ALL'ESAME DEL PARLAMENTO
Piano Mattei, ecco il Dpcm: solo progetti pilota e FONDI esistenti
“Siamo in attesa del parere delle commissioni: una volta ricevuto il parere sarà mia cura trasmettere lo stato di attuazione”, ha spiegato ieri il consigliere diplomatico Fabrizio Saggio in Commissione Esteri al Senato. Ma nello schema di decreto compaiono solo i progetti pilota di nove Paesi, senza indicazioni strategiche e di governance delle nuove risorse
IN SINTESI
Cento pagine ma ancora troppa poca sostanza. La semestrale del Piano Mattei, volendo fare un bilancio come fosse un’azienda, è un mix di luci e ombre, con le seconde a sovrastare le prime. L’occasione per fare un primissimo bilancio del progetto inaugurato ufficialmente a inizio anno con il summit Italia-Africa è stata l’audizione dell’ambasciatore Fabrizio Saggio, consigliere diplomatico della Presidente del Consiglio tenutasi nel primo pomeriggio davanti alle Commissioni riunite degli Esteri di Camera e Senato (dove si chiama Esteri e Difesa, ndr). Contestualmente, lo schema di Dpcm che verrà trasmessa a breve al Parlamento.
Presto lo schema di Dpcm in Parlamento
“Il Piano Mattei – che ha durata quadriennale al momento – è anzitutto un piano del sistema Italia in tutte le sue articolazioni, un piano dell’Italia, un piano di interesse nazionale ma ancor di più credo un metodo, un approccio che in breve tempo ha già coinvolto oltre all’intero continente africano, gli Stati Uniti l’Europa e l’Unione Europea alcune nazioni del Golfo e molti altri paesi che quotidianamente ci chiedono di come poter essere coinvolti”, ha detto Saggio. “Siamo in attesa di trasmettere al Parlamento come struttura di missione, la relazione sul piano di attuazione del Piano Mattei in base al Decreto. Questo per poterlo fare necessita del parere delle commissioni una volta ricevuto il parere sarà mia cura trasmettere lo stato di attuazione”, ha annunciato soprattutto.
Il dibattito che ne è seguito in Aula è durato un’ora e quaranta. Il consigliere ha ricordato tutti i passaggi chiave del progetto italiano. “Ritengo che il Piano Mattei sia anzitutto un piano del sistema Italia in tute le sue articolazioni. Un piano dell’Italia e d’interesse nazionale. È un piano, ma ancor di più un metodo che in breve tempo, oltre ad aver coinvolto all’intero continente africano, ha interessato gli Stati Uniti, l’Unione europea, alcuni Paesi del Golfo ed altri Stati che quotidianamente ci chiedono come possono essere coinvolti”, ha detto ancora.
La struttura del piano
Riprendendo la struttura del piano, già nota, Saggio ha tenuto a ricordare che “in ambito G7 per la prima volta si è inserita l’Italia e il Piano Mattei nel Pgii (Partnership for Global Infrastructure and Investment), la partnership su infrastrutture e investimenti a cui hanno partecipato il presidente degli USA e dal presidente del Consiglio, alla presenza del settore privato”.
Ma come è governato il Piano? C’è la cabina di regia, “che cerca di mettere insieme il sistema italiano, in cui vi sono associazioni di categoria, società civile, partecipate e istituzioni, con una struttura flessibile che cambia conformazione in base all’ordine del giorno. Ne sono state convocate due ne verrà convocata un’altra dopo l’estate dopo il parere al provvedimento”, ha spiegato il Consigliere di Palazzo Chigi in audizione.

I compiti della cabina sono: coordinare le attività di collaborazione tra Italia e Stati africani, svolte, nell’ambito delle rispettive competenze, dalle amministrazioni pubbliche; promuovere gli incontri tra rappresentanti della società civile, imprese e associazioni italiane e africane con lo scopo di agevolare le collaborazioni a livello territoriale e promuovere le attività di sviluppo; finalizzare il Piano Mattei e i relativi aggiornamenti; monitorare l’attuazione del Piano, anche ai fini del suo aggiornamento; approvare la relazione annuale da trasmettere al Parlamento; promuovere il coordinamento tra i diversi livelli di governo, gli enti pubblici e ogni altro soggetto pubblico e privato interessato; promuovere le iniziative finalizzate all’accesso alle risorse messe a disposizione dall’Unione europea e da organizzazioni internazionali; coordinare le iniziative di comunicazione relative all’attuazione del Piano.
