LA GIORNATA

Manovra, allarme enti locali: con i tagli a rischio servizi essenziali

  • Usa, Corte Suprema scettica sui dazi imposti da Trump
  • Interporti, la Camera approva la legge quadro: sono infrastrutture strategiche nazionali, 30 al massimo
  • Sicurezza sul lavoro, il dl incardinato al Senato, relatrice: “possibile migliorarlo”

06 Nov 2025 di Maria Cristina Carlini

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IN SINTESI

Il primo grido d’allarme si era levato subito dopo l’approvazione della manovra da parte del Consiglio dei ministri.  Ieri, Comuni, Province e Regioni  sono tornate all’attacco davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato nella terza giornata di audizioni sula legge di bilancio: i bilanci rischiano di andare in rosso con il rischio di pesanti contraccolpi sui servizi per i cittadini. Una preoccupazione, quella espressa dagli enti locali, legata non solo ai tagli ma anche e forse soprattutto all’inserimento nella legge di bilancio dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, per alcuni settori del welfare: di fatto un anticipo dell’autonomia differenziata.

“Permangono pesanti criticità finanziarie che mettono a rischio la capacità dei Comuni di garantire alcuni servizi essenziali ai cittadini. Il nodo principale resta la spesa corrente, gravata da tagli e accantonamenti introdotti da precedenti leggi di bilancio, per un totale di circa 2,08 miliardi di euro fino al 2029, con una contrazione prevista di 460 milioni di euro nel 2026”, ha sottolineato l’Anci. “Vogliamo sottolineare che sono stati raggiunti alcuni risultati rispetto al miliardo. Questo miliardo grava sulle casse dei comuni ed è alleggerito solamente in una piccolissima quantità da questo fondo. E i comuni sono arrivati a fondo scala, sia come capacità fiscale sia come capacità di spesa corrente rispetto ai vincoli che ci sono”, ha detto il sindaco di Napoli e presidente dell’Anci Gaetano Manfredi. “Ma in primo luogo, noi dobbiamo considerare che noi abbiamo un trascinamento di tagli che vengono dalle finanziarie precedenti che quest’anno impatta sui comuni per 460 milioni – ha aggiunto – . Avere la possibilità di trasformare parte di questi tagli in accantonamenti per spese di investimento, come era e come è avvenuto già per una quota parte, darebbe una possibilità di investimento ai comuni che oggi non c’è”. C’è poi il tema della “stabilizzazione degli oneri per l’assistenza ai minori, e che per i minori affidati con sentenza, è molto importante che queste risorse, benché non sufficienti, siano stabilizzate per i prossimi anni”.  Nella manovra “altro aspetto che ci preoccupa particolarmente, sono gli articoli legati ai Lep e agli obiettivi di servizio. Soprattutto per quelli che riguardano il welfare. Inoltre c’è un dimensionamento per quello che riguarda l’Asacom. Si vede chiaramente dai numeri che le risorse trasferite non sono in grado di garantire gli obiettivi di servizio, tanto che i comuni sono costretti a finanziarli sempre di più con risorse proprie”, ha detto. “Quindi chiediamo che queste norme siano stralciate e siano oggetto poi di una valutazione e di un’analisi più dettagliata rispetto a quelle che sono le necessità e gli obblighi di legge rispetto all’assistenza e al welfare. Questo è un altro punto molto importante”, ha precisato Manfredi.

“Il giudizio delle Province sulla manovra economica è critico, perché elude le richieste che come Upi avevamo avanzato al governo e su cui ci aspettavamo risposte: non prevede le misure ormai indispensabili per risolvere lo squilibrio finanziario del comparto delle Province, non prevede piani di investimento, interrompendo l’opera di manutenzione e messa in sicurezza del patrimonio pubblico in gestione in particolare quello delle scuole superiori; non affronta in alcun modo il nodo del rafforzamento del personale, ma addirittura esclude le Province dalle, seppur parziali, norme previste a favore della spesa per i contratti del personale negli enti locali, facendo gravare esclusivamente sulle casse delle Province il costo degli aumenti contrattuali: 42 milioni l’anno, che limiteranno ancora di più la possibilità di nuove assunzioni”. È la posizione espressa da Upi, Enzo Lattuca, presidente della Provincia di Forlì-Cesena. Tra le richieste rivolte al governo e al parlamento: “servono modifiche normative e interventi specifici per risolvere lo squilibrio finanziario di parte corrente delle Province, che ammonta a oltre 920 milioni di euro. Ma soprattutto servono risorse strutturali per continuare ad investire sui territori”. Le province chiedono, quindi, “di istituire un fondo pluriennale di 1,5 miliardi per gli investimenti nella modernizzazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici e un fondo pluriennale di 300 milioni annui per la realizzazione di un monitoraggio del rischio delle gallerie insistenti sulla rete viaria provinciale e per i conseguenti interventi di messa in sicurezza. Serve poi un piano di investimenti per la riduzione dei divari sociali, economici e infrastrutturali delle aree interne e marginali del Paese, che può essere costituito destinando a questo scopo parte dei fondi di coesione non utilizzati”.

“Non si può pensare che i Lep possano essere garantiti con i contributi da parte delle Regioni. I Lep li deve garantire il governo”, ha poi detto Marco Alparone, coordinatore della commissione Affari finanziari della Conferenza delle Regioni e delle province autonome, in audizione alla commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla manovra. “Le Regioni al massimo possono aggiungere rispetto ai bisogni territoriali”, ha sottolineato Alparone. Sul Fondo sanitario nazionale “non possiamo non riconoscere l’incremento – ha precisato – ci vuole però maggiore flessibilità per gli enti territoriali rispetto a questo incremento”.

Arriva intanto un nuovo monito dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. ‘Aumentare la spesa pubblica non è un sicuro viatico per far crescere gli investimenti, al contrario una spesa pubblica fuori controllo diventa sicuramente un fattore inibitore per gli investitori perché frena la fiducia in un Paese. Chi ha scelto l’Italia in questi anni lo ha fatto anche per il valore della stabilità, quella governativa e quella finanziaria. Un dato statico come la stabilità dell’esecutivo, è diventato un valore dinamico, la capacità il porci come un ecosistema credibile per investire”, ha detto in videocollegamento con l’evento ‘Selecting Italy’ a Trieste. “Se mi chiedete qual è uno dei lasciti più importanti di questo governo, io dico l’aver ridato fiducia a questo paese troppo spesso abituato a sottovalutarsi”.

Usa, Corte Suprema scettica sui dazi imposti da Trump

I giudici della Corte Suprema stanno ascoltando con profondo scetticismo gli argomenti che il Procuratore Generale John Sauer sta presentando per dimostrare la legalità dei dazi aggressivi imposti dal presidente Donald Trump contro la maggior parte delle nazioni del mondo. Giudici conservatori e progressisti hanno duramente messo in discussione le modalità di azione del presidente, che si è arrogato poteri spettanti al Congresso. Secondo la rete CNBC, il giudice Neil Gorsuch, uno dei sei conservatori presenti alla Corte, ha fatto pressioni su Sauer sul fatto che Trump avesse imposto unilateralmente i dazi, citando presunte emergenze internazionali di squilibri commerciali e il flusso di fentanyl negli Stati Uniti, senza che il Congresso li avesse autorizzati. “È un meccanismo a senso unico verso il graduale ma continuo accrescimento del potere nell’esecutivo, sottraendolo ai rappresentanti eletti dal popolo”, ha detto Gorsuch. Anche altri giudici conservatori, il Presidente della Corte Suprema John Roberts e i giudici Amy Coney Barrett, Brett Kavanaugh e Samuel Alito hanno messo sotto pressione Sauer ribadendo che i dazi sono tasse. Non è stato ancora stabilito un termine per la sentenza dei giudici sul caso.

 

Bankitalia, l’indice euro-coin rimane stabile in ottobre

A ottobre, l’indice euro-coin è rimasto pressoché invariato rispetto al mese precedente (0,49 da 0,48 in settembre). E’ quanto emerge dalle rilevazioni della Banca d’Italia. L’indicatore ha risentito della debolezza dell’attività industriale, ma è stato sostenuto dal
miglioramento della fiducia di famiglie e imprese. Euro-coin sviluppato dalla Banca d’Italia – fornisce in tempo reale una stima sintetica del quadro
congiunturale corrente nell’area dell’euro, esprimendo tale indicazione in termini di tasso di crescita trimestrale del Pil depurato dalle componenti più erratiche (stagionalità, errori di misura e volatilità di breve periodo).

