questo fronte il correttivo non sembra proprio aver messo fine alle difficoltà ingenerate dall’attuazione del codice 36. Ne sentiremo parlare ancora molto a lungo.
 
				