C’è poi la struttura di missione, per assicurare supporto al Presidente del Consiglio dei ministri per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento dell’azione strategica del Governo relativamente all’attuazione del Piano Mattei e ai suoi aggiornamenti; assicurare supporto al Presidente e al vicepresidente della Cabina di regia nell’esercizio delle rispettive funzioni; curare il segretariato della Cabina di regia; predisporre la relazione annuale al Parlamento.
Infine, la relazione annuale al Parlamento: “l’articolo 5 del decreto-legge 15 novembre, n. 161, convertito con modificazioni dalla legge 11 gennaio 2024, n. 2, prevede che il Governo trasmetta alle Camere una relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano Mattei entro il 30 giugno di ciascun anno. La relazione al Parlamento è approvata dalla Cabina di Regia e deve indicare lo stato di avanzamento del Piano e contenere le possibili misure volte a migliorare l’attuazione del medesimo e ad accrescere l’efficacia dei relativi interventi rispetto agli obiettivi prefissati”.
Per ora solo progetti pilota
Ma le prime traduzioni in realtà di questa struttura sono ancora troppo poco. Il Piano prevede progetti pilota per Costa d’Avorio, Mozambico, Kenya, Egitto, Algeria, Tunisia, Marocco, Etiopia e Repubblica del Congo. I settori di intervento vanno dall’agricoltura, alla salute, l’energia, l’acqua alle infrastrutture fisiche e digitali.
“Un esempio su tutti – ha ricordato ieri Saggio – è il settore energetico dove la diversificazione delle fonti di approvvigionamento nel processo di transizione energetica diventa per noi un obiettivo essenziale e in cui l’Africa è la destinazione naturale. Prima di arrivare a Palazzo Chigi ho avuto un’esperienza in Tunisia come Ambasciatore e lì ho vissuto il progetto Elmed” che “non unirà solo Tunisia e Italia ma unirà Africa ed Europa con uno sviluppo reciproco dei vantaggi e degli interessi”, ha proseguito Saggio citando alcuni progetti in corso come quello in Kenya dove è in corso un progetto pilota sulla filiera dei biocarburanti, in Algeria nel settore agricolo in cui vi è stata una concessione strategica di 36.000 ettari che saranno messi a coltivazione con know how e ricerca italiana e un progetto di utilizzo dell’idrogeno insieme ad Enel e Eni in Tunisia.
Un altro è il Corridoio di Lobito, energetico, ferroviario, stradale “che collega Angola e Zambia vale 2,5 mld e vedrà la partecipazione dell’ltalia”, ha rammentato ancora Saggio che ha detto di voler puntare molto sulla formazione “che non serve solo all’Italia con il decreto flussi ma anche al mercato africano, ci sono molte imprese italiane che investono e che ricercano manodopera qualificata”.
Ma a parte alcuni esempi in altri casi i progetti pilota si limitano a descrivere iniziative, proposte, avvio di lavori nei settori di cui sopra ma indicando solo a livello generale le priorità e le finalità, senza troppe specifiche.
Governance e altri fondi: tutti i dubbi
L’altra faccia concreta del piano riguarda gli strumenti finanziari con cui mettere a terra i progetti: “In questi mesi sono stati creati due fondi per investimenti in progetti in collaborazione con la Banca di sviluppo africana, uno multilaterale e uno bilaterale”, ha detto Saggio ricordando ancora i due strumenti di Cdp creati che permetterà di finanziare progetti italiani in Africa e Misura Africa di Simest.
Per ora di certo nel Piano sappiamo che “nella sua prima fase – che non si capisce quando inizia, né con cosa, e quando finisce – potrà contare su una dotazione iniziale di 5 miliardi e 500 milioni di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie , di cui circa 3 miliardi dal Fondo Italiano per il clima e 2,5 miliardi dei fondi della Cooperazione allo sviluppo”. Dunque, banalmente, fondi già esistenti.
In una successiva fase vengono proposti ulteriori piani finanziari:
- le Risorse dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo destinate all’Africa sia in forma di dono stanziate presso la Farnesina per interventi di cooperazione, soprattutto bilaterali, sia in forma di linee di crediti concessionali sovrani finanziate tramite il Fondo Rotativo per la Cooperazione allo Sviluppo presso il MEF e gestito da Cassa Depositi e Prestiti (CDP).