Interporti, la Camera approva la legge quadro: sono infrastrutture strategiche nazionali, 30 al massimo

L’aula della Camera ha approvato la proposta di legge “Legge quadro in materia di interporti”, già approvata dalla Camera e modificata dal Senato. I voti favorevoli sono stati 132, i contrari 76, gli astenuti 2. La disciplina che sostituirà la legge 240/1990 è composta di 8 articoli e definisce l’interporto come infrastruttura strategica di interesse nazionale e istituisce un Comitato nazionale per l’intermodalità; sarà il ministro delle Infrastrutture ad effettuare la ricognizione degli interporti esistenti ed approvare un piano generale per l’intermodalità; i gestori opereranno in regime privatistico, con possibilità di acquisire la proprietà delle aree; il numero massimo di interporti sarà 30, con priorità ai progetti più rilevanti. Le modifiche approvate a Palazzo Madama, in seconda lettura, aggiornano le coperture che riguardavano anche il 2024 e introducono la definizione di ‘soggetti gestori degli interporti’. Inoltre per quanto riguarda il Comitato nazionale per l’intermodalità e la logistica, che opererà nelle more del riordino organico della disciplina in materia portuale, si prevede che svolgerà non ‘compiti di indirizzo’ ma ‘funzioni consultive’ sulla programmazione e il coordinamento delle iniziative inerenti allo sviluppo degli interporti. Viene poi introdotta la possibilità di una mini-proroga di massimo due mesi per l’approvazione degli accordi di programma sui progetti relativi alla realizzazione e allo sviluppo degli interporti. E’ stata inoltre eliminata la specifica che il Ministro, istituendo l’elenco ne stabilisce i requisiti per l’iscrizione e le cause di cancellazione e provvede al relativo aggiornamento ogni tre anni.

“L’approvazione alla Camera della legge quadro sugli interporti segna un passaggio storico per il sistema logistico italiano perché permette di superare finalmente un quadro normativo ormai obsoleto, inadeguato alle esigenze di un settore profondamente trasformato dall’innovazione tecnologica, dalla sfida ambientale e dall’integrazione europea”, commenta il deputato di Forza Italia e Sottosegretario di Stato al Mit, Tullio Ferrante. “Fin dal suo insediamento – prosegue – questo Governo si è posto l’obiettivo di aggiornare le regole del sistema logistico, rendendole coerenti con le nuove dinamiche del mercato e con la necessità di favorire una reale interconnessione tra porti, interporti, retroporti e piattaforme ferroviarie. Con questa legge, finalmente, si gettano le basi per un modello di logistica moderno, efficiente e sostenibile, capace di valorizzare il ruolo strategico dell’Italia come hub naturale del Mediterraneo. Desidero rivolgere un ringraziamento al Presidente della Commissione Ambiente della Camera, Mauro Rotelli, primo firmatario del provvedimento, nonché ai Presidenti delle Commissioni competenti ed ai relatori per il loro prezioso lavoro. Consegniamo finalmente al Paese una legge attesa da anni, capace di offrire certezze normative a operatori pubblici e privati. Il Governo e il Mit confermano la propria determinazione nel sostenere la crescita della logistica italiana, investendo su intermodalità, sostenibilità e innovazione, rafforzando il ruolo dell’Italia – conclude Ferrante – nel contesto globale di una mobilità sempre più moderna e competitiva”.

Critiche le opposizioni. “Questo provvedimento rappresenta un’occasione mancata per disegnare una strategia coerente di ammodernamento degli Interporti e rilanciare l’intero comparto della logistica”, afferma Roberto Giachetti, deputato di Italia Viva. “Parliamo di una filiera rilevante in termini logistici, economici e anche produttivi. Dal momento che si e’ intervenuti per aggiornare una norma di fatto ferma al 1990, ci saremmo aspettati norme di impatto strategico e una visione d’insieme. La pdl e’ invece caratterizzata dal solito impianto a compartimenti stagni e da aspetti che destano perplessita’. Le principali riguardano l’idea di un sistema esclusivamente privatistico per affrontare i problemi di un settore molto complesso e anche i possibili profili di costituzionalita’ segnalati rispetto agli obblighi degli attuali gestori nella costruzione dei nuovi Interporti. Per queste ragioni, il gruppo di Italia Viva ha espresso un voto contrario”.

Ponte sullo Stretto, informativa di Salvini in Cdm: “far partire i lavori al più presto”

Informativa di Matteo Salvini, durante il Consiglio dei Ministri, sul Ponte sullo Stretto. Il Vicepremier ha aggiornato i colleghi sulla situazione, alla luce dell’intervento della Corte dei Conti. L’obiettivo, ha ribadito Salvini, è far partire i lavori al più presto. Dal punto di vista tecnico, il Vicepremier ha ribadito di attendere le motivazioni della Corte per preparare risposte puntuali.

Sicurezza sul lavoro, il dl incardinato al Senato, relatrice: “possibile migliorarlo”

Il decreto sulla sicurezza sul lavoro, approvato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri, è stato incardinato questa mattina in commissione Affari sociali e Lavoro del Senato. Presente la ministra Marina Calderone. Entro domani i gruppi dovranno indicare i soggetti da sentire in commissione, mentre le audizioni inizieranno martedì 11 novembre. In commissione è stato anche definito il termine per la presentazione degli emendamenti che dovranno essere depositati entro le 12 di martedì 18 novembre. La relatrice del provvedimento è la senatrice di Fratelli d’Italia, Paola Mancini. “La volontà è quella di approvare presto in aula il decreto sulla sicurezza sul lavoro sapendo che si vuole lavorare insieme. Abbiamo anche preso spunto dai temi trattati in commissione di inchiesta, quindi c’è un’apertura e un dialogo e questo è fondamentale”, ha detto Mancini, anticipando la possibilità di far approdare il testo in aula nella prima settimana di dicembre, quindi prima della legge di Bilancio. Il tema della sicurezza sul lavoro, ha evidenziato Mancini, ha sempre registrato una certa trasversalità. “Anche il fatto che questo decreto sia stato annunciato il 1° maggio e arriva solo oggi in Senato è proprio dovuto al fatto che c’è stata una condivisione e un ascolto da parte della ministra”, ha aggiunto la senatrice. Su eventuali modifiche al testo, ha concluso la relatrice, “tenendo presente che le risorse stanziate sono già significative, credo ci sia la possibilità (nella logica della responsabilità e dei vincoli di bilancio) di renderlo ancora più perfetto”.

Casa, Uil: nella città metropolitana di Roma 76 mila alloggi Erp ma non bastano

“Nel 2023 la città metropolitana di Roma contava quasi 76,3 mila alloggi destinati all’edilizia residenziale pubblica (ERP), ma si tratta di una risposta minima e inadeguata. Basti pensare che l’ultimo bando ERP è del 2012 e che nel 2023 oltre 18,6 mila nuclei famigliari erano ancora in attesa di assegnazione. La capacità di accoglimento della richiesta è quindi pari all’1,9%. Nel 2024 il Comune di Roma ha provveduto ad appena 87 assegnazioni di famiglie in lista a fronte di 16.346 ancora in attesa di alloggio”. Lo sottolinea la Uil commentando il  report ‘La questione abitativa nella Capitale’. “Il nostro piano strategico per il diritto all’abitare 2023-2026, approvato un paio di anni fa- ha ricordato Zevi- prevedeva 4 assi di lavoro: acquisto 1500/2000 nuove case ERP, rigenerazione patrimonio pubblico per trasformarlo in alloggi, riforma del welfare abitativo e istituzione dell’Agenzia sociale per l’Abitare. Stiamo lavorando giorno e notte per realizzare tutti questi obiettivi e sono fiducioso che alla fine del 2026 il risultato sarà ampiamente positivo. Ma dobbiamo anche porci delle domande e delle sfide di medio periodo, perché questa è una sfida che richiede un tempo più lungo di una singola consiliatura, e comunque di un impegno locale”. “La prima- prosegue Zevi- è se l’Europa farà la sua parte come chiede la rete Mayors for Housing. Servono risorse vere, criteri efficienti per individuare le aree con maggiore stress abitativo e procedure più semplici. Occorre poi sbloccare per davvero la collaborazione tra pubblico e privato. Con risorse che consentano di colmare il gap tra mercato e fabbisogno sociale”. “Infine- conclude l’assessore- c’è bisogno di una legge quadro sull’ERP che armonizzi le varie politiche regionali e che corregga le molte storture che si sono create nel tempo, tra canoni troppo bassi, morosità troppo alta e scarsissima rotazione all’interno dello stock, oltre alla cronica difficoltà di emancipazione di molti nuclei assegnatari. E ricordo inoltre che l’innovazione del settore edile può essere una frontiera importante per risparmiare tempo, inquinamento e denaro nel processo di ampliamento dell’offerta di alloggi a canone calmierato.

