L'INTERVISTA
Rigenerazione urbana, il relatore Rosso: “Più demolizione e ricostruzione in classe A, abbiamo un’idea diversa dalla direttiva case green”
5 agosto

Roberto Rosso, Forza Italia, relatore della legge sulla rigenerazione urbana al Senato
“Se vogliamo davvero affrontare il tema della rigenerazione urbana senza consumare suolo dobbiamo cambiare marcia e passare a una strategia fondata non sulla riqualificazione che chiede la direttiva case green, ma sulla demolizione e ricostruzione spinta da intese pubblico-privato”. Roberto Rosso, senatore di Forza Italia, torinese, padre geometra, da sempre appassionato di edilizia e di Simcity (“ma nella realtà non è così facile radere al suolo e ricostruire”), ora relatore della legge sulla rigenerazione urbana in ottava commissione al Senato, presenterà oggi pomeriggio il testo unificato che sarà la base da cui partirà la discussione di una legge voluta da tutti i gruppi parlamentari. “Un punto necessario della legge è il fondo nazionale sulla rigenerazione urbana per cui partiamo da un’ipotesi di 250 milioni l’anno, senza esagerare, ma convinti che si potrebbero portare qui anche fondi residui di progetti inattuati del Pnrr”.
Senatore Rosso, è pronto il testo unificato sulla rigenerazione urbana che lei ha avuto incarico, in quanto relatore, di mettere a punto?
Mi faccia fare un passo indietro. A settembre dello scorso anno state presentate una serie di proposte, la prima era stata quella del capogruppo di Forza Italia Gasparri, poi alla fine ne sono arrivate otto, praticamente da tutti i gruppi. Avevamo detto chiaramente che preferivamo aspettare qualche mese pur di avere le proposte e le idee di tutti. Volevamo fare un’operazione inclusiva. Questo perché – come ci ricorda l’Ance – questo è il 77esimo tentativo di fare una legge quadro sulla rigenerazione urbana e abbiamo voluto che tutti si sentissero coinvolti, anche perché su alcuni temi, per esempio il consumo del suolo, c’è davvero una forte convergenza. Poi sempre per essere inclusivi, invece di scegliere il testo base fra quelli presentati, come normalmente si fa, abbiamo deciso di percorrere invece la strada del testo unificato che cerca di fare una sintesi e prende da ogni proposta aspetti che magari sono trattati meglio su un certo punto.
E arriviamo al testo unificato o testo base.
La settimana scorsa ho completato il testo che ho consegnato ai nostri tecnici della commissione per il drafting. Lunedì 5 agosto è all’ordine del giorno della commissione e lo presenterò ufficialmente. Poi fisseremo il termine per la presentazione degli emendamenti che io proporrò a fine settembre per dare a tutti il tempo di fare le opportune riflessioni, anche tecniche, sempre con lo stesso spirito di coinvolgere tutti il più possibile.
Poi comincerà la fase emendativa e il confronto con il governo e con il ministro Giorgetti, in particolare. Già in passato il fondo nazionale per la rigenerazione urbana è stato lo scoglio.
Il fondo nazionale per la rigenerazione urbana è necessario perché la legge già di per sé sarà un aiuto, ma se vogliamo davvero spingere operazioni pubblico-privato di grande rigenerazione, quindi non il condominio ma almeno l’isolato, se non proprio il quartiere, dobbiamo metterci anche i soldi. Sarà necessario un accordo di maggioranza a settembre, in sede di legge di bilancio, per capire come finanziarlo. Poi c’è anche l’idea che nei primi anni si possano utilizzare i risparmi derivanti dal Pnrr in alcuni ambiti.
Ma il Pnrr non finisce nel 2026?
Aldilà di possibili proroghe, dico che presto ci renderemo conto che alcuni progetti, anche nello stesso capitolo della rigenerazione urbana, non riusciranno ad andare avanti. Presentarci con un disegno organico potrà essere di grande aiuto e magari riuscire a finanziare la prima fase della progettazione.
Si è fatto un’idea della somma iniziale da cui partire?
Abbiamo cominciato a fare un ragionamento e abbiamo ipotizzato, senza esagerare, 250 milioni l’anno di fondi statali.
Più le eventuali somme Pnrr?
Esatto, più gli eventuali risparmi del Pnrr di cui dicevo. Teniamo conto che questo fondo aiuterà accordi pubblico-privato dove i comuni decideranno di intervenire, prendere aree degradate, sostenere lo sforzo dei privati. Le posso fare un esempio di Torino. Io sono torinese e penso alle aree Falck.
