L’agenda d’autunno parte male: sul piano casa competizione politica vuota, Salvini dimentica i temi MIT nelle priorità leghiste sulla finanziaria. A rilento rigenerazione, Pnrr e TU edilizia

Parole, parole, parole. La veccha interpretazione di Mina torna sempre utile quando arriva l’agenda d’autunno, stagione di governo in cui si confondono desideri e realtà, annunci e misure concrete, in un contesto che esaspera la competizione politica a ogni costo (tanto più se all’orizzonte ci sono elezioni politiche buone, al solito, per contare i pesi dei singoli partiti più che delle coalizioni).  Dire anziché fare, dire anche per non dire nulla: diventa questa verbosità senza conseguenze il tratto che annoia gli italiani e tormenta il ministro dell’Economia impegnato a buttare giù lo schema della legge di bilancio, resistendo alle richieste dei partiti assetati di consenso e attori di propaganda. Si fa fatica a seguire una corretta scala di valori. Ci sono così priorità concrete ormai chiare a tutti, conclamate, condivise, come quella di continuare con una politica di investimenti capaci di spingere il Pil. Oppure quella di una politica per la casa capace di rispondere alle richieste di aiuto per un alloggio decente che arriva da milioni di famiglie, dalle fasce a basso reddito fino al ceto medio. Matteo Salvini parla di piano casa dall’ottobre 2023 e ogni giorno aggiunge un tassello: recentemente ha chiesto “pieni poteri” e “tutte le deleghe” sul tema. Dal Metteing di Rimini gli ha risposto Giorgia Meloni, con cinque righe in un discorso di 50 minuti: “lavoreremo insieme” con Salvini. Quindi niente “pieni poteri” al ministro delle Infrastrutture, piuttosto si andrà avanti con le cabine di regia che producono solo vischiosità.

 

03 Set 2025 di Giorgio Santilli

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La competizione politica all’interno della maggioranza andrebbe pure bene, se non fosse vuota di contenuti. Parlare di aiuti alle giovani coppie non è molto di più del “vuoto”, nonostante i giornali ci abbiano costruito titoloni e abbiano cercato di capire se c’è qualcosa di concreto. Ci sono 660 milioni disponibili dal 2027 e aspettative per molti miliardi. Qualcosa si conta di recuperare dalle code degli investimenti Pnrr non spesi (per esempio nei Pinqua). Qualcos’altro dalla Ue che pure si è svegliata sul tema. Dove investire, come investire, come attrarre capitali privati, con quale architettura istituzionale sembrano particolari irrilevanti, quando sono proprio le risposte che mancano. Le Regioni ricordano che la competenza costituzionale è la loro, i Comuni non vogliono un ruolo eccessivo delle Regioni su un tema considerato urbano per eccellenza. Il caos regna sovrano e si promettono tavoli che non si fanno, piani che non si fanno, norme che non si fanno, sperimentazioni che non si fanno. I costi di costruzione alle stelle rendono non percorribili i vecchi modelli di collaborazione pubblico-privato, ci sono 80mila alloggi pubblici vuoti e nessuno pensa di rimetterli in condizione per essere affittati.

Ieri la Lega ha tenuto una riunione per definire con il suo ministro all’Economia, Giancarlo Giorgetti, le priorità politiche del partito per la prossima legge di bilancio. Come potete leggere nella Giornata di Diac (si veda qui), sono stati elencati una serie di temi e misure che il segretario Salvini proporrà nelle riunioni di governo: la difesa del reddito delle famiglie, una pace fiscale definitiva con la rottamazione delle cartelle esattoriali, l’estensione della Flat Tax al 15%, un maggiore contributo dalle banche, l’applicazione dell’autonomia e del federalismo fiscale, maggiori investimenti per garantire la sicurezza nazionale e la protezione dei cittadini e dei confini, “a partire dalla frontiera Sud”. Non c’è piano casa, non ci sono infrastrutture, non c’è rigenerazione urbana, non c’è il dopo-2026, non c’è l’acqua (altro tema su cui Salvini vorrebbe deleghe piene). Insomma tutte le questioni prioritarie del Mit non sono priorità politiche per la Lega. Ovvio, commenta qualcuno maliziosamente, tanto il Ponte sullo Stretto è già finanziato integralmente.

Non è una buona partenza per l’agenda d’autunno. Anche perché di questioni su cui fare e fare in fretta, ce ne sarebbero molte.

C’è una legge sulla rigenerazione urbana al Senato che si doveva approvare otto mesi e che è rimasta ferma per l’opposizione della Lega. Bisogna correre perché sia operativa dal 2026. La rigenerazione urbana è il tema su cui si misurerà la capacità della classe politica, di tutta la classe politica, nazionale e locale, di dare risposte alla perdita di competitività, di socialità, di umanità delle nostre città.

C’è un testo unico per l’edilizia da riscrivere per superare il caos normativo che produce paralisi e caos: annunciato pure diciotto mesi fa, si sono succeduti tavoli e consultazioni, parole che si ricnorrono ma la carta che ponga fine al bla-bla-bla e dia inizio al percorso istituzionale non si vede ancora.

C’è una coda del Pnrr con la riscrittura definitiva del piano su cui effettivamente il MIT si è portato avanti rispetto a tutti, ma che il governo nel suo complesso avrebbe dovuto partorire già da inizio anno ed poi è slittato di mese in mese. Qualcuno pensa che una revisione generale di piano presentata a settembre o ottobre, approvata e timbrata a fine anno, consenta poi in sei mesi di pianificare, progettare e attuare le misure che dovrebbero ripescare le risorse dagli  interventi finiti sul binario morto? Anche se saranno – proprio sul modello MIT – misure che rinvieranno la spesa concreta oltre il 2026, non bisognerebbe procedere rapidamente con idee chiare e dire quanti alloggi o posti letto per studenti o asili nido vorremo realizzare +cosa vogliamo fare e timbrare tutto entro giugno 2026?

La lentezza con cui si affrontano i problemi veri e si varano le soluzioni necessarie per risolverli sta diventando il tratto caratteristico dell’azione di una politica inconcludente, a Roma (maggioranza e opposizioni) e nelle periferie. Un senso del tempo completamente sconnesso rispetto alle esigenze reali delle persone e dei luoghi in cui vivono.

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