Utilities, corrono gli investimenti: 8,5 miliardi nel 2024, +15% in un anno

Il volume complessivo degli investimenti realizzati nel 2024 dalle utilities italiane raggiunge gli 8,5 miliardi di euro, con un incremento del 15% rispetto all’anno precedente. Più di un terzo di queste risorse è stato destinato alla decarbonizzazione, alla digitalizzazione e all’economia circolare, a conferma dell’impegno crescente del settore nel sostenere la transizione ecologica e quella digitale. Il valore aggiunto distribuito ai diversi stakeholder, invece, ammonta a 16 miliardi di euro. Sono alcuni dei dati che emergono dal Rapporto di Sostenibilità “Il ruolo delle utilities nella costruzione di un futuro sostenibile”, elaborato anche quest’anno da Fondazione Utilitatis per conto di Utilitalia su un campione di oltre 100 aziende rappresentative del settore, presentato oggi alla Fiera Ecomondo di Rimini. Nel 2024 gli investimenti complessivi delle utilities italiane hanno raggiunto 8,5 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 7,4 miliardi dell’anno precedente. Di questi, oltre 3 miliardi – pari al 37% del totale, in aumento rispetto all’anno precedente – sono stati destinati alle sfide della decarbonizzazione, della digitalizzazione e dell’economia circolare. La decarbonizzazione resta una priorità strategica per il settore, con oltre 1,3 miliardi di euro di investimenti, in crescita rispetto agli 1,1 miliardi del 2023. In proposito, il 78% dell’energia prodotta dalle utilities proviene da fonti rinnovabili, mentre la flotta a basso impatto ambientale conta quasi 12.000 mezzi (pari al 26% del totale), impiegati in gran parte nei servizi di raccolta dei rifiuti. Sul fronte delle emissioni, l’analisi di un sotto-campione di aziende rappresentativo del sistema associativo, evidenzia una riduzione delle emissioni dirette (Scope 1) del 12% e delle emissioni indirette da consumo energetico (Scope 2) del 15% rispetto al 2018. Un risultato che conferma il contributo concreto delle utilities alla decarbonizzazione e all’efficienza energetica dei servizi pubblici. Sul fronte dell’economia circolare, gli investimenti segnano un importante balzo in avanti e superano 1 miliardo di euro, contro i 530 milioni dell’anno precedente: un impegno che ha contribuito a portare la percentuale di riciclo dei rifiuti differenziati al 94% e il riutilizzo o recupero dei fanghi di depurazione al 96%. Anche la digitalizzazione registra un forte incremento, con 780 milioni di euro di investimenti (+30%): oggi il 43% della rete idrica risulta distrettualizzata, mentre i contatori intelligenti del gas rappresentano il 69% del totale installato. Il valore aggiunto distribuito agli stakeholder – lavoratori, azionisti, Pubblica Amministrazione, finanziatori e comunità locali, oltre a quanto reinvestito nelle aziende – è stato pari a 16 miliardi di euro, in crescita del 10% rispetto ai 14,6 miliardi dell’anno precedente. A questo si aggiungono 27,8 miliardi di euro di spesa verso i fornitori, di cui il 54% destinato a realtà locali, a conferma del ruolo delle utilities come motore di sviluppo territoriale e sostenibile. “Questi numeri – commenta il presidente di Utilitalia, Luca Dal Fabbro – testimoniano la centralità del comparto delle utilities per consentire al Paese di affrontare le sfide e di cogliere le opportunità della transizione ecologica e di quella digitale. Si tratta di un settore strategico per il nostro Paese sul fronte degli investimenti, dei servizi offerti ai cittadini e del valore economico generato. Ora, anche alla luce del contesto geopolitico, la sostenibilità e la sicurezza delle infrastrutture e delle reti saranno temi sempre più interconnessi, che richiederanno alle utilities un ulteriore sforzo in termini di investimenti e di acquisizione del know-how necessario”.

Il Rapporto evidenzia una crescente integrazione dei principi ESG nel modello di business delle utilities. Il 61% delle aziende – spesso anche in assenza di obblighi normativi – elabora un proprio rapporto di sostenibilità, mentre il 54% si è dotato di una struttura organizzativa dedicata e il 46% ha inserito obiettivi espliciti di sostenibilità all’interno del piano industriale. La Survey “Dinamiche D&I nelle utility italiane” elaborata dall’Osservatorio D&I costituito tra Utilitalia, Fondazione Utilitatis e Università degli studi di Milano – Bicocca valuta, dal 2024, le performance delle aziende in materia di politiche di diversità e inclusione. L’esame dei dati evidenzia un quadro generale dinamico, caratterizzato da un accrescimento della consapevolezza dell’importanza strategica della D&I. I valori più alti del D&I Index si rilevano per la vocazione al territorio (52%), la neutralità delle politiche di selezione e assunzione del personale (56%) e le politiche di valutazione e premialità del personale (39%). L’analisi non manca di evidenziare alcune aree di miglioramento: solo il 28% delle aziende ha la certificazione sulla parità di genere, persiste il gender gap soprattutto tra i dirigenti (18%) e nei ruoli dirigenziali: 6% di donne Direttore Generale e meno dell’11% di donne con responsabilità nelle prime linee di riporto al vertice e con disponibilità di budget. Per quanto riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro, il 60% delle aziende monitora i near miss (incidenti mancati), mentre il 72% adotta sistemi certificati di gestione della sicurezza, a conferma di un impegno concreto nella prevenzione e nella tutela delle persone. Per il presidente di Fondazione Utilitatis, Mario Rosario Mazzola, “le aziende associate condividono un impegno comune verso la sostenibilità e l’inclusione, promuovendo una gestione responsabile delle risorse, l’innovazione al servizio delle comunità e ambienti di lavoro equi e aperti alla diversità. Come evidenziato dal Rapporto di Sostenibilità, le utilities, attraverso un approccio etico e partecipativo, contribuiscono a generare valore duraturo per i cittadini e i territori, destinando l’85% degli investimenti realizzati (oltre 7 miliardi) proprio a beneficio del territorio in cui operano”.

Dalla Bei fino a 1,4 miliardi di euro per la ricostruzione e la messa in sicurezza dei Campi Flegrei a Napoli

La Banca europea per gli investimenti (BEI) ha approvato un finanziamento fino a 1,4 miliardi di euro a favore della Repubblica Italiana per la ricostruzione e messa in sicurezza degli edifici e delle infrastrutture situati nella zona dei Campi Flegrei, colpiti dagli eventi sismici che interessano l’area dal maggio 2024. La firma del Contratto di Progetto relativo all’intera approvazione della BEI è stata annunciata oggi dal senatore Nello Musumeci, Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, e da Gelsomina Vigliotti, Vicepresidente della BEI. La firma della prima tranche dell’accordo di finanziamento con il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), che coprirà gli stanziamenti previsti per le annualità 2025 e 2026 e quota parte del 2027, è invece attesa entro la fine dell’anno.

Il finanziamento, strutturato come prestito quadro, verrà sottoscritto prossimamente con il MEF attraverso due programmi distinti, che prevedono interventi per la ricostruzione e la riduzione del rischio sismico degli edifici residenziali privati, nonché per la ricostruzione e la messa in sicurezza di edifici pubblici e infrastrutture nei Comuni di Napoli, Pozzuoli e Bacoli.