Certamente. Prima, però, mi dice che tempi prevede per l’approvazione della legge?
Noi ci impegniamo prima di Natale a mandarla alla Camera e poi la Camera avrà i suoi tempi per esaminarla. Se tutto va bene, nei primi sei mesi del prossimo anno potrebbe essere legge.
Cosa aveva in mente su Torino?
Abbiamo quartieri degradati come le Vallette, la Falchera, Barriera di Milano. Le case valgono meno perché c’è molta delinquenza, ma anche perché questi erano i dormitori Fiat. Quindi sono proprio l’ideale per andare a ripensare completamente una città che non c’è più, riflettere su cosa vogliamo da questi quartieri oggi, come possiamo portare qui servizi adeguati. La mia idea è che per fare questo bisogna prendere interi edifici e svuotarli temporaneamente, buttarli giù e ricostruirli in classe A. Quindi andiamo a fare un ragionamento molto diverso rispetto a quello della direttiva case green.
Ce lo spieghi meglio.
Abbiamo fatto un Superbonus 110% che portava a rivestire i condomini con un cappotto termico che dura, al più, venti anni. Poi, se vorrai continuare ad avere quella efficienza energetica, li dovrai sostituire. La nostra idea della rigenerazione urbana è creare invece, laddove sia possibile, nuovi condomini che siano costruiti in classe A: la durata è molto molto più lunga del cappotto, arriva a cento anni. Questo comporta meno costi e più benefici ambientali rispetto alle riduzioni più graduali delle emissioni. Soprattutto interveniamo una volta per tutte.
Quindi, se capisco bene, state privilegiando la demolizione e ricostruzione rispetto alla riqualificazione. Questa è una svolta.
Sì, la privilegiamo laddove è possibile. È però fondamentale in queste operazioni il coinvolgimento del comune. Bisogna dire alle famiglie che abitano lì, siano inquilini o proprietari, che li spostiamo, ma poi rientrano in un alloggio di miglior qualità e di maggior valore. C’è un imprenditore che ricostruisce se trova la convenienza a intervenire, per esempio se gli diamo due piani in più in altezza e non in larghezza, perché siamo tutti d’accordo a non consumare altro suolo. L’investitore è fondamentale perché lo Stato tutto questo non riesce a farlo da solo. Ovviamente non si può procedere in ordine sparso, ognuno per sé, come con il 110%.
Serve una pianificazione.
Esatto, è essenziale una pianificazione che eviti anche operazioni come quella fatta al Lingotto a suo tempo, in cui abbiamo pensato di riqualificare lo stabilimento Fiat, di fare il centro commerciale, l’hotel, poi anche il grattacielo della Regione, ma non abbiamo ricreato un tessuto abitativo intorno, con tutte le funzionalità necessarie a rigenerare davvero quel pezzo di città. Abbiamo ancora abitazioni degradate lì intorno, nessuno aveva la forza di pensare a un progetto per quelle aree a quei tempi. Se avessimo avuto la legge che stiamo facendo, si sarebbe pianificata anche quella parte, demolendo e ricostruendo tutto in classe A. Se non hai le abitazioni, i negozi, i servizi nessuna rigenerazione raggiunge il suo obiettivo primario che è rivitalizzare la città.
Volendo sintetizzare, quindi, demolizione e ricostruzione dove è possibile e accordo pubblico-privato: questi due mi sembra siano i pilastri del suo testo e della sua strategia.
Senza l’accordo pubblico-privato e un po’ di fondi nazionali, non ci sono le condizioni economiche per intervenire, è inutile girarci intorno. L’unica città che ha avuto e ha i valori immobiliari per agire senza questo quadro di una legge favorevole è Milano. In tutte le altre città non si riesce a trovare quel rendimento necessario per fare l’investimento. In molte città, l’apertura di fermate di metropolitane, penso ancora a Torino con la linea 2, potrebbe portarsi dietro operazioni di rigenerazione perché i trasporti sono la prima leva per cambiare la morfologia e la funzionalità del quartiere. La rigenerazione radicale, inoltre, ci può dare anche un’altra opportunità: progettare gli immobili e nuovi quartieri come non è stato possibile dai tempi della grande espansione.
Vede lo spazio per un rilancio della progettazione e dell’architettura?
