EDITORIALE
Von der Leyen non arretra su Green Deal, investimenti ed EPBD (e vuole stravolgere le direttive appalti)
Chi si aspettava una Ursula prudente sulla decarbonizzazione, per ingraziarsi Meloni, ha dovuto ricredersi dopo aver ascoltato le parole della presidente-bis della commissione
21 luglio
Chi si aspettava una Ursula von der Leyen prudente sulla decarbonizzazione, per ingraziarsi un atteggiamento morbido di Giorgia Meloni e della destra meno estremista, ha dovuto ricredersi dopo aver ascoltato le parole della presidente-bis della commissione, che non ha rinnegato un solo concetto del Green Deal e ha chiuso a qualunque possibilità di revisionismo al ribasso degli obiettivi fondamentali, efficienza energetica compresa. Ha anzi rilanciato ponendo al 2040 un nuovo check point prima del rush finale, con l’obiettivo dell’abbattimento del 90% delle emissioni.
Quelli che – tra partiti e associazioni di proprietari – avevano sperato in equilibri nuovi a Bruxelles per ridiscutere radicalmente al ribasso la EPBD si dovranno rassegnare. Anche il Pniec, capolavoro di ambiguità tra il tanto “dire” e il poco “fare”, andrà riempito di contenuti, politiche e misure concrete per disegnare una traiettoria credibile verso il raggiungimento degli obiettivi enunciati.
Il programma di von der Leyen dovrebbe aiutare questa fondazione di nuove politiche più concrete perché il punto su cui la presidente della commissione ha voluto andare decisamente incontro ai critici del Green Deal sta nella promessa di semplificazioni, normative, fondi pubblici (europei e nazionali) e un più facile accesso al credito per aiutare imprese (soprattutto) e cittadini (di riflesso) a cogliere gli obiettivi e le opportunità della trasformazione climatica.
Certo, i governi potranno andare avanti con le ambiguità e i traccheggiamenti, ma senza più alibi di vincoli esterni, assumendosi in pieno la responsabilità del “non fare” su temi che saranno sempre più decisivi anche alle elezioni.
Il tratto più marcato del discorso di insediamento di Ursula è proprio lo sforzo politico di allargare il consenso delle “ambizioni climatiche” agli scettici e a quelli onestamente preoccupati degli impatti sociali ed economici della transizione. Non per tornare indietro, ma perché il maggiore consenso è in Europa l’unica via per superare resistenze e accelerare.
Il patto per l’industria pulita entro cento giorni e il nuovo fondo europeo per la competitività sono alcuni degli strumenti messi in campo per questo cambio di passo. Il “patto” presuppone il riconoscimento senza paraocchi delle posizioni dell’altro e la volontà di marciare insieme per superare le differenze. Quanto ai fondi sono, a Bruxelles come a Roma, un nodo importante da sciogliere per arrivare alle nuove politiche in fatto di clima. Ancora una volta l’allargamento del bilancio europeo e l’utilizzo dei fondi di Next Generation Eu sono le prime fonti per Ursula che non ha mai citato il “patto di stabilità”.
Sono ancora una volta gli investimenti – industriali, tecnologici, energetici, infrastrutturali – il cuore della politica economica di von der Leyen. Come con il Next Generation Eu, gli investimenti e le riforme necessarie per potenziarli, accelerarli, renderli più remunerativi sul piano economico, sociale e ambientale sono la leva che può cambiare tutto. Coerentemente, Ursula ripropone un’economia fondata sugli investimenti.
In questo quadro si spiega anche il rilancio della riforma delle direttive Ue sugli appalti che, dopo essere stata proposta nella precedente legislatura, era poi finita nel cono d’ombra da almeno un anno. Anche qui si coglie un senso di forte novità, in un campo spesso dominato in passato da un principio di concorrenza molto formale. “Dobbiamo – ha detto von der Leyen – migliorare l’uso degli appalti pubblici, che rappresentano il 14 % del Pil dell’Ue. Un incremento dell’efficienza pari all’1 % negli appalti pubblici potrebbe assicurare un risparmio annuale di 20 miliardi di euro”.
Ma sono gli obiettivi tratteggiati della riforma a suonare nuovi, anch’essi trainati dal tema-chiave della competitività europea. “Si tratta – ha detto von der Leyen – di una delle principali leve che abbiamo per sviluppare beni e servizi innovativi e creare mercati guida nel settore delle tecnologie pulite e strategiche”. Nella revisione ci sarà quindi spazio per prelazioni a vantaggio dei prodotti europei nelle gare d’appalto, soprattutto nei settori strategici, tecnologie, prodotti e servizi essenziali. Grande enfasi alla semplificazione delle regole, un tema che in Europa non ha mai avuto così successo come in Italia. E, ancora, un occhio di riguardo alle start-up, agli innovatori, alle Pmi. Che questa nuova (e benvenuta) ossessione per la competitività sbaragli anche vecchi formalismi della costruzione giuridica europea?