Nel dettaglio, fino a 550 milioni di euro potranno essere destinati al comparto privato e fino a 850 milioni di euro al comparto pubblico. L’attuazione degli interventi sarà coordinata dal Dipartimento Casa Italia, responsabile delle misure a supporto del patrimonio abitativo privato, dal Dipartimento della Protezione Civile, responsabile del coordinamento e della pianificazione delle attività di gestione del rischio sismico e vulcanico, e dal Commissario Straordinario per i Campi Flegrei, incaricato di dirigere gli interventi su edifici pubblici e infrastrutture.

I lavori, la cui conclusione è prevista entro il 2032, mirano a ridurre la vulnerabilità sismica degli edifici, a riparare i danni già causati dagli eventi più recenti – incluso il terremoto di magnitudo 4,6 del 30 giugno 2025 – e a rafforzare la resilienza degli immobili secondo gli standard internazionali di build-back-better.

Oltre a migliorare la sicurezza e la resilienza dell’area metropolitana di Napoli, l’operazione contribuisce a potenziare la gestione del rischio e la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. Grazie al prestito della BEI, il Governo italiano potrà ridurre il costo complessivo degli interventi e mobilitare ulteriori risorse, facendo di questo progetto un modello di riferimento anche per future iniziative in altre aree del Paese soggette a rischio sismico e idrogeologico.

L’iniziativa consolida la partnership tra la BEI e la Repubblica Italiana al fine di sostenere la ricostruzione post-sismica, il rafforzamento della sicurezza del territorio, interventi di adattamento climatico e il miglioramento della resilienza contro futuri eventi meteorologici estremi. Tra le operazioni precedenti, si segnalano i 4,75 miliardi di euro approvati dalla BEI a favore della ricostruzione nelle Regioni del Centro Italia colpite dai terremoti del 2016 e 2017, nonché la linea di finanziamento fino a un miliardo di euro destinato alla ricostruzione nell’Isola di Ischia a seguito del sisma del 2017 e della frana del 2022 che hanno colpito l’isola.

Nello Musumeci, Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, ha dichiarato: “La firma di questo accordo rappresenta un altro passo fondamentale per garantire la sicurezza dei cittadini e dimostra l’attenzione, senza precedenti, che il Governo Nazionale presta per l’Area dei Campi Flegrei. Il sostegno della Banca europea per gli investimenti è la conferma della fiducia nelle capacità dell’Italia di affrontare con serietà e visione di lungo periodo le sfide legate al rischio sismico e vulcanico.”

Gelsomina Vigliotti, Vicepresidente della BEI, ha commentato: “Con questo accordo la BEI rinnova il proprio impegno al fianco del Governo italiano, non solo per sostenere gli sforzi di ricostruzione post-disastro sismico, ma anche per rafforzare la prevenzione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Dall’Italia Centrale a Ischia, fino ai Campi Flegrei, finanziamo interventi che vanno oltre la semplice riparazione dei danni, contribuendo a rendere i territori più sicuri e resilienti. È una testimonianza concreta di come la finanza europea possa proteggere le comunità e rafforzarne la capacità di affrontare le sfide del futuro.”

San Siro, firmato il rogito, lo stadio passa a Inter e Milan

È stato firmato ieri mattina il rogito che prevede la vendita per 197 milioni dello stadio e delle aree limitrofe da parte del Comune di Milano a Inter e Milan, come prevedeva la delibera di vendita approvata dal Consiglio comunale Sulla compravendita la Procura di Milano sta indagando sulla compravendita per turbativa d’asta. Proprio questa mattina è stato sentito dai pm Paolo Filippini, Giovanna Cavalleri e Giovanni Polizzi il promoter Claudio Trotta, tra i fondatori del comitato Sì Meazza. In una lettera aperta al sindaco, Trotta aveva rivelato che insieme ad altri operatori dello spettacolo dal vivo avrebbe voluto fare una offerta per lo stadio ma che era stato impossibile partecipare al bando del Comune per le tempistiche troppo strette.

Fs, Mattarella visita la mostra “Le ferrovie d’Italia (1861-2025). Dall’unità nazionale alle sfide del futuro”

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha visitato oggi in anteprima la mostra “Le ferrovie d’Italia (1861-2025). Dall’unità nazionale alle sfide del futuro”. L’esposizione, promossa e organizzata da VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia e dal Gruppo FS Italiane, sarà aperta al pubblico da venerdì 7 novembre fino all’11 gennaio, nella Sala Zanardelli del Vittoriano e nel Giardino grande di Palazzo Venezia. Ad accompagnare il Presidente della Repubblica c’erano il presidente del Gruppo FS, Tommaso Tanzilli, l’amministratore delegato e direttore generale del Gruppo FS, Stefano Antonio Donnarumma, e la direttrice generale del VIVE, Edith Gabrielli, curatrice della mostra. L’iniziativa rientra nelle celebrazioni per i 120 anni dalla fondazione delle Ferrovie dello Stato, avvenuta nel 1905, in epoca giolittiana. Da allora le Ferrovie dello Stato hanno accompagnato ogni fase della storia italiana: dalle guerre mondiali alla ricostruzione, dal boom economico alla globalizzazione, fino alle sfide di oggi, tra tecnologia e sostenibilità. La mostra racconta il mondo delle ferrovie da prospettive diverse, intrecciate tra loro. Grafica, documenti, immagini e opere d’arte dialogano in modo dinamico, restituendo al pubblico un racconto vivo e coinvolgente del viaggio in treno e della storia del nostro Paese.

 

Genova, Webuild: posato il primo mega cassone della diga foranea

Genova, 5 novembre 2025 – Al largo del porto di Genova è stato posato oggi il primo dei 35 mega cassoni della Nuova Diga Foranea, un colosso in calcestruzzo alto 33 metri, come un palazzo di undici piani, lungo 67 e largo 30 metri, progettato per ridisegnare il profilo marittimo della città. Realizzato dal consorzio PerGenova Breakwater, guidato da Webuild per conto dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, il cassone è stato posizionato a 50 metri sotto il livello del mare, una profondità mai sperimentata prima per una diga foranea in Europa. Per la sua realizzazione è stata adottata una tecnica innovativa: la prefabbricazione in galleggiamento, resa possibile grazie alla Tronds Barge 33, una chiatta semisommergibile a immersione controllata da un sistema di pompe che all’occorrenza si immerge per poi riemergere come una balena d’acciaio. Il cassone è stato realizzato nel bacino di Vado Ligure che si conferma così un polo di produzione dove ingegneria e innovazione si fondono e in cui la realizzazione dei mega cassoni procede in parallelo a quella dei cassoni standard. Avanzano anche le attività di bonifica e consolidamento dei fondali, dove sono state già posate oltre 2,3 milioni di tonnellate di ghiaia e realizzate circa 49.000 colonne sommerse, pari a quasi 560.000 metri lineari, ben oltre la metà della lunghezza totale prevista dal progetto. La Nuova Diga Foranea di Genova, nella sua configurazione finale, si estenderà per 6,2 chilometri. Sarà il nuovo volto del porto di Genova, capace di accogliere navi di nuova generazione lunghe fino a 400 metri e di proteggere la città dalle mareggiate. Insieme al Progetto Unico Terzo Valico di Giovi–Nodo di Genova, realizzato anche questo da Webuild, andrà a rafforzare il ruolo della città di Genova nel Corridoio Reno-Alpi della rete transeuropea TEN-T, ridisegnando le rotte del commercio europeo e nel Mediterraneo.

