Sviluppo immobiliare a MILANO
Cottarelli: i vincoli regolamentari Ers paralizzano la costruzione di abitazioni, la situazione è al livello di guardia
Il rapporto presentato con Aspesi e Assimpredil. L’imposizione di vincoli ERS al di sotto dei 10.000 mq, renderebbe non realizzabili progetti di sviluppo immobiliare a Milano. Il risultato è il calo della costruzioni di abitazioni non solo per il mercato libero, ma anche per quello dell’edilizia residenziale sociale. Il sindaco Sala sospende il giudizio: la proposta va approfondita

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLO STUDIO - LO SVILUPPO IMMOBILIARE A MILANO
IN SINTESI
Perchè si costruiscono poche abitazioni a Milano? Per avere la risposta, basta mettere a confronto due scenari e i relativi conti economici della realizzazione di un immobile (sotto i 10 mila metri quadrati): il primo tutto in edilizia libera ed il secondo con il vincolo di
riservare il 50% all’Edilizia Residenziale Sociale (ERS). Utilizzando la normativa recentemente modificata e i valori attuali di prezzi di vendita e costi di produzione, in presenza di vincoli ERS – che condizionano i permessi alla costruzione di una quota di abitazioni vendute a prezzi regolati – il progetto di sviluppo si concluderebbe con oltre 1 milione di perdita per l’impresa costruttrice. Questi risultati danno la risposta alla domanda iniziale e spiegano perché gli ultimi bandi del programma Reinventing Cities siano andati deserti, bloccando così la realizzazione non solo di abitazioni sul mercato libero, ma anche di quelle per ERS. E’ un forte campanello d’allarme sull’emergenza abitativa a Milano (e non solo) quello che risuona nel rapporto dal titolo “Lo sviluppo immobiliare a Milano: perché si costruiscono poche abitazioni?”, commissionato da Aspesi Unione Immobiliare, Assimpredil Ance e Confindustria Assoimmobiliare, in vista della stesura del prossimo PGT (Piano di governo del territorio), a Carlo Cottarelli, Direttore del Programma di Educazione per le Scienze Economiche e Sociali dell’Università Cattolica. Un’analisi che focalizza le principali cause – appunto i vincoli Ers – che frenano lo sviluppo nel capoluogo lombardo con un meccanismo che ha raggiunto livelli di guardi, e, al contempo, individua strategie efficaci che consentano il coinvolgimento degli investitori privati per soddisfare le considerevoli richieste di nuove abitazioni, sia per il mercato libero che per l’Edilizia Residenziale Sociale (ERS).
La disponibilità di un’offerta adeguata di abitazioni per tutti i livelli di reddito è un’esigenza fondamentale di un Paese civile, è la premessa di Cottarelli. “Per decenni in Italia- spiega – questa esigenza è stata soddisfatta anche con un intervento diretto del settore pubblico con l’edilizia
“popolare””. La quale, però, è entrata in crisi per l’esaurisi dei fondi pubblici disponibili. “L’approccio da allora seguito per cercare di assicurare
un’offerta di abitazioni a prezzi più bassi è stato basato su vincoli regolamentari, condizionando i permessi alla costruzione di una quota di abitazioni vendute a prezzi regolati (abitazioni ERS)”. Ma vincoli troppo stretti e stringenti sono fonte di forti criticità dal momento che “riducendo troppo il rendimento, le imprese non parteciperanno ai bandi. Il risultato è il calo della costruzione di abitazioni non solo per
il mercato libero, ma anche per quello ERS. Paradossalmente, obblighi più stringenti volti a favorirne la produzione porterebbero quindi a una minore offerta di abitazioni ERS. Gli sviluppi immobiliari a Milano suggeriscono che questo meccanismo abbia raggiunto un livello di guardia”, afferma Cottarelli.
