LO STUDIO DELL'IRPET
A Roma, Milano e Firenze nel 2014 aprivano 1.713 Airbnb l’anno, ora 9.019. Salgono valori delle case, affitti e disagio abitativo
L’analisi riguarda dieci città italiane con caratteristiche diverse: in totale si è passati da 2.417 nuove strutture aperte nel 2014 alle 14.382 del 2024, con un’accelerazione di sei volte. Lo scorso anno gli alloggi in queste realtà erano in tutto 108.442. Lo studio evidenzia che l’impatto sui valori immobiliari è più forte dove l’offerta è più organizzata in termini imprenditoriali, in presenza di multi-host. La curatrice dello studio, Chiara Agnoletti: “Ci sarebbe bisogno di una regolamentazione, come stanno facendo Baarcellona e Firenze, anche per contenere la crescente conflittualità che questo fenomeno crea con la popolazione residente”.
Gli Airbnb hanno aperto nel 2024 nelle città italiane a una velocità sei volte superiore di quanto accadesse nel 2014. L’Irpet, Istituto regionale per la Programmazione economica della Toscana, ha osservato la diffusione e l’impatto delle strutture abitative per gli affitti brevi in dieci città italiane, rilevando che lo scorso anno le nuove strutture ammontavano a 14.382 unità contro le 2.417 del 2014. Il grafico che pubblichiamo evidenzia i valori per tutte le città prese in considerazione (Roma, Milano, Firenze, Napoli, Palermo, Venezia, Bologna, Bari, Lecce e Bergamo). Se si prendono solo le prime tre città, quelle in cui il mercato è già da tempo più maturo, il rapporto è leggermente più basso, 9.019 nel 2024 contro 1.713 nel 2014, 5,3 volte, a indicare che su questo tema si sono messe a correre anche città più piccole o meno turistiche.

Interessante anche la fotografia dello stato dell’arte al 2024, anzitutto in termini di numero di alloggi Airbnb (la fonte dei dati è “Airbnb Insight”) presenti nelle dieci città, che risultano in tutto 108.442. A Roma sono 34.063, a Milano 24.346, a Firenze 12.246. Nella tabella pubblicata qui sotto anche il prezzo medio pagato per notte (da 82 euro per Palermo a 179 per Venezia) e il fatturato medio per struttura (Venezia in testa con 40.744 euro, seguita da Roma con 39.343 e da Firenze con 38.148). Il tasso di occupazione medio su 365 giorni vede Roma ancora in testa (81 giorni), seguita da Firenze (77 giorni) e da Bergamo (75 giorni).

Ma lo studio Irpet non vuole soltanto monitorare e analizzare la diffusione di queste strutture, bensì anche valutarne l’impatto sui valori immobiliari, sugli affitti, sul disagio abitativo. Non solo in città, ma anche, in modo più mirato, nei quartieri dove gli alloggi sono localizzati. Tutti questi impatti sono significativi, con una correlazione positiva: al crescere delle strutture turistiche crescono i valori delle abitazioni nel quartiere, ma anche i prezzi degli affitti e la domanda di abitazioni con un effetto di alimentazione del disagio abitativo soprattutto per i residenti e per i non residenti che abitano la città, come gli studenti e i turisti.
Nelle città del Nord, nelle grandi città o nelle città a forte vocazione turistica, come Roma, Milano e Firenze, il fenomeno degli alloggi Airbnb ha uno sviluppo ormai piuttosto maturo, mentre in altre città, specie del Sud, questo fenomeno è più recente e ha dimensioni più contenute. Anche qui, tuttavia, come abbiamo visto, si registra un’accelerazione.
Il fattore-Airbnb è considerato insieme agli altri fattori che concorrono a determinare il prezzo delle abitazioni. “Tra questi – afferma lo studio – la dimensione demografica della città, il livello medio di reddito, il grado di attrazione di popolazione non residente, come studenti fuori sede e turisti e la particolare categoria di turisti attratti per motivi culturali o per motivi di affari. A questi fattori è stata poi aggiunta la numerosità delle strutture offerte sulla piattaforma Airbnb. Lo studio dimostra che, anche nel caso italiano, vi è una relazione positiva e significativa tra la presenza di Airbnb e il prezzo delle abitazioni: in altre parole, maggiore è l’offerta di alloggi destinati agli affitti a breve termine, più elevati saranno i prezzi delle abitazioni immesse nel mercato delle compravendite”. L’effetto-Airbnb è più forte nei centri storici rispetto alle periferie, nei centri urbani fortemente attrattivi per motivi di affari più che nelle città d’arte specializzate nel turismo culturale, al Centro-Nord più che al Sud, “probabilmente a causa delle maggiori pressioni esistenti sui mercati immobiliari delle aree più ricche, anche a prescindere dal turismo”.
“Un aspetto interessante che emerge dal lavoro – dice Chiara Agnoletti, la ricercatrice di Irpet che ha curato lo studio – è che questi impatti sono tanto più significativi laddove l’offerta di questo tipo di alloggi è più organizzata, con la presenza di multi-host che hanno più immobili in gestione. Maggiore è la presenza di questi soggetti, maggiore è l’impatto sui prezzi delle abitazioni”. Agnoletti insiste anche sulla necessità di norme che limitino o regolino il fenomeno. “Le evidenze riscontrate – dice – sottolineano il ruolo tutt’altro che secondario che la diffusione di questo tipo di ricettività ha sul costo delle abitazioni, suggerendo la necessità di una maggiore regolamentazione sulla scorta di quanto sta avvenendo in alcune città europee, come Barcellona ma anche Firenze, ove gli affitti turistici rappresentano una fonte di crescente conflittualità con la popolazione residente”.