LA SOTTOVALUTAZIONE DEI PROBLEMI DELLE IMPRESE

Decreto aiuti senza fondi, scadenze rigide, minacce di escutere garanzie: così si fermano i cantieri Pnrr

La circolare Rgs (19 settembre) ribadisce la scadenza rigida agosto 2026 per finire i lavori e presentare i documenti, ma accresce il nervosismo di soggetti attuatori che arrivano a chiedere agli appaltatori rassicurazioni, pena escussione di garanzie. Il governo sottovaluta la compensazione degli extracosti (mancano 4 miliardi). Imprese disincentivate ad assumere gli ulteriori rischi dell’accelerazione.

13 Ott 2025 di Giorgio Santilli

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Decreto aiuti senza fondi, scadenze rigide, minacce di escutere garanzie: così si fermano i cantieri Pnrr

In attesa che la proposta del governo di revisione finale del Pnrr arrivi a Bruxelles (era prevista entro l’8 ottobre) e ci consegni l’elenco puntuale definitivo dei lavori che dovranno essere realizzati alla scadenza (non solo opere complete, ma anche parti di opere), assistiamo a un aggravamento dei rischi che potrebbero portare a un rallentamento, anziché a un’accelerazione, o addirittura a un blocco dei cantieri in corso.  Può sembrare una forzatura, ma questo rischio c’è davvero ed è legato, in questo momento, a due fattori: il primo, semplice a comprendersi ma meritevole di un approfondimento, è il mancato finanziamento del decreto aiuti di compensazioni degli extracosti per circa 4-4,5 miliardi; il secondo è il clima di tensione e nervosismo che caratterizzerà i prossimi nove mesi, di cui si vedono già molti segnali. Nella coda del Pnrr, infatti, verranno a galla tutte le problematiche che finora si sono appianate e, soprattutto, si decide cosa si riuscirà a finire e cosa no. Vincitori e vinti, salvatori e vittime. Con conseguenze comunque pesanti.

Un dato tocca entrambi questi aspetti ed è una chiave di lettura decisiva, sorprendente per molti, di quanto sta accadendo: sulle vecchie opere inglobate nel Pnrr, con quadri economici maturati prima del 2022 o addirittura prima del 2019, come molte opere ferroviarie in essere, i trasferimenti del decreto aiuti hanno pesato e pesano, nei lavori fatturati complessivamente dalle imprese appaltatrici, per una quota oscillante fra il 25 e il 40% del totale. Questa è la stima che fa l’Ance e che fanno le principali imprese appaltatrici (per qualcuna si arriva al 50%). Significa che su 100 euro che fattura e incassa un’impresa per un’opera Pnrr, 70 arrivano dalle anticipazioni calcolate sui fondi Pnrr assegnati (costi stimati con i vecchi quadri economici dell’opera) e gli altri 30 li anticipa l’impresa in attesa che le vengano restituiti con le finestre del decreto aiuti. Certamente è una semplificazione molto approssimata, ma adeguata a rendere molto bene il senso di quanto sta accadendo nella realtà. Detto in altri termini: oggi i cantieri del Pnrr vanno avanti perché le imprese hanno autofinanziato le anticipazioni dei costi con questa fluidità e perché fino a oggi i meccanismi di rientro – comprese le anticipazioni straordinarie Pnrr che possono arrivare al 90% del totale se si supera il 50% di spesa realizzata  – hanno funzionato relativamente bene. Tutto ha girato al meglio, o quasi.

Ma ora siamo a fine corsa e questo meccanismo volge necessariamente al termine. L’ultimo tratto del Pnrr richiede che il gioco sia estremamente trasparente e avvenga a carte scoperte sopra il tavolo. In altri termini, è importante che nessuno avverta il rischio di restare con il cerino in mano. Né il governo che è garante del Pnrr, né le amministrazioni responsabili che ci mettono la faccia e rispondono di un cattivo utilizzo dei fondi, né i soggetti attuatori che devono far quadrare tutte le contabilità per evitare di perdere fondi e investimenti, né gli appaltatori che devono far tornare le loro contabilità (comprese le anticipazioni improprie) entro la fine del periodo se non vogliono chiudere con perdite che impatterebbero sui loro equilibri economico-finanziari.

Questo lo scenario sullo sfondo.

Che cosa ha scosso gli ultimi giorni, provocando nuova tensione? La Ragioneria generale dello Stato ha emanato il 19 settembre una circolare di 11 pagine, a firma della Ragioniera generale Daria Perrotta, contenente “PNRR – Indicazioni operative in materia di gestione finanziaria, monitoraggio, rendicontazione e controllo degli interventi”. Il punto degno di segnalazione, ripetuto in diversi passaggi della circolare, è quello in cui si ribadisce che “tutti gli obiettivi devono essere completati entro il 31 gosto 2026, con impossibilità da parte della Commissione ad accettare documentazione integrativa che dimostri il raggiungimento degli obiettivi oltre tale data”.

Di per sé questa non è affatto una novità, in quanto è l’indicazione della commissione contenuta anche nella comunicazione “The road to 2026”. La Ue non ammetterà deroghe a questo principio. Il punto rilevante sul fronte interno è che qui la Ragioneria lo ribadisce in modo rigido e nulla aggiunge su cosa accadrà nel caso in cui l’obiettivo non sia raggiunto. Nessuna rassicurazione all’impresa né al soggetto aggiudicatore che, versi o non versi la Ue la somma relativa a quella data opera, gli appaltatori saranno pagati senza rischi per la parte che hanno realizzato. Nessuna rassicurazione che l’opera andrà comunque avanti con fondi nazionali a coprire la quota residuale mancate. Se l’obiettivo deve necessariamente essere ora quello di tranquillizzare gli appaltatori per incentivarli a fare il più possibile per accelerare l’avanzamento dei lavori, nella circolare non c’è niente che vada in questa direzione. Anzi, limitarsi a ribadire il termine posto dalla Ue inquieta tutti i soggetti al lavoro in questo momento.

La circolare non ha tranquillizzato, infatti, neanche i soggetti attuatori che affrontano pure il rischio che si riversi su di loro la responsabilità (in termini amministrativi e contabili) dell’eventuale perdita delle risorse europee per mancato rispetto degli obiettivi. Il decreto legge Fitto del febbraio 2024, il numero 19/24, attribuiva , del resto, proprio ai funzionari la responsabilità in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di spesa.

Qualcuno di questi soggetti attuatori non deve aver retto allo stress ed è andato in fibrillazione, inviando lettere agli appaltatori con richieste di rassicurazioni che la spesa sarebbe stata completata per agosto 2026. In caso di mancata rassicurazione, addirittura la  minaccia di escutere subito le garanzie.

Situazioni etsreme che rendono però benissimo l’idea di che cosa si prepara per i prossimi mesi in cui altri  nodi verranno al pettine. E se il governo non ha un piano per tranquillizzare tutti e mettere tutti nelle condizioni di lavorare al meglio, non otterrà il miglior risultato possibile per lo stato di avanzamento del Pnrr.

Qui subentra l’altro aspetto, il mancato finanziamento del decreto aiuti che, come visto, è il meccanismo che a oggi ha garantito al Pnrr di sopravvivere e di marciare senza troppe difficoltà.  Se venisse meno quel 30-40% di risorse garantite dal fondo aiuti, i cantieri del Pnrr si bloccherebbero immediatamente.

Stasera l’Ance, in audizione sulla legge di bilancio, ribadirà questa urgenza per evitare contraccolpi pesanti ai cantieri Pnrr e non. Finora gli appelli dei costruttori sono stati poco ascoltati dal governo che a volte sembra convinto che il fondo aiuti sia un regalo alle imprese più che un meccanismo vitale di cofinanziamento delle opere.

Oggi mancano 4-4,5 miliardi rispetto alla richieste complessive previste per il 2025 e il 2026. La novità che rende molto irrequieti i costruttori è che, ai consueti problemi di cassa che hanno accompagnato il decreto aiuti fin dalla nascita, ora si aggiungono problemi di competenza ed è la prima volta che ci si rende conto a fine anno che la stima delle risorse fatta è inferiore di circa 2,5 miliardi. Un “buco” da ripianare in corsa rispetto alle rcihieste arrivate dalle stazioni appaltanti. Qui parliamo di opere Pnrr e non Pnrr ma circa il 30-40% dei fondi del decreto aiuti sono finora andati a opere Pnrr. Inoltre, se l’obiettivo del governo e di tutti è chiudere bene il Pnrr non si può ignorare la posta per il 2026 che l’Ance stima in altri due miliardi. Probabilmente oggi l’associazione dei costruttori chiederà che in legge di bilancio vada una prima parte di questi 4,5 miliardi in modo da coprire l’intera quota 2025 e una prima quota (intorno ai 500 milioni) per il 2026. Fondamentale è però che sia disposta la proroga della norma.

Per dare l’idea del peso del fondo Aiuti sul Pnrr basta scorgere alcune opere del Piano europeo che non sarebbero andate avanti senza: cinque lotti della Napoli-Bari, due lotti della Palermo-Catania, il lotto 1a della Salerno-Reggio Calabria, le opere dei general contractor (che si sostengono con il parallelo decreto Asset) sull’Alta velocità Terzo valico, Milano-Verona e Verona-Padova, il raddoppio della Piadena-Mantova.  Una larga parte dei 24 miliardi di investimenti Rfi finanziati con il Pnnr.

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