 

Costruzioni, Anpar: per i rifiuti tasso di riciclo all’81%

A 25 anni dalla sua fondazione, Anpar – Associazione Nazionale Produttori di Aggregati Riciclati, parte di Assoambiente, celebra a Ecomondo, la fiera leader nei settori della green e circular economy in corso a Rimini, un traguardo importante e guarda al futuro del riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione, in un momento cruciale per le politiche europee sulla transizione circolare. Il settore gestisce ogni anno oltre 83 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui l’81% avviato a riciclo, un risultato che supera ampiamente l’obiettivo europeo del 70%, fissato a livello europeo per il 2020. Tuttavia, la vera sfida resta oggi la creazione di mercati di sbocco per gli aggregati riciclati, ancora troppo poco utilizzati, in particolare nel settore delle infrastrutture e dei lavori stradali. “La nostra Associazione celebra 25 anni di impegno costante al fianco delle imprese e delle istituzioni – locali, nazionali ed europee – in un percorso di crescita e innovazione”, commenta Paolo Barberi, presidente Anpar. “Da iniziativa pionieristica, il nostro settore è oggi uno dei pilastri della gestione dei rifiuti, con enormi potenzialità di sviluppo. Per coglierle pienamente, occorre però affrontare con decisione le sfide normative e di mercato che si profilano a livello nazionale ed europeo”. Nel 2023, i rifiuti da costruzione e demolizione hanno rappresentato il 50,6% del totale dei rifiuti speciali prodotti in Italia, secondo i dati ISPRA. Un primato che sottolinea il peso strategico del comparto e la necessità di politiche industriali coerenti con gli obiettivi del futuro Circular Economy Act. Durante Ecomondo, Anpar celebra il suo anniversario con l’Assemblea Pubblica “Anpar 25: dal riciclo all’End of Waste, le sfide europee del mercato degli aggregati riciclati”, un momento di confronto tra imprese, istituzioni e stakeholder per ripercorrere i traguardi raggiunti e delineare la roadmap dei prossimi anni. A livello nazionale, l’Associazione è impegnata in un monitoraggio sull’impatto del Regolamento End of Waste nel settore stradale ed edilizio, i cui risultati saranno presto condivisi con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

Sul fronte europeo, Anpar ha rafforzato la propria presenza istituzionale grazie anche all’operato del Direttore Tecnico Giorgio Bressi, confermato vicepresidente di Recycling Europe e all’interno di FIR (Federation of International Recyclers), due realtà di riferimento nel dialogo con la Commissione europea: “Sono tre in particolare i dossier al centro delle nostre attività in ambito UE: la futura pubblicazione di un Regolamento di End of Waste sul settore a livello europeo, che comporterebbe l’annullamento di quelli nazionali e di conseguenza nuovi criteri da applicare anche in Italia; il ripensamento da parte della Commissione sull’applicabilità agli aggregati riciclati del Regolamento REACH, che richiederà nuove modalità di lavoro per garantire gli utilizzatori in merito ai rischi chimici che i nostri prodotti potrebbero comportare; l’entrata in vigore del nuovo Regolamento Europeo sui prodotti da costruzione che comporterà ulteriori obblighi per le imprese del settore”. Con una visione che unisce competenze tecniche, rappresentanza e impegno per la sostenibilità, ANPAR rinnova la propria missione: promuovere un uso sempre più diffuso e consapevole degli aggregati riciclati, contribuendo in modo concreto alla realizzazione di un’economia pienamente circolare, competitiva e sostenibile.

 

Materie prime critiche, rapporto Iren: con 2,6 mld di investimenti l’Italia coprirebbe il 66% del fabbisogno nazionale

Per l’Italia, l’introduzione della nuova “tassa RAEE” proposta a livello europeo rischia di tradursi in un “costo del non fare” stimato in 2,6 miliardi di Euro all’anno, legato all’insufficiente capacità di raccolta e trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). Investendo lo stesso importo lungo la filiera nazionale del riciclo – potenziando raccolta, impianti e domanda di materie prime seconde – permetterebbe di coprire, a regime, fino al 66% del fabbisogno italiano di Materie Prime Critiche (MPC) e valorizzare circa 1,7 miliardi di Euro all’anno di MPC contenute nei RAEE. Inoltre il coinvolgimento delle imprese italiane in Nord Africa, attraverso il Piano Mattei, consentirebbe l’estrazione e valorizzazione delle MPC contenute all’interno dei RAEE, con un valore stimabile fino a 2,5 miliardi di Euro. Queste le principali evidenze che emergono dal Rapporto Strategico “La geopolitica delle Materie Prime Critiche: le opportunità del Piano Mattei e dell’urban mining per la competitività industriale in Italia”, presentato oggi da Iren presso la fiera Ecomondo di Rimini e realizzato da TEHA Group. Il Rapporto fotografa un quadro internazionale caratterizzato da una domanda in crescita e da catene di approvvigionamento sempre più concentrate nelle mani di pochi attori. Tra il 2021 e il 2024 la domanda globale di MPC è aumentata dell’11% e le proiezioni indicano in media un ulteriore +34% entro il 2030. A questo si aggiunge lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e dei data center, che possono generare una crescita potenziale di un ulteriore 10% della domanda di minerali chiave già entro la fine del decennio. In parallelo, le catene di fornitura mostrano una crescente concentrazione geografica: la quota detenuta dai tre principali Paesi raffinatori per le principali MPC (litio, rame, nickel, terre rare, cobalto e grafite) ha raggiunto l’86% nel 2024, con un incremento di 4 punti percentuali rispetto al 2020, accentuando la dipendenza europea dall’estero e il rischio di approvvigionamento lungo le filiere industriali.

La rilevanza delle Materie Prime Critiche per l’economia europea è ormai sistemica. Secondo il Rapporto Strategico, queste materie abilitano in Europa circa 3,9 trilioni di Euro di produzione industriale, equivalenti al 22% del PIL dell’Unione Europea. L’Italia emerge come il Paese più esposto tra le 5 principali economie europee, con il 31% del PIL italiano, pari a 675 miliardi di Euro, dipende da tecnologie, componenti e processi produttivi che incorporano MPC. Questo dato conferma come la continuità di approvvigionamento di tali materiali non sia più solo un tema industriale, ma un fattore determinante di competitività e sicurezza economica per il sistema-Paese. Lo studio evidenzia inoltre l’elevata vulnerabilità delle catene del valore europee in alcuni segmenti chiave ad alto valore aggiunto. Due casi emblematici sono il titanio e le terre rare, materiali essenziali per aerospazio, dispositivi elettromedicali, componentistica automotive e magneti permanenti. Oggi l’Unione Europea importa 4,7 miliardi di Euro di titanio e 1,4 miliardi di Euro di terre rare e dipende in misura significativa da un numero ristretto di Paesi fornitori: nel caso delle terre rare, la Cina controlla oltre il 90% della capacità mondiale di raffinazione. Una interruzione delle forniture metterebbe a rischio fino a 700 miliardi di Euro di produzione industriale europea. Per l’Italia, l’esposizione potenziale associata al blocco di queste MPC è stimata fino a 88 miliardi di Euro.

Sul fronte delle politiche europee, il Critical Raw Materials Act ha fissato obiettivi ambiziosi per il 2030 – estrarre almeno il 10% del fabbisogno europeo, raffinarne il 40%, coprire il 25% tramite riciclo e ridurre la dipendenza da singoli Paesi sotto la soglia del 65%. A marzo 2025 la Commissione Europea ha riconosciuto 47 Progetti Strategici in UE, ma la loro capacità complessiva, osserva lo Studio, non è sufficiente a raggiungere i target previsti dal CRM Act: nell’orizzonte 2030 tali progetti coprono in media solo il 35% degli obiettivi di estrazione, il 12% del processing e il 24% del riciclo. Questo gap conferma che l’Europa deve accelerare su tre direttrici simultanee: i) costruzione di partnership internazionali stabili, ii) sviluppo di capacità industriali a monte e a valle della supply chain e iii) valorizzazione delle materie prime seconde attraverso l’economia circolare.

In questo quadro, il Piano Mattei emerge come un possibile asse strategico per rafforzare e diversificare le catene di fornitura attraverso collaborazioni sinergiche con i Paesi africani. Il Piano, avviato dal Governo italiano nel 2023 con una dotazione iniziale di 5,5 miliardi di Euro, non prevede ancora progettualità sull’Economia Circolare e sul riciclo dei RAEE. Il potenziale è particolarmente evidente nel Nord Africa, che da solo genera circa il 42% dei RAEE dell’intero continente africano, pari a circa 1,5 milioni di tonnellate all’anno: un volume pari all’83% dei RAEE generati in Italia. Il coinvolgimento delle imprese italiane in Nord Africa consentirebbe l’estrazione e valorizzazione delle MPC contenute all’interno dei RAEE, con un valore stimabile fino a 2,5 miliardi di Euro. In parallelo, il recupero delle MPC dai RAEE ridurrebbe la necessità di ricorrere a materie prime vergini, evitando l’estrazione di oltre 88 milioni di tonnellate di minerali grezzi con un risparmio annuo di emissioni fino a 5,1 Mton di CO2-eq. (pari alle emissioni annue di 2,5 milioni di automobili in Italia).