Nel dopoguerra chi ha costruito ha anche progettato, magari male, ma gli è stato possibile perché c’erano i campi, si tiravano linee e si vendevano lotti. Il consumo del suolo oggi non possiamo più farlo, però dobbiamo ridare un ruolo alla progettazione. Possiamo tornare a riprogettare edifici e intere porzioni di città senza consumare nuovo suolo. Abbiamo parcheggi, spazi da riprogettare, asfalto da eliminare perché è uno dei fattori di surriscaldamento delle città. È una straordinaria opportunità per i nostri studi di architettura, tornare a mettere a confronto idee su come vogliamo la città, non solo dibattiti astratti, ma progetti veri. Superiamo questa fase in cui, poveretti, gli architetti devono solo rispettare vincoli e non possono mettere in campo idee innovative. E poi c’è la questione del cemento su cui facciamo finta di niente.
Beh, il cemento è continuamente sul banco degli imputati…
Nessuno parla mai del cemento armato come pericolo concreto oggi. Il cemento armato ha una vita che non va oltre i 70 anni, qualcuno dice 50. Vanno fatti controlli e poi bisogna intervenire sui pilastri con fasciature e tiranti. Le case degli anni ‘50 sono in questo momento come un uomo di settant’anni che ha bisogno di una serie di visite e forse qualche serio intervento. Le grandi città sono state costruite negli anni ‘50, ’60 e ’70 e noi dovremo fare milioni di controlli e di interventi per evitare che questi edifici crollino mentre quelli costruiti nel Seicento o nel Settecento resteranno in piedi. È una vera emergenza dai costi enormi che possiamo ridimensionare proprio se cominciamo a buttare giù e a ricostruire.
Che relazione ha tutto questo con il decreto salva-casa di Salvini?
Il salva-casa di Salvini era un decreto legge che poteva mettere a posto solo alcune questioni. In questa legge possiamo fare molto di più. Possiamo riprogettare ed eliminare così tutti quei piccoli problemi infiniti che ci sono nelle case di periferia degli anni ’50, l’altezza, l’angolo, la distanza, creati da progetti fatti a matita che non potevano essere precisi come quelli di oggi. La rigenerazione urbana interviene esattamente su questi edifici progettati con tutte le loro irregolarità e la soluzione che proponiamo noi con la demolizione e ricostruzione elimina questi problemi alla radice. Ma questo è solo un problema. L’altro è che gli obiettivi di risparmio energetico della direttiva case green si riproporranno perché la maggioranza in Europa è rimasta la stessa. Noi siamo contrari agli obblighi o ai divieti, come era nella prima versione della direttiva, ma dobbiamo andare comunque in quella direzione cercando di coinvolgere le persone, spingere e incentivarle a fare. Ma non come ha fatto il 110%. Abbiamo bisogno di cambiare passo e per questo serve un’alleanza fra condomini, imprenditori e Comuni perché diversamente, da soli nessuno ha la forza di farlo.
Lei è fiducioso che su questa linea così innovativa e di rottura ci sia una maggioranza solida in Parlamento?
Ha ragione, è una linea di rottura, ma necessaria se vogliamo davvero affrontare il problema. Intanto noto che molti hanno capito e ci appoggiano fuori del Parlamento: l’edilizia, gli amministratori di condominio, le associazioni dei proprietari, perfino le associazioni dei commercianti che ci hanno chiesto di essere poi coinvolte negli accordi pubblico-privato. Dentro il Parlamento, siamo tutti d’accordo di non consumare nuovo suolo. Ma le grandi ristrutturazioni possono funzionare solo in centro dove magari una banca o un grande proprietario riesce a superare la frammentazione della proprietà acquistando e poi avendo l’interesse economico a ristrutturare. Ma in periferia questo non funziona e allora dobbiamo chiederci se vogliamo risolvere il problema oppure no. Il fatto che tutti i gruppi parlamentari abbiano presentato una proposta dice che comunque è un interesse di tutti affrontare davvero il tema, non è un tema divisivo, come, che so, il nucleare. Questo è garanzia di impegno da parte di tutti, dopo di che ci sarà un confronto sulla sostanza della proposta.
Coinvolgerete le Regioni e i Comuni? Ci sono linee diverse su chi debba avere maggiore ruolo, su chi debba fare cosa in termini di pianificazione, soprattutto.
Alcune Regioni hanno già leggi avanzate, come la Lombardia. Quello legislativo è un primo aspetto perché la nostra legge può essere un triano per buone leggi regionali. Inoltre, alle Regioni daremo anche un ruolo di pianificazione sul territorio regionale, dovrà dare delle linee guida, dei parametri generali. Ma poi io penso che il ruolo principale spetti al comune, soprattutto quello di definire le aree in cui intervenire e come intervenire, cercare gli accordi con i privati.