Domanda e offerta di abitazioni a Milano: la fotografia del Rapporto
La popolazione milanese è prevista crescere da 1.419.100 residenti nel 2023 a 1.483.400 nel 2039. Inoltre, i nuclei familiari, a Milano stanno diventando più piccoli. Tutto sommato il numero di famiglie residenti a Milano è stimato crescere di quasi 74.000 unità tra il 2023 e il 2038 (quasi 5000 all’anno). La richiesta di nuove abitazioni sarà anche alimentata dall’elevato turnover dei residenti a Milano: meno del 40%
degli attuali residenti a Milano lo erano 15 anni fa. Ipotizzando che anche solo il 15% di queste nuove famiglie residenti desideri una casa nuova, la richiesta aggiuntiva di nuove abitazioni salirebbe di altre 4.300 all’anno per un totale di 9.300 nuove abitazioni all’anno per i prossimi
quindici anni. Ma come si presenta il fronte dell’offerta? In Italia, la quota di nuove abitazioni vendute ogni anno sul totale delle abitazioni vendute è in calo tendenziale, da circa il 20% di dieci anni fa a livelli ora ben inferiori al 10%. L’Italia nel 2023 era all’ultimo posto nella produzione di nuove abitazioni tra i paesi europei: 1,5 abitazioni ogni 1.000 abitanti contro 5,7, 3,2 e 2,5 abitazioni per Francia, Germania e Regno Unito. A Milano, nel primo trimestre del 2024 sono state vendute solo 648 abitazioni nuove o circa 2.600 abitazioni nuove su
base annua, poco più della metà della stima dell’aumento delle famiglie residenti a Milano e il 28% della stima di un
fabbisogno di 9.300 nuove abitazioni all’anno.
A frenare la costruzione di nuove abitazioni in Iltalia e a Milano non è la mancanza di suolo, nonostante la necessità di evitarne un ulteriore uso. A parità di uso del suolo, il numero di abitazioni può essere aumentato con lo sviluppo di siti dismessi o degradati: a Milano ce ne sono 200 già censiti dall’attuale PGT, di cui 133 “che determinano pericolo per la sicurezza o per la salubrità e l’incolumità pubblica o disagio per il decoro e la qualità urbana”. Probabilmente sono numerosi anche quelli ancora non censiti. Il problema, indica Cottarelli, è un altro: “gli ultimi bandi di sviluppo edilizio sono andati deserti il che suggerisce che i vincoli imposti siano eccessivi”.
I calcoli presentati nel lavoro indicano che l’estensione di questi vincoli a progetti al di sotto dei 10.000 mq (come qualcuno ha proposto)
renderebbe anche tali progetti irrealizzabili. In assenza di vincoli ERS il tasso di rendimento interno (Internal Rate of Return) dell’operazione, prima del pagamento delle imposte, è del 13,9% all’anno, un rendimento buono ma non anomalo per un singolo investimento esposto al rischio di impresa. In presenza di ERS al 50%, il progetto comporta una perdita netta di oltre un milione di euro e non verrebbe quindi realizzato.
“I conti economici descritti nel mio studio – afferma il professore della Cattolica – mostrano che l’imposizione di vincoli ERS al di sotto dei 10.000 mq, se non per percentuali contenute, renderebbe non realizzabili progetti di sviluppo immobiliare a Milano. Più in generale, livelli di
ERS elevati come quelli inclusi nei bandi degli anni più recenti riducono la realizzabilità dei progetti anche sopra i 10.000 mq, il che ha contribuito al declino quantitativo dello sviluppo immobiliare a Milano, che non sembra ora in grado di affrontare il fabbisogno di nuove
abitazioni, sia in edilizia libera che sociale, che lo stesso Comune stima per i prossimi anni. L’approccio attuale, quindi, non è economicamente sostenibile e lo sarebbe ancor meno in presenza di vincoli ancora più stretti relativi alla ERS”.
Quattro proposte per far ripartire lo sviluppo immobiliare
Dall’analisi alla peoposta. Lo studio indica alcune linee di intervento per far ripartire lo sviluppo immobiliare a Milano, soddisfacendo così l’elevata richiesta di nuove abitazioni e frenare la crescita dei prezzi delle case. La prima proposta è una riduzione della quota in Ers: dagli attuali livelli del 50% o più a, per esempio, il 15-20%, potrebbe aumentare non solo l’offerta sul mercato libero, ma anche la disponibilità degli appartamenti ERS. La seconda punta su un taglio dei tempi morti burocratici: ridurrebbe oneri finanziari e altri costi legati all’incertezza sui tempi di realizzazione. Su 5 anni di sviluppo di un’operazione immobiliare i tempi burocratici (istruttoria, richiesta e rilascio delle
necessarie autorizzazioni, certificazione della bonifica, eccetera) prendono 3 anni. La terza proposta è quella di un ritorno in parte alla cosiddetta “edilizia convenzionata regionale”, superata dall’attuale PGT e che comportava un prezzo più alto di vendita rispetto a quello attualmente praticato per la ERS. Questo però comporta un onere per le famiglie. Secondo poi la quarta proposta, il Comune potrebbe porre, come base d’asta per i terreni, prezzi molto bassi. Ma ci sarebbe un costo per la collettività, con le relative implicazioni politiche e sociali. Le prime due opzioni, pertanto, sarebbero quelle preferibili.