L’ultima sezione del Rapporto analizza invece il potenziale dell’urban mining dei RAEE in Italia, alla luce della nuova “tassa RAEE” proposta dalla Commissione Europea a luglio 2025 che prevede l’introduzione di un contributo pari a 2 Euro/kg da applicare alla differenza tra il tasso di raccolta nazionale e il target europeo del 65%. Considerato che in Italia solo il 29,6% dei RAEE è stato raccolto correttamente nel 2024, un dato inferiore di 7 punti percentuali rispetto alla media europea e di ben 35 punti percentuali al di sotto del target UE del 65%, la “tassa RAEE” si tradurrebbe in un costo di circa 2,6 miliardi di Euro all’anno. Questo rappresenta, a tutti gli effetti, un “costo del non fare” per il Paese: una tassa che non genera valore aggiunto interno e che sottrae risorse potenzialmente strategiche per il rafforzamento della filiera nazionale del riciclo. Muovendosi lungo le tre leve di sviluppo principali per valorizzare l’Economia Circolare dei RAEE (crescita dei volumi di raccolta RAEE, incremento della capacità impiantistica e dell’innovazione tecnologica, e creazione di un mercato stabile delle Materie Prime Seconde), l’Italia potrebbe dunque trasformare un costo ricorrente in un investimento strategico di lungo periodo. Infatti, se l’Italia investisse il valore della potenziale tassa RAEE, pari a 2,6 miliardi di Euro annui (in base al tasso di raccolta del 2024), per il potenziamento della filiera nazionale, potrebbe, a regime, coprire fino al 66% del fabbisogno di MPC e valorizzare circa 1,7 miliardi di Euro annualmente, in sostituzione all’import di materie prime grezze.

“Il percorso verso l’autosufficienza resta complesso: l’Italia non dispone di riserve minerarie significative per l’estrazione di Materie prime critiche e la filiera del processing e della raffinazione richiede economie di scala difficili da sviluppare in un contesto nazionale” ha dichiarato il presidente esecutivo Iren Luca Dal Fabbro. “Oggi l’Unione Europea importa 4,7 miliardi di Euro di titanio e 1,4 miliardi di Euro di terre rare e dipende in misura significativa da un numero ristretto di Paesi fornitori. Una interruzione delle forniture metterebbe a rischio fino a 700 miliardi di Euro di produzione industriale europea. Per l’Italia, l’esposizione potenziale associata al blocco di queste MPC è stimata fino a 88 miliardi di Euro. Per questo motivo le maggiori opportunità future si concentrano su due leve prioritarie e sinergiche. La prima è il rafforzamento delle partnership internazionali, seguendo l’esempio di Cina e Stati Uniti, per garantire l’approvvigionamento di materie prime vergini e sviluppare relazioni strategiche attraverso il Piano Mattei, orientato alla cooperazione industriale con i Paesi africani. La seconda leva è l’investimento nell’Economia Circolare dei RAEE, volto ad aumentare i volumi raccolti, incrementare la capacità e la diffusione degli impianti di riciclo e favorire anche l’import di materie prime seconde da partner europei e mediterranei”. “La nuova ‘tassa RAEE’ rischia di trasformarsi in un costo del non fare per l’Italia, ma lo stesso ammontare – 2,6 miliardi di Euro – investito lungo la filiera nazionale del riciclo potrebbe coprire fino al 66% del fabbisogno italiano di Materie Prime Critiche e valorizzare ogni anno 1,7 miliardi di Euro di materiali oggi dispersi” ha dichiarato Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti e TEHA Group. “In un contesto di crescente concentrazione delle supply chain globali e di domanda di minerali strategici in forte aumento, l’Economia Circolare rappresenta per l’Italia non solo una leva di sostenibilità, ma una scelta industriale strategica per rafforzare la competitività e la sicurezza economica del Paese”.

Leonardo: nei primi 9 mesi ricavi in crescita 13,4 mld. (+11,3%), risultato netto ordinario sale a 466 mln

Leonardo chiude i primi 9 mesi dell’esercizio con risultati che consolidano la buona performance del Gruppo, confermando il posizionamento competitivo sui mercati domestici e internazionali, supportato da volumi in costante crescita e una solida redditività. Il buon andamento del periodo, confrontato con quello comparativo, assume ulteriore rilevanza in quanto non include il contributo del business Underwater Armaments & Systems (UAS), sino al 2024 rilevato all’interno del settore Elettronica per la Difesa e Sicurezza e oggetto di cessione a Fincantieri all’inizio del 2025.  In aumento gli ordini, che al 30 settembre 2025 raggiungono i  18,2 miliardi di euro (+23,4% rispetto al dato del periodo comparativo, +24,3% rispetto al dato isoperimetro), a conferma del continuo rafforzamento dei «core business» e anche grazie a un importante ordine nel settore aeronautica, in un contesto di mercato nel quale la domanda di sicurezza resta elevata. Il book to bill si attesta a 1,4. In incremento anche i ricavi, pari a 13,4 miliardi (+11,3% rispetto al dato del periodo comparativo, +12,4% rispetto al dato isoperimetro) e il risultato operativo (ebita), pari a 945 milioni (+18,9% rispetto al dato restated  del periodo comparativo, +22,7% rispetto al dato isoperimetro), in linea con le aspettative e con il percorso di crescita sostenibile previsto dal piano industriale di Leonardo. Si confermano di particolare rilievo gli apporti dell’Elettronica per la Difesa e Sicurezza, sia per la componente europea sia per la controllata Leonardo DRS, degli Elicotteri e dell’Aeronautica, con particolare riferimento alla componente Velivoli. L’ebita, pari a 945 milioni, risulta in significativo aumento rispetto al dato comparativo in quasi tutti i settori (+18,9% rispetto al dato restated), riflette la crescita dei volumi e la solida performance dei business del gruppo. L’ebit, pari a  722 milioni., risulta parimenti in crescita (+13,5%), nonostante l’incremento degli oneri non ricorrenti che riflettono principalmente gli effetti derivanti dalla risoluzione della controversia a valere sul programma NH90 Norvegia, oltre ai costi sostenuti nell’ambito di importanti operazioni industriali. Il risultato netto ordinario di  466 milioni ( 364 milioni nel periodo a confronto), beneficia del miglioramento dell’ebite dei minori oneri finanziari netti, principalmente riconducibili al miglioramento dell’indebitamento netto di Gruppo. L’utile di 735 milioni include, oltre al risultato netto ordinario, la plusvalenza rilevata a seguito della cessione del business UAS a Fincantieri, pari a circa € 283 mil., parzialmente compensata da oneri connessi a operazioni di cessione finalizzate negli esercizi precedenti. Il dato relativo al periodo comparativo (730 milioni) beneficiava della plusvalenza – pari a 366 mil. – rilevata a seguito della
valutazione al fair value del Gruppo Telespazio, effettuata ai fini del consolidamento.  In considerazione dei risultati ottenuti nei primi nove mesi del 2025 e delle aspettative per i successivi, si conferma l’aggiornamento delle Guidance per l’intero anno comunicato a luglio 2025.

“I dati dei primi nove mesi del 2025 evidenziano il positivo andamento del Gruppo. Volumi in costante crescita e una solida redditività supportano il nostro posizionamento competitivo sul mercato domestico e internazionale. Confermiamo le guidance 2025 – riviste al rialzo lo scorso luglio con più sfidanti target a
livello di ordini, FOCF e indebitamento netto – e il nostro impegno per la puntuale esecuzione del Piano Industriale che sta avanzando lungo le linee strategiche individuate. Abbiamo proseguito il nostro percorso di crescita inorganica con l’acquisizione di Iveco Defence e, nell’ambito dello sviluppo delle alleanze
europee, abbiamo siglato il MoU con Airbus e Thales per la creazione di una nuova società nel settore spaziale. Operazione che si pone l’obiettivo di rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa nello spazio e che accresce il nostro ruolo di player di riferimento nel settore AD&S”, dichiara Roberto Cingolani, amministratore delegato e direttore generale di Leonardo.