- Risorse messe a disposizione da Istituzioni Finanziarie Internazionali e Banche Multilaterali di Sviluppo per progetti di sviluppo economico negli Stati africani selezionati come beneficiari prioritari del Piano.
- Partecipazione a programmi finanziati nell’ambito del Global Gateway Africa-Europe dell’UE e delle altre iniziative europee (Connecting Europe Facility; Horizon Europe), nonché tripartite (es. Piano di cooperazione tripartito per l’Africa tra UE, Unione Africana e ONU).
- Compartecipazione finanziaria di altri Stati donatori (Stati membri UE, alcuni Stati del Golfo hanno già manifestato interesse, Stati del G7 o del G20) a iniziative e progetti del Piano. Tra questi, gli Stati Uniti hanno avviato una collaborazione con l’allocazione di risorse finanziarie per specifici progetti nel quadro della Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII).
- Ulteriori risorse finanziarie provenienti da Fondi pubblici nazionali già operativi che possono finanziare iniziative coerenti con i pilastri e le finalità del Piano (ad esempio Fondo Italiano per il Clima, Fondo Rotativo per la Cooperazione allo Sviluppo).
- Parte delle risorse finanziarie impiegate dalla Cassa Depositi e Prestiti nello svolgimento del suo ruolo di Istituzione finanziaria italiana per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo.
- Operazioni di conversione del debito (“debt for development swap”), in particolare quelle bilaterali di cui all’art. 5 legge n. 209/2000.
- Ulteriori fondi e piattaforme di co-investimento, in fase di costituzione, dedicate al sostegno sotto qualsiasi forma di iniziative nel Continente africano attraverso la combinazione di risorse pubbliche e private.
Ma, per esempio, dopo il passaggio del Fondo italiano per il clima dal Mase a Palazzo Chigi come sarà possibile distinguere i diversi dirottamenti di risorse, nonché l’effettivo utilizzo per progetti aderenti alla transizione ambientale ed energetica?
Il Piano cita poi ulteriori strumenti di finanziamento, senza aggiungere dettagli, e cita “a collaborazione strategica con le Banche Multilaterali di Sviluppo” riferendosi però soltanto ai “circa 55 miliardi di euro di impegni assunti nel corso del 2023” ma su scala globale. Infine, viene menzionato il ruolo partecipativo dell’Italia come azionista storico in diverse partnership finanziarie.
Ci sono poi interventi di sostegno al settore privato con “l’ipotesi in corso di valutazione consiste nella costituzione di un plafond ad hoc (“Plafond Africa”)” da un lato e dall’altra “il “Growth and Resilience platform for Africa” (cd. “GRAf”), una piattaforma finalizzata a sostenere il settore privato degli Stati partner in grado di moltiplicare il volume delle risorse a disposizione aggregando capitali da altri investitori e intervenendo in fondi già operativi nel Continente africano”. Anche qui, però, mancano dettagli preziosi su chi e come gestirà questi fondi.
Il bilancio semestrale
“Il Piano Mattei ha certamente acceso i riflettori sull’Africa. È indiscutibile che non si sia mai parlato così tanto a livello istituzionale di Africa. Un esempio su tutti è il settore energetico, dove la diversificazione delle fonti di approvvigionamento nel processo di transizione energetica diventa per noi un obiettivo essenziale e in cui l’Africa è la destinazione naturale. Il Progetto ElMed è proprio lo specchio dell’importanza e della destinazione naturale per l’Italia del continente africano”, ha rivendicato ancora Saggio, riferendosi poi alle intese raggiunte con Kenya, Algeria e Tunisia.
“Dopo il vertice Italia-Africa c’è stato un cambio di passo: il presidente del Consiglio ha visitato l’Egitto e la Tunisia. In Algeria, in Costa d’Avorio, in Mozambico e in molti altri Paesi si sono svolte delle missioni che hanno portato in Africa tutti gli attori e gli operatori che possono dare un contributo al piano, attraverso un costante gioco di squadra con la Farnesina e tutti i ministeri coinvolti”. Ma allora perché non scrivere (e fare) di più e meglio su questi viaggi, su questi accordi?
M.Gia.