La Boe TAGLIA i tassi, la Bce si muove cauta: l’inflazione sopra il 2% fino a metà 2025
Con una mossa non scontata la Bank of England ha tagliato i tassi di interesse. La Fed ancora non si muove, forse a settembre, e la Bce, nell’ultimo bollettino economico, ribadisce la rotta tracciata: valutazione dei dati, di volta in volta, e decisioni non vincolate ad alcun percorso prestabilito. E, avverte: ci sono rischi per la crescita dell’eurozona

CHRISTINE LAGARDE, GOVERNATORE BCE
IN SINTESI
La Bank of England taglia anche se di poco, la Fed non si muove e la Bce non si sbilancia. Poco si muove sul fronte delle banche centrali, a parte l’unica novità che arriva da Oltremanica dove la Boe ha deciso una riduzione, minima, di 25 punti base, dei tassi di interessi ai massimi da 16 anni. Una decisione per nulla scontata quella dell’istituto centrale inglese di abbassare il taglio di riferimento al 5% e che non prelude necessariamente ad ulteriori mosse a settembre. la Boe si muoverà, infatti, cautela in futuro perché, ha spiegato, “dobbiamo assicurarci che l’inflazione resti bassa e fare attenzione a non tagliare i tassi di interesse troppo rapidamente o di troppo”. Largamente prevista, invece, era la decisione della Federal Reserve, mercoledì sera, di non intervenire lasciando, però, aperta la porta a un possibile taglio a settembre, fermo restando che non ci sarà alcun taglio finché non ci sarà più fiducia su una discesa dell’inflazione al 2%.
Non sorprende neanche la Bce. Dopo che il 18 luglio scorso il consiglio direttivo ha deciso di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento, l’ultimo bollettino di luglio ribadisce la rotta impostata dall’Eutower. “Le nuove informazioni sono sostanzialmente in linea con la precedente valutazione del Consiglio direttivo circa le prospettive di inflazione a medio termine”, spiega la Banca Centrale Europea. “Sebbene a maggio – rileva- alcune di quelle relative all’inflazione di fondo abbiano registrato un modesto rialzo a causa di fattori una tantum, a giugno le misure sono rimaste per la maggior parte stabili o sono lievemente diminuite. In linea con le aspettative, l’impatto inflazionistico dell’elevata crescita salariale è stato assorbito dai profitti”. Il Bollettino della Bce fa, dunque, riferimento ai dati di giugno. Mercoledì Eurostat ha diffuso la stima flash preliminare di luglio che mostra, a sorpresa, un tasso di inflazione annuo in salita al 2,6%. Un motivo, in più, che rafforza l’intento di “non vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”, ribadisce la Bce.
La Bce ribadisce: tassi sufficientemente restrittivi per assicurare il ritorno dell’inflazione all’obiettivo del 2%
“La politica monetaria mantiene restrittive le condizioni di finanziamento. Al tempo stesso, le pressioni interne sui prezzi restano alte, l’inflazione dei servizi è elevata ed è probabile che l’inflazione complessiva rimanga al di sopra dell’obiettivo fino a gran parte del prossimo anno”, avverte ancora l’istituto centrale, “determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2 per cento nel medio termine e manterrà i tassi di riferimento su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario a conseguire tale scopo”. Di qui il metodo di continuare a seguire un approccio guidato dai dati, secondo il quale le decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione.
La crescita dell’eurozona sostenuta dai consumi, deboli produzione industriale e investimenti
Intanto, le ultime nuove informazioni disponibili indicano che nel secondo trimestre l’economia dell’area dell’euro è cresciuta, seppur a un ritmo probabilmente inferiore rispetto al primo trimestre. Gli ultimi dati diffusi, in settimana, da Eurostat mostrano un incremento medio dello 0,3%. A continuare a trainare la ripresa mentre la produzione industriale e le esportazioni di beni risultano deboli. Gli indicatori relativi agli investimenti segnalano una crescita modesta nel 2024, in un contesto di accresciuta incertezza. In prospettiva, ci si attende che la ripresa sia sostenuta dai consumi, sospinti dal rafforzamento dei redditi reali derivante dal calo dell’inflazione e dall’incremento dei salari nominali. Inoltre, le esportazioni dovrebbero aumentare a fronte della crescita della domanda mondiale.
Quali rischi corre l’economia dell’eurozona
Ma, avverte la Bce, i rischi per la crescita economica sono orientati al ribasso. L’espansione dell’area dell’euro risentirebbe di un indebolimento dell’economia mondiale o dell’acuirsi delle tensioni commerciali tra le maggiori economie. La guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina e il tragico conflitto in Medio Oriente rappresentano significative fonti di rischio geopolitico. Ciò potrebbe indurre una perdita di fiducia riguardo al futuro in famiglie e imprese e produrre interruzioni negli scambi internazionali. L’espansione economica potrebbe inoltre risultare più contenuta se gli effetti della politica monetaria si rivelassero più forti delle attese. Potrebbe invece risultare superiore se l’inflazione diminuisse più rapidamente del previsto e se l’incremento della fiducia e dei redditi reali comportasse aumenti della spesa maggiori di quanto anticipato, oppure se la crescita dell’economia mondiale fosse più forte delle aspettative.
L’inflazione potrebbe collocarsi su livelli più elevati di quanto previsto se i salari o i profitti aumentassero più delle attese. Rischi al rialzo per l’inflazione provengono anche dalle accresciute tensioni geopolitiche, che potrebbero far aumentare i prezzi dell’energia e i costi di trasporto nel breve periodo e causare interruzioni nel commercio mondiale. Inoltre i fenomeni meteorologici estremi, e più in generale il dispiegarsi della crisi climatica, potrebbero far salire i prezzi dei beni alimentari. Per contro, l’inflazione potrebbe sorprendere al ribasso se la politica monetaria frenasse la domanda più di quanto atteso o nel caso di un deterioramento inaspettato del contesto economico nel resto del mondo.