Tim, riduce a 109 milioni la perdita nei 9 mesi, in utile il terzo trimestre

Continua anche nel terzo trimestre il trend di miglioramento di Tim mentre prendono forma le sinergie con Poste. Nei 9 mesi la perdita si è ridotta a 109 milioni (da 509 milioni nel 2024) e in particolare il risultato nell’ultimo trimestre, chiuso a settembre, è positivo per 23 milioni di euro, in ulteriore miglioramento rispetto al sostanziale pareggio (-8 milioni di euro) del secondo trimestre e alla perdita di 124 milioni di euro del primo trimestre 2025 e conferma tutte le guidance per il 2025, in attesa di finalizzare nell’ultimo trimestre la cessione di Sparkle. I ricavi totali di Gruppo ammontano a 10 miliardi di euro, in crescita del 2,3% anno su anno (+1,2% nel
domestico a 6,9 miliardi di euro, +4,7% in Brasile a 3,1 miliardi di euro); i ricavi da servizi di Gruppo sono in crescita del 3,0% anno su anno a 9,4 miliardi di euro (+1,9% nel domestico a 6,4 miliardi di euro, +5,2% in Brasile a 3,0 miliardi di euro);  in crescita l’ebitda che aumenta del 5,4% anno su anno a 3,2 miliardi di euro (+4,1% nel domestico a 1,6 miliardi di euro, +6,8% in Brasile a 1,6 miliardi di euro); in netta crescita anche l’ebitda After Lease di Gruppo, che sale del 5,3% anno su anno a 2,7 miliardi di euro (+4,1% nel domestico a 1,5 miliardi di euro, +6,9% in Brasile a 1,2 miliardi di euro). La riduzione del debito mantiene la sua rotta, sostanzialmente stabile a fine settembre a 7,5 miliardi con un equity free cash flow after lease positivo per 0,1 miliardi. L’ad Pietro Labriola sta lavorando al nuovo piano che dovrebbe essere presentato in primavera e intanto prendono forma le sinergie con il nuovo azionista Poste Italiane. In particolare, sul fronte Consumer, oltre all’offerta Energia, lanciata alla fine del terzo trimestre, è stato siglato il contratto di Mvno (operatore mobile virtuale) per PosteMobile, con la migrazione dei clienti attesa nel primo trimestre del 2026, e sono state avviate valutazioni su iniziative di cross selling per i clienti retail e piccole e medie imprese. Tim conferma inoltre le indiscrezioni di stampa, è stata firmata con Poste Italiane “una lettera di intenti per la costituzione di una joint venture su servizi cloud basati su IA generativa e tecnologie open source, che ha come obiettivo consolidare il ruolo di leader nella digitalizzazione del Paese dei due gruppi”.

 

Edison e Cma Cgm, primo rifornimento di Gnl per una nave portacontainer in Italia

Edison e CMA CGM rendono noto di aver portato a termine con successo il bunkeraggio ship-to-ship di gas naturale liquefatto (GNL) a una nave portacontainer, il primo rifornimento a una nave di questo tipo in Italia. L’operazione si è svolta nel porto di Trieste, dove la nave metaniera Ravenna Knutsen del Gruppo Edison ha rifornito la CMA CGM Salamanque, portacontainer alimentata a GNL impiegata nel Mediterraneo dal gruppo di trasporto e spedizioni. L’intervento segna un nuovo primato per Edison, già protagonista nel 2024 del primo bunkeraggio di GNL nell’Adriatico a una nave da crociera, e conferma il ruolo dell’azienda nello sviluppo della filiera del GNL per il settore del trasporto marittimo e stradale. Attore chiave nel settore delle soluzioni marittime, terrestri, aeree e logistiche, CMA CGM è un pioniere nella transizione energetica delle attività di trasporto marittimo. La società gestisce una vasta flotta di navi portacontainer alimentate a GNL dual-fuel, aprendo la strada all’adozione di combustibili marittimi alternativi a basse emissioni di carbonio come il biogas e l’e-metano. Queste innovazioni consentono una riduzione delle emissioni di carbonio fino all’85%, dimostrando l’impegno di CMA CGM verso pratiche di trasporto marittimo sostenibili. La collaborazione tra Edison e CMA CGM contribuisce alla graduale diffusione delle flotte alimentate a GNL nei porti italiani. «Il primo bunkeraggio a una nave portacontainer nell’Adriatico dimostra l’estrema flessibilità operativa raggiunta in questi anni da Edison e la capacità di aprire nuovi segmenti di mercato in Italia», dichiara Fabrizio Mattana, Executive Vice President Gas Assets di Edison. «Siamo orgogliosi di questo risultato e vediamo un grande potenziale in questo settore in cui il prossimo passo sarà il crescente contributo del BioGNL. L’ottima collaborazione con la Capitaneria di porto di Trieste e le Autorità di riferimento del mar Adriatico sono certamente un acceleratore dello sviluppo del mercato in quest’area». La Ravenna Knutsen, in servizio per Edison dal 2021, è una metaniera da 30.000 mc progettata per garantire elevata flessibilità operativa e capace di adattarsi a differenti tipologie di depositi e imbarcazioni. Questa versatilità consente di effettuare operazioni di bunkeraggio sicure ed efficienti con molteplici configurazioni. Il GNL rappresenta oggi la soluzione concreta ed immediata per ridurre le emissioni del trasporto marittimo. In linea con le normative europee ETS Marittimo, FuelEU Maritime e conforme alle normative dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) il GNL avvia il progressivo percorso verso i carburanti a zero emissioni come bio-GNL e GNL sintetico.

 

Imprese femminili, Unioncamere: 1,3 milioni di storie di donne, lavoro, limiti e potenzialità

Fanno le imprenditrici per scelta e non per ripiego, sono più istruite, preferiscono lavorare con altre donne e sono attente al benessere dei propri collaboratori. Ma di limiti ne hanno tanti: sono meno produttive, più piccole di dimensione, e utilizzano molto il capitale familiare per l’avvio, cosa che limita la propensione ad investire e innovare. Se però puntano sul capitale finanziario (utilizzando incentivi e credito bancario all’avvio), il loro livello di produttività cresce del +33% e raggiunge il +40% se a questo si aggiunge anche la formazione. Sono alcune delle caratteristiche delle aziende guidate da donne messe in luce nel rapporto realizzato da Unioncamere con il supporto del Centro studi Tagliacarne e Sicamera. L’analisi è parte del Piano Nazionale dell’Imprenditoria Femminile, gestito da Invitalia in collaborazione con Unioncamere, per conto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e finanziato dai fondi europei del Next Generation EU. Il report viene presentato nel corso della Tappa di Roma del Giro d’Italia delle donne che fanno impresa. “E’ una imprenditoria matura, istruita, motivata, con una leadership consapevole quella espressa dalle donne in Italia”, ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “Una impresa diffusa, che alimenta anche le economie dei territori più fragili e soggetti a spopolamento, e quindi una risorsa preziosa che va accompagnata e seguita perché continui a rafforzarsi. Le imprenditrici sono anche molto attente alle opportunità offerte dagli incentivi del sistema pubblico ma, al tempo stesso, chiedono maggiore semplificazione nell’accesso agli stessi. In tal senso, continua ad essere fondamentale la presenza di strumenti e strutture di accompagnamento oltre che di fondi”. “Roma è la prima provincia italiana per numero di imprese femminili: quasi 100mila (96.421) al 30 settembre 2025. E il tasso di occupazione femminile a Roma ha raggiunto il 58,5%, valore più alto di sempre” – afferma Lorenzo Tagliavanti, Presidente della Camera di Commercio di Roma. “Tuttavia, questi dati, letti sotto una diversa prospettiva, rendono evidenti i divari ancora esistenti in una varietà di ambiti e ci fanno apparire ancora lontano l’obiettivo di superare definitivamente le annose diseguaglianze in tema di parità di genere. In assoluto, il tasso di femminilizzazione delle imprese, a Roma come in Italia, è ancora troppo basso: in pratica, un’impresa su 5 è rosa. La presenza delle donne in posizioni apicali è, poi, ancora limitata. Occorre lavorare in primo luogo, per migliorare un contesto burocratico, legale e fiscale che spesso ostacola l’attività d’impresa, anziché agevolarla. E, parallelamente, intervenire sulle problematiche che più condizionano la partecipazione delle donne alla vita economica del Paese tra cui la difficoltà di accesso al credito, in particolare per le piccole imprese”.

Il milione e 300mila aziende guidate da donne presenti nel nostro Paese lo scorso anno (+0,4% rispetto al 2014), pari al 22,2% del totale delle imprese italiane, si rivela una leva fondamentale per innalzare la partecipazione femminile al mercato del lavoro. Le donne, infatti, rappresentano oltre la metà dei dipendenti all’interno delle imprese femminili (54% contro il 39% nelle imprese non femminili). Le imprenditrici, che presentano livelli di istruzione mediamente più alti rispetto ai colleghi uomini (25% delle imprenditrici laureate a fronte del 21% degli imprenditori) e che nell’85% dei casi provengono da un percorso lavorativo precedente, scelgono di mettersi in proprio come percorso di autorealizzazione (nel 37% dei casi) e non come una alternativa alla mancanza di lavoro dipendente (27%). Questa motivazione genera imprese più orientate alla qualità e alla valorizzazione delle risorse umane. Cosa che emerge anche considerando l’attenzione riservata ai collaboratori: il 28% delle imprese femminili, infatti, adotta misure di conciliazione dei tempi di vita lavorativa e privata (contro il 22% delle non femminili), ma la presenza di una leadership laureata aumenta l’attenzione al welfare fino al 40%. L’universo femminile dell’impresa italiana, contraddistinto da dimensioni aziendali piuttosto piccole (il 96,2% ha meno di 10 addetti, sebbene le “taglie” superiori stiano aumentando), sconta purtroppo un livello di produttività inferiore del 60% rispetto a quello delle imprese non femminili.

Il 74% delle imprese femminili fa ricorso al capitale proprio o familiare per l’avvio d’impresa, fattore che, pur generando una maggiore stabilità iniziale, può frenare la propensione delle imprese ad investire in modo strutturato. Se però le capitane d’azienda decidono di far ricorso al credito bancario (strada praticata dal 37% delle imprese femminili, in misura analoga a quella delle imprese non femminili), in 8 casi su 10 investono (contro il 70% delle imprese femminili che non hanno attivato finanziamenti bancari). Le imprenditrici, inoltre, sono molto propense a chiedere incentivi: il 27% li ha già utilizzati e il 19% ha intenzione di utilizzarli (quote pari al 23% e al 18% nel caso delle non femminili). Le misure più utilizzate? Aiuti regionali e credito d’imposta; il 15% ha utilizzato incentivi gestiti da Invitalia. Nonostante dimensioni mediamente più contenute, le imprese femminili mostrano una buona propensione ad investire, soprattutto in beni tangibili (macchinari, attrezzature ICT) e ammodernamento organizzativo. Le imprese femminili che utilizzano finanziamenti all’avvio e incentivi pubblici mostrano, rispetto alle altre, una maggiore produttività del lavoro (+33%), che sale ulteriormente (+40%) quando le aziende guidate da donne puntano anche sulla formazione del capitale umano. Inoltre, queste imprese mostrano una probabilità di investire superiore del +10% rispetto alle altre imprese femminili, che diventa del +14% quando si impegnano anche sul fronte della formazione.

 

 

Maire chiude in anticipo l’offerta bond senior, raggiunti i 275 milioni

Maire ha chiuso in anticipo ieri  l’offerta al pubblico delle obbligazioni “Senior Unsecured Sustainability-Linked Notes Due 2030”, avviata il 4 novembre grazie alla forte domanda degli investitori istituzionali e retail che ha permesso di raggiungere, all’inizio del secondo giorno, l’intero ammontare offerto di 275 milioni di euro. Maire ricorda che l’ammontare minimo di offerta di 200 milioni è stato aumentato di 75 milioni, a seguito dell’esercizio da parte della società il 4 novembre dell’opzione di incremento, secondo i termini e le condizioni di cui al prospetto informativo pubblicato il 29 ottobre scorso. Alessandro Bernini, amministratore delegato di Maire, ha commentato: “Il buon esito di questa nuova emissione conferma la fiducia del mercato nella strategia e nella solidità del Gruppo. Proseguiamo con disciplina il nostro percorso, abilitando la decarbonizzazione delle filiere industriali e la diversificazione energetica, e integrando in modo sempre più profondo i criteri di sostenibilità anche nella gestione finanziaria. La forte domanda da parte di investitori istituzionali e risparmiatori è per noi motivo di grande soddisfazione e un’ulteriore conferma della continuità del nostro indirizzo strategico”.

 

Robotica, round da 3,15 mln di euro per la start up bolognese Adaptronics

Adaptronics, startup deep tech specializzata nello sviluppo di soluzioni elettro-adesive di manipolazione robotica per applicazioni industriali e spaziali,
ha  chiuso un round da 3,15 milioni di euro. L’operazione è stata guidata da 360 Capital, società europea di venture capital. All’investimento ha partecipato anche Galaxia -il Polo di Trasferimento Tecnologico per l’Aerospazio – creato su iniziativa del Fondo Tech Transfer di CDP Venture Capital insieme a Obloo Ventures, già investitore nel round pre-seed nel 2023. Il capitale raccolto sarà impiegato per sostenere la crescita dell’azienda, potenziare la
capacità produttiva e favorire l’espansione commerciale in Italia e in Europa, consolidando la struttura organizzativa di Adaptronics. Fondata nel 2022 come spin-off dell’Università di Bologna, Adaptronics è nata dalla visione di Lorenzo Agostini (ceo), Camilla Conti (coo) e Rocco Vertechy (R&DLead) con l’obiettivo di rivoluzionare il modo in cui i robot afferrano e interagiscono con gli oggetti, sia sulla Terra che nello spazio. Unendo competenze in trasduzione elettromeccanica, materiali avanzati e stampa digitale per l’elettronica flessibile, il team fondatore porta con sé oltre 20 anni di ricerca scientifica, e guida un team operativo altamente specializzato che oggi conta 15 persone. Adaptronics punta a ridefinire lo standard della presa e manipolazione robotica. Grazie alla sua tecnologia proprietaria EAAL (Electro-Active Adhesive Layer), i robot riescono ad afferrare e muovere oggetti con estrema versatilità, (abilitando una presa adesiva controllabile su oggetti delle più varie forme, dimensioni, materiali e con peso fino a diversi chilogrammi), maggiore rapidità (attivazione e rilascio in meno di 10 ms) e un’efficienza energetica senza precedenti (fino a 1000 volte più efficiente rispetto ai sistemi standard). Basata su forze elettrostatiche e su un feedback tattile integrato, la tecnologia EAAL consente di rilevare il contatto e la prossimità degli oggetti, assicurando una manipolazione estremamente precisa e delicata, ed eliminando la necessità di sistemi pneumatici, meccanici o magnetici. Inoltre, con soli due componenti nel
prodotto (un modulo elettronico di controllo e un sistema di presa sostituibile), i costi operativi e di manutenzione vengono azzerati. Le applicazioni sono molteplici: dall’automazione industriale e il packaging, dove velocità e affidabilità sono fondamentali, fino allo spazio, dove la tecnologia permette operazioni in orbita come la rimozione dei detriti e la manutenzione dei satelliti. Adaptronics stabilisce nuovi standard per la manipolazione robotica combinando innovazione, performance e impatto multisettoriale. “Questo round costituisce una tappa significativa per Adaptronics», afferma Lorenzo Agostini,
ceo dell’azienda. «Rappresenta un riconoscimento della fiducia degli investitori nella nostra visione di un’impresa deep-tech impegnata nello sviluppo di una tecnologia abilitante trasversale a diversi settori, e ci consente di accelerare il percorso di innovazione tecnologica, ampliare la nostra sede con un impianto pilota e favorire l’internazionalizzazione commerciale dei nostri prodotti”.

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