LE AUDIZIONI SUL TESTO UNICO E LA RED III
Rinnovabili, calano le installazioni di eolico e solare
“Il 2025 è in contrazione rispetto agli impianti fotovoltaici entrati in esercizio di circa il 18% e questo dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme per tutto il settore”. “Il settore eolico oggi sta vedendo un rallentamento nelle installazioni, sono vari gli interventi necessari”. Sono questi alcuni messaggi allarmistici arrivati ieri, per l’ennesima volta, dalle associazioni delle imprese che operano nelle rinnovabili audite alla Camera sul Testo unico sulle procedure amministrative per gli impianti Fer e sullo schema di Decreto legislativo per il recepimento della Red III europea. In attesa del nuovo Decreto energia, insomma, dagli addetti ai lavori non si placano le preoccupazioni per l’andamento lento, troppo lento, della transizione energetica.
Il portavoce di Apf (Alleanza per il fotovoltaico), Filippo Fontana, ha spiegato che non basta lo schema di attuazione della direttiva Ue Red III. “Lo accogliamo con favore ma vorrei sottolineare che stiamo alzando gli obiettivi di rinnovabili per il nostro Paese, portandoli al 39,4%, che è comunque inferiore rispetto alla media europea”. Cioè, il 42,5%. Per Apf, infatti, questa dovrebbe essere vista “come un’opportunità di abbassare i costi e di rendere il paese maggiormente autonomo, ma questa rincorsa di maggiori rinnovabili è un po’ in contrasto con la realtà della normazione”. Di qui il dato del 18% di contrazione degli impianti attivati quest’anno rispetto allo scorso. Il fotovoltaico utility-scale, ha aggiunto Fontana, “è un pilastro strategico per la sicurezza energetica e per la competitività industriale del Paese. Il settore è in grado di generare fino a 150.000 nuovi posti di lavoro entro il 2028, un numero paragonabile a quello dell’intero comparto automotive”.
Il problema, però, è l’immobilismo del settore. Regole chiare, stabili, applicabili è il grido che arriva dal settore del fotovoltaico. Che, al contrario di quanto sostenuto dai critici, “è sempre più programmabile, e possiamo coprire moltissimo della domanda italiana con prezzi estremamente competitivi, ma sempre semplificare”. A ricordarlo è stato, in audizione, Paolo Rocco Viscontini di Italia Solare. “Poche settime fa si sono tenute le aste Fer x e Macse – ha ricordato -. Il prezzo offerto per le aste Fer X è stato pari alla metà del prezzo attuale che abbiamo nelle bollette e garantito per 20 anni, come pure il prezzo offerto per gli stoccaggi è stato pari a un terzo di quella che era la base d’asta. Questo significa che il fotovoltaico è la fonte di energia che riesce più di ogni altra ad abbassare il prezzo dell’energia, ma il prezzo basso di queste aste dipende molto anche dalla capacità di autorizzare questi impianti”.
Gli ultimi dati pubblicati da Italia Solare, d’altronde, parlano chiaro. Nei primi nove mesi del 2025 sono stati connessi alla rete 161.962 nuovi impianti fotovoltaici, per una potenza complessiva di 4.078 MW, in calo rispettivamente del 29% e del 17%rispetto allo stesso periodo del 2024, quando erano stati registrati 227.633 impianti per 4.862 MW.
Ma le preoccupazioni arrivano anche dal fronte dell’eolico. Secondo Simone Togni, presidente di Anev, “il settore sta vedendo un rallentamento nelle installazioni”, dunque servono “vari interventi” per farlo ripartire. In primis, per quanto riguarda l’avvio della realizzazione dei procedimenti, è necessaria “l’integrazione dei modelli unici semplificati alla piattaforma Sue” e quindi “la possibilità, che dovrebbe essere data, prima dell’avvio della realizzazione degli interventi o comunque entro pochi giorni dall’entrata in esercizio dell’impianto, in modo da dare certezza procedurale e ridurre il rischio di contestazione da parte dei comuni”. Ma Togni ha posto, poi, l’accento sulla durata dei titoli e il regime utilizzato: “Suggeriamo di estendere il periodo di validità e di efficacia dei titoli stessi, per consentire, sia nel potenziamento sia nella riattivazione e nella ricostruzione integrale, di coprire la vita utile degli impianti”. Inoltre, va precisato “che il progetto venga considerato unico anche quando comprenda più interventi relativi alla stessa fonte, ovviamente realizzati nella stessa particella o su particelle continue riconducibili allo stesso proponente”. Mentre sui titoli, secondo Anev, bisogna “procedere all’eliminazione dell’acquisizione preventiva del titolo edilizio per la realizzazione di questi interventi, mantenendo il requisito della disponibilità della superficie interessata”. Ultimo punto: per Togni è necessario introdurre nel modello unico per le modifiche e il repowering di un documento di presentazione unico e semplificato.
Sempre nel mondo eolico ma offshore, Fulvio Mamone Capria (Asso Aero) ha aggiunto un altro elemento alle preoccupazioni del settore: “In particolare, sulle norme che regolamentano i progetti di eolico offshore, è fondamentale chiarire con cura e attenzione tutto il tema degli aspetti concessori demaniali negli specchi acquei, tenendo presente che la stragrande maggioranza delle iniziative che sono in Valutazione d’Impatto Ambientale, e quelle che già hanno ottenuto un decreto positivo dal Mase, si sono avvalsi dell’istanza di concessione demaniale marittima richiesta ai sensi della circolare Mit 40/2012”. Secondo Mamone Capria, sì, “molte problematiche sono state accolte e superate nei mesi scorsi con il dialogo costruttivo con i ministeri competenti”, ma le criticità rimangono in piedi. Eppure, la strategicità delle rinnovabili vale anche in mare. “Da un precedente 32%, l’Ue si impegna a raggiungere il 45% entro il 2030, nel solco del Green Deal europeo e del piano REPowerEU, che riflette l’urgente necessità di affrontare il cambiamento climatico e promuovere fonti energetiche sostenibili”, ha detto ancora il presidente di Aero. Ma il governo italiano, piuttosto sembra remare contro il percorso green continentale.
Tra l’altro, i problemi del permitting riguardano anche un settore meno ostile alla maggioranza come il geotermico. Fausto Batini, presidente di Rete geotermica, ha sollevato il tema della complessità normativa e procedurale anche in questo campo. “C’è poi il rischio di esplorazione – ha aggiunto – perché la geotermia richiede un investimento iniziale ad alto rischio, e proponiamo che ci sia un fondo assicurativo a cui partecipi anche lo Stato. In ultimo – ha proseguito – ci sono falsi miti legati alla geotermia, come l’elevato uso di acqua e consumo di suolo, che sono facilmente sfatabili”. Eppure, “il portafoglio progetti implica un investimento compreso tra gli otto e i dieci miliardi, contribuirebbe al fabbisogno di circa 2,5 milioni di famiglie e porterebbe a 3 milioni di tonnellate equivalenti CO2 evitate ogni anno”.
A tuonare contro i ritardi della transizione italiana sono stati anche i sindacati, ieri in audizione. Dal Gse, intanto, è arrivato l’aggiornamento al 21 ottobre sui contributi Pnrr del 40% alle Cer e gruppi di autoconsumo. Le risorse richieste ammontano a 507,1 milioni per una potenza degli impianti oggetto degli interventi per i quali è stato richiesto il contributo di 1.164 MW. Il Mase, invece, ha pubblicato il decreto relativo al meccanismo Energy Release, aggiornato in esito alle interlocuzioni con la Commissione europea. “Si completa un passaggio fondamentale per rendere operativo l’Energy Release 2.0, uno strumento che coniuga la promozione delle rinnovabili con il sostegno concreto alle imprese più esposte ai costi energetici”, ha dichiarato il ministro Gilberto Pichetto. “Entro l’anno – prosegue – garantiremo alle aziende energivore l’accesso anticipato a energia rinnovabile a prezzo calmierato, mentre nei primi mesi del 2026 avvieremo la procedura per i nuovi impianti destinati alla restituzione dell’energia: un meccanismo innovativo che rafforza la sicurezza energetica nazionale, accelera gli investimenti nelle fonti pulite e contribuisce alla competitività del nostro sistema industriale”. Entro la metà di novembre il ministero dell’Ambiente approverà le regole operative aggiornate del Gse, insieme agli schemi contrattuali che disciplineranno l’anticipazione e la successiva restituzione dell’energia rinnovabile a 65 euro/MWh. L’obiettivo è dunque garantire entro la fine dell’anno la sottoscrizione dei contratti per l’anticipazione del beneficio alle imprese energivore, sostenendo così la competitività del sistema produttivo nazionale. Nei primi mesi del 2026 sarà avviata la procedura competitiva per l’assegnazione degli obblighi di realizzazione di nuovi impianti rinnovabili destinati alla restituzione dell’energia anticipata, che dovranno essere completati entro 40 mesi dalla sottoscrizione dei contratti.