I commenti delle imprese
“La priorità e la sfida che abbiamo di fronte per i prossimi anni è quella di creare un’offerta adeguata di abitazioni per tutti i livelli di reddito – ha dichiarato Regina De Albertis, presidente Assimpredil Ance – la ricerca dimostra come l’attuazione e la realizzazione di ERS non possa
ricadere solo ed esclusivamente sul settore privato. Auspichiamo che, anche sulla base dei dati presentanti oggi, si possano trovare delle soluzioni condivise con il Comune di Milano per dare risposte al fabbisogno abitativo.”
“Lo studio svolto da un ricercatore indipendente e di fama internazionale come il Prof. Cottarelli – ha dichiarato Federico Filippo Oriana, presidente di ASPESI Unione Immobiliare – ha confermato quello che noi diciamo da tempo e abbiamo ribadito con forza anche di fronte alle
iniziative anti-immobiliare in corso: a Milano si mette sul mercato ogni anno un numero ridicolo di alloggi nuovi, drammaticamente insufficiente ad affrontare l’emergenza abitativa. A Londra sono molto preoccupati perché l’immissione annuale di nuove case sul mercato è superata del 25% dal fabbisogno (40.000 contro 50.000), Milano è indifferente verso un deficit di nuovi appartamenti del 257% (fabbisogno annuale 9.300 contro disponibilità di nemmeno 2.600) che determina disagio sociale e continuo aumento dei prezzi degli alloggi usati, con danno anche ambientale. Preoccupa che invece di incoraggiare lo sviluppo immobiliare moderno e sostenibile, i pubblici poteri a Milano lo scoraggino, colpendo al cuore il futuro di Milano che necessita di residenti di tutti i ceti sociali, non solo di ricchi.”
“Lo studio evidenzia con chiarezza il disallineamento presente oggi nel mercato di Milano tra la domanda di abitazioni e l’offerta – ha dichiarato Cristiano Brambilla, Presidente Comitato Milano di Confindustria Assoimmobiliare – che nel 2024 probabilmente arriverà a coprire
appena il 28% del fabbisogno. Questa situazione contribuisce senza dubbio a tenere alti i prezzi delle case, con conseguenze negative su crescenti fasce di popolazione. È importante lavorare per superare questo stallo identificando una strategia di sostegno all’incremento dell’offerta. Rinnoviamo piena disponibilità a collaborare con il Comune di Milano per individuare soluzioni condivise su cui basare una politica per la residenza che sia efficace nei volumi realizzati, sostenibile imprenditorialmente e foriera di uno sviluppo inclusivo e di lungo periodo del territorio milanese”.
La reazione del sindaco Sala: “non possiamo accettare un’analisi fatta dai costruttori senza capirla’
“Sono al corrente del lavoro ma non è possibile oggi giudicare se la proposta di Cottarelli ha un senso, senza avere approfondito”, è il commento a caldo del sindaco di Milano, Beppe Sala. “Non possiamo accettare un’analisi che ci viene fatta dai costruttori senza cercare di capirla. Bisogna capire dove sta il punto di incontro tra l’esigenza di avere appartamenti a prezzi più bassi, che vadano sotto i 100 euro al metro quadro all’anno di affitto e la legittima richiesta degli imprenditori di avere un profitto. Con Cottarelli ci ho parlato e anche con Assimpredil e ci incontreremo per approfondire questa analisi”.
La denuncia dei sindacati: per la Cgil e il Sunia, l’emergenza abitativa non si arresta, dal Governo solo chiacchiere
Al di là dell’emergenza Milano, arriva dal sindacato una denuncia sull’emergenza abitativa. “Mentre il Governo maschera dietro provvedimenti come il ‘Salva-Casa’ condoni e deregolamentazioni edilizie, ad esclusivo vantaggio di rendite e speculazioni, restano inevase le richieste avanzate dal Sunia e dalla Cgil, sostenute da 50.000 cittadini firmatari della petizione, per un nuovo Piano Casa, l’aumento di alloggi pubblici e interventi per ridurre il peso degli affitti”, dichiarano la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi e il segretario generale del Sunia Stefano Chiappelli. “Dobbiamo riaffermare con forza che lo stato di salute delle politiche per l’abitare del Paese e delle nostre città, è legato alla capacità che queste hanno di dare risposta alla domanda e ai bisogni abitativi dei cittadini. Sono quindi necessarie misure urgenti – dicono – come il rifinanziamento del Fondo di sostegno per l’affitto e del Fondo per la morosità incolpevole, per un valore di almeno 900 milioni di euro; l’incremento dell’offerta di edilizia residenziale pubblica di almeno 600 mila unità; la revisione del regime fiscale delle locazioni per incentivare al massimo il canone concordato e favorire le locazioni di lunga durata”.