CONSIGLIO INFORMALE UE
Clima, Germania e Francia trainano il rinvio sul target 2040. Italia e Polonia a braccetto per abbassare la quota del 90%. Di Mambro (ECCO): “Decisione politica rischiosa, serve un accordo prima della Cop30”
Non sono passati neanche tre mesi dall’approvazione della strategia comunitaria che il piano europeo di puntare alla riduzione del 90% delle emissioni al 2040 nella strada verso il net zero di metà secolo è già in forte discussione. Ieri al Consiglio informale dei ministri dell’ambiente e dell’energia, infatti, i principali Paesi membri hanno imposto la linea del rinvio al prossimo meeting di ottobre, prendendo tempo per discutere ancora sui target almeno fino alla riunione Onu del 24 settembre sul clima in programma a New York.
Nel dettaglio, in virtù della proposta nella dichiarazione d’intenti di ridurre le emissioni Ue tra il 66,3% (poi sceso a 66,25% nella versione finale) e il 72,5% al 2035 c’erano (e ci sono) due possibili traiettorie per il raggiungimento della neutralità climatica al 2050: una lineare tra il 2030 e il 2050 (quindi 66,3% al 2035) e una che riflette la proposta della Commissione di un taglio emissivo del 90% al 2040 (quindi 72,5% al 2035) come richiesto dal Comitato consultivo scientifico europeo sui cambiamenti climatici e dalla valutazione d’impatto della Commissione europea. Ma, appunto, Germania e Francia (quest’ultima imbrigliata nel caos governativo delle ultime settimane) hanno trainato di fatto il rinvio al prossimo mese. Quando, peraltro, anche il Parlamento Europeo dovrà definire la sua posizione riguardo alla proposta della Commissione sul 2040. Ma anche lì non mancano le divisioni politiche. Inoltre, nella dichiarazione d’intenti adottata dopo oltre quattro ore di negoziati, gli Stati membri più ambiziosi hanno ottenuto l’inserimento nel testo di un richiamo all’obiettivo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. “L’Ue ribadisce che gli Ndc delle parti devono essere in linea con l’accordo di Parigi e i requisiti degli Ndc e devono riflettere i progressi compiuti”, dice il testo, dov’è esplicitamente citato che “il Consiglio proseguirà i propri lavori in linea con gli orientamenti politici generali e le priorità definite dal Consiglio europeo, in particolare dalla prossima riunione del Consiglio europeo dell’ottobre 2025”.
L’Italia, dal canto suo, ha ribadito la posizione conservatrice favorevole tanto alla neutralità tecnologica quanto alla forte attenzione alle “condizioni abilitanti”. Secondo il nostro ministro Gilberto Pichetto, “non possiamo chiedere alle nostre imprese di competere a livello globale con regole più rigide e senza adeguati strumenti finanziari. Non possiamo chiedere ai cittadini di sostenere il costo della transizione senza garanzie sull’accessibilità energetica. Senza un sistema europeo coerente e senza protezioni efficaci, la transizione rischia di alimentare disuguaglianze e divisioni, anziché rafforzare l’Unione”. Il governo italiano punta su tutte le tecnologie: rinnovabili, nucleare, stoccaggio, Ccs, Ccu, geotermia, idroelettrico, biocarburanti sostenibili “e le soluzioni innovative che emergeranno”. Poi, Pichetto ha citato i crediti internazionali apprezzandone il contributo che potranno dare: “Una volta compensate le emissioni, devono cadere tutti i vincoli rigidi. Bloccare la piena contabilizzazione degli assorbimenti è un approccio che non ha senso né sul piano politico né su quello scientifico”, ha detto. Stesso approccio sulle rimozioni tecnologiche: “Limitarne l’uso ai soli settori ‘hard to abate’ è un’imposizione ingiustificata. Ogni Stato deve poter scegliere liberamente come impiegare tutti gli strumenti a sua disposizione e poter utilizzare ogni leva disponibile secondo le proprie priorità nazionali – ha concluso il ministro -. Solo così potremo assicurare un quadro efficace, flessibile e pragmatico”.
A seguire il nostro Paese c’è, per esempio, la Polonia. Varsavia punta ad abbassare il target di riduzione delle emissioni all’83% al 2040. E poi a innalzare il contributo dei crediti internazionali fino al 10% e di volere esentare le emissioni derivanti dalla produzione per la difesa. Altri Paesi come la Repubblica Ceca avevano anticipato già mercoledì l’opposizione al target del 90%: “Perché semplicemente non vediamo la strada tecnologica per raggiungerlo”, ha dichiarato il ministro dell’Ambiente di Praga, Petr Hladik. Mentre Spagna e Danimarca vogliono rimanere fedeli all’obiettivo originario.
Clima, l’Ue FISSA il target del 90% al 2040 di riduzione delle emissioni
Ma il commissario europeo responsabile delle politiche climatiche, Wopke Hoekstra ha smorzato le divisioni e invitato i ministri dell’Ambiente dell’Ue a non entrare troppo nei dettagli delle misure necessarie a raggiungere l’obiettivo climatico 2040, elencate sommariamente nella proposta legislativa proposta dalla Commissione. “Non dobbiamo cercare di risolvere tutto nella legge climatica – ha detto il commissario durante il dibattito al Consiglio Ue sul target 2040 -. Invito a lasciarci qualche spazio per le politiche che arriveranno”. Hoekstra ha portato ad esempio il tema degli assorbitori. “Lo sforzo sugli assorbitori deve rimanere ragionevole e raggiungibile – ha detto il commissario -. La domanda è, possiamo inserire ora dei rimandi su questo senza negoziare adesso i dettagli?”.
Hoekstra rimane, comunque, ottimista, definendo “molto fruttuosa” la scelta di decidere ad ottobre: “I processi non sono mai diretti, da A a B. Ma sono sicuro che nelle prossime settimane risolveremo la questo internamente, prima di arrivare a Belem (alla COP 30, prevista a novembre; Ndr)”. Sull’obiettivo climatico 2040 “posso vedere il traguardo, la possibilità di raggiungerlo. Ma ancora non ci siamo, c’è ancora lavoro da fare”, ha detto il ministro per il Clima danese, presidente di turno del Consiglio Ue, Lars Aagaard. E questo lavoro, secondo – su tutti – Francia, Germania, Italia e Polonia dovrà essere di stampo politico, perché dovranno decidere i leader degli Stati. Tra l’altro, Berlino era d’accordo sul target del 90% al 2040 ma “se la Commissione avesse fornito la sua proposta prima, ci troveremmo in un’altra situazione”, ha denunciato il segretario di Stato tedesco per il Clima, Jochen Flasbarth. Ritardo che aveva portato l’Ue ha depositare la proposta di strategia climatica soltanto a luglio scorso.
Secondo Chiara di Mambro, Direttrice Strategia Italia e Europa di Ecco, il think tank italiano per il clima, “la scelta di rimandare la discussione è un rischio ma, in questa fase, anche l’unica strada politicamente percorribile per discutere le condizioni entro cui gli Stati membri vedono l’implementazione del nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni al 2040.” Per l’analista, serve assolutamente “arrivare alla COP30 con obiettivi che riflettono l’indicazione della scienza e le opportunità dei nuovi mercati e tecnologie verdi, come base per garantire autonomia strategica e competitività all’Europa. Solo una visione strategica di lungo periodo può fornire le garanzie necessarie a finanziare gli investimenti per l’elettrificazione dell’economia, per l’innovazione industriale e per dare ampio accesso ai benefici della transizione”.