La finanziarizzazione del settore dell’ambiente costruito e la digitalizzazione
La finanziarizzazione dello sviluppo urbano, nella forma della cosiddetta rigenerazione urbana, è un tema assai rilevante, che fa sì che la questione spinosa attinente all’interpretazione autentica di disposti legislativi e normativi relativi a ciò che si definisce gergalmente come il «Salva Milano» possa essere considerato solo un epifenomeno di un contesto più ampio che, nello specifico, concerne il «Modello Milano» e la sua pretesa «invenzione».
Quale che sia la valutazione dell’argomento, per alcuni assai positiva, per altri molto negativa, la tematica consente di avanzare qualche breve riflessione in merito sul ruolo dei finanziatori e degli investitori nei processi della domanda, specialmente di quella pubblica e partenariale, sotto il profilo della digitalizzazione del settore dell’ambiente costruito.
Nel momento, infatti, in cui il Codice dei Contratti Pubblici sancisce la funzione del versante della domanda pubblica quale motore della Gestione Informativa Digitale, con le evidenti difficoltà incontrate dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti, è, tuttavia, lecito domandarsi se, in effetti, tale compito non sia gradualmente, benché indirettamente, in corso di trasferimento nella direzione, tra gli altri, dei financial service provider e delle asset management company, oltreché, naturalmente, delle istituzioni finanziarie sovranazionali e nazionali.
D’altra parte, è possibile che con il nuovo Testo Unico dell’Edilizia sia introdotta la possibilità di semi automatizzare digitalmente le procedure autorizzative di carattere urbanistico ed edilizio che, appunto, stanno alla base della vicenda accennata in precedenza, completando l’iniziativa avviata per i contratti pubblici all’interno dell’implementazione dei processi digitalizzati nelle amministrazioni pubbliche.
La questione non è di poco conto, poiché, a un livello alto essa concerne le relazioni controverse che intercorrono tra rendita immobiliare e giustizia sociale, tra attrattività e impoverimento delle agglomerazioni urbane, ma, sul piano argomentativo presente, inerisce alla necessità che i processi di digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti, ovviamente non esclusivamente pubblici, prevedano, tanto nella programmazione pluriennale degli investimenti quanto nella pianificazione del singolo intervento, la definizione di requisiti informativi di carattere finanziario.
È questa una ipotesi che si sta elaborando e discutendo in sede ISO durante la revisione sistematica della serie normativa internazionale e sovranazionale di riferimento per i mercati, la serie UNI EN ISO 19650.
D’altro canto, nell’ottica di includere gli ambienti di condivisione dei dati nell’ecosistema nazionale sia dei contratti pubblici sia degli investimenti pubblici, si sta iniziando a ragionare sulla creazione di condizioni di interoperabilità non solo nei confronti delle piattaforme di approvvigionamento digitale e dell’archivio nazionale che interessano il MIT, ANAC e AGID, ma anche verso i sistemi informativi di monitoraggio e di rendicontazione degli investimenti pubblici di competenza del Mef. È palese, peraltro, che, anzitutto, l’introduzione a monte dei requisiti informativi di carattere finanziario anticiperebbe il controllo e la verifica dei modelli informativi, anche di carattere geo-spaziale, alle fasi di valutazione della fattibilità degli investimenti e delle alternative progettuali.
In questa occasione, più che di obblighi di legge, si tratterebbe di cogenze ben più incalzanti, legate alla concessione delle linee di finanziamento o di investimento. D’altra parte, è inevitabile che la progressiva diffusione dei 3D City & Land Model permetta l’istituzione di un mercato dello sviluppo immobiliare e infrastrutturale basato su logiche analitiche e computazionali, eventualmente supportate, predittivamente, da soluzioni di Intelligenza Artificiale e, comunque, fondate su Gemelli Digitali dei territori e dei cespiti: con tutte le incognite del caso, già manifestatesi in occasione della crescita di popolarità delle Smart City e della loro retorica, o narrazione, anche dal punto di vista della «sorveglianza». Secondariamente, a valle dell’avvio dell’investimento, la conformità rispetto a tali requisiti informativi di carattere finanziario dovrebbe tradursi in più sofisticate e tempestive azioni di controllo, nei termini del financial & technical auditing, tanto più che le tematiche della circolarità e della sostenibilità sono ormai integrate nei processi di gestione dei flussi finanziari e necessitano sempre più di indicatori prestazionali credibili e peculiari.
In definitiva, la definizione di requisiti informativi di carattere finanziario e la loro verifica di conformità implicherebbero la formalizzazione della disponibilità di strutture di dati condivise tra i soggetti che, a vario titolo, mettono a disposizione le provviste finanziarie e quelli che, come committenti, promotori, sviluppatori, professionisti e imprenditori sono delegati ad attuare gli interventi e a gestire i beni.
In un certo senso, mentre all’interno delle logiche che sovrintendono la gestione dei contratti pubblici la priorità è attribuita alla qualificazione delle stazioni appaltanti e degli affidatari dei contratti di lavori, in questa circostanza conterebbe la capacità di profilare i soggetti professionali, inclusi i committenti, e imprenditoriali alla luce della mitigazione del rischio.
In questo caso, ancor meglio che in altri, la normalizzazione delle strutture dei dati, la condivisione delle ontologie e delle semantiche, rappresentano la congiunzione tra culture e logiche differenti che, pur in ambiti eterogenei, abbisognerebbero di chiavi interpretative, ma pure di un dialogo tra culture, interessi e posizionamenti. In ultima analisi, si tratta di comprendere in che misura i soggetti convenzionali del settore possano ancora esercitare un ruolo proattivo in una prospettiva di finanziarizzazione crescente e quali forme di intermediazione basato sul dato possano